The Last Guardian mi stregò sin dal momento del suo annuncio all’E3 2009, e non ho creduto alle mie orecchie quando mi è stato chiesto di andarlo a provare nei nuovi uffici di Sony Interactive Entertainment a Roma. I ragazzi di Sony mi hanno permesso di provare due diverse build, una più vecchia (già presentata in occasione dell’E3 di Los Angeles), e una più avanzata, mostrata a Londra durante l’evento di PS4 Pro.
UNA STRANA COPPIA
Nella prima demo ho avuto modo di vivere la parte iniziale di The Last Guardian, incentrata per lo più sulla nascita del rapporto tra la bestia mitologica di nome Trico e il bambino. Qui ho dovuto risolvere una serie di enigmi ambientali per ottenere la fiducia della creatura, inizialmente diffidente; roba per lo più abbastanza semplice, anche se non banale, e che ha richiesto da parte mia una certa attenzione agli elementi dello scenario e alla narrazione. Alcuni degli enigmi, ovviamente, hanno necessitato della collaborazione tra i due personaggi, laddove la bestiola si è fortunatamente dimostrata abbastanza reattiva e non mi ha dato problemi di sorta nell’interpretazione dei comandi.
La seconda build ha invece messo in scena un livello più “action”, alternando fasi di climbing a sessioni tipicamente platform: è qui che ho riscontrato alcuni problemi relativi ai controlli, un po’ imprecisi – soprattutto durante le arrampicate – e che hanno segnato inevitabilmente la mia morte almeno un paio di volte. Detto di questo piccolo difetto, apprezzo tuttavia la scelta di realizzare fasi di climbing più ragionate e meno guidate rispetto ad altri titoli più blasonati: durante le discese su catene o corde, ad esempio, tocca fare massima attenzione a dove mettere i piedi per evitare cadute involontarie; alcuni appigli, poi, non sono poi così scontati, tanto che il gioco incentiva continuamente l’osservazione certosina di ogni anfratto.
Artisticamente The Last Guardian è davvero stupendo
LA POESIA DI FUMITO UEDA
Spostando il fuoco del pensiero verso la parte puramente artistica, non posso ovviamente astenermi dal lodare il lavoro di Fumito Ueda; lo stile visivo che ci ha fatto sognare in Ico e Shadow of the Colossus ritorna anche in The Last Guardian, trasmettendo a più riprese una vena poetica verso la testa e il cuore del giocatore. Sia negli spazi chiusi che in quelli aperti (come gli scenari teatro della seconda build), non si può non rimanere estasiati dagli scorci evocativi di Ueda, paesaggi che in alcuni casi hanno richiamato nella mia testa persino le atmosfere di alcune opere animate del maestro Miyazaki. Lo scenario appare quindi perfetto per accompagnare la storia dei due personaggi: nonostante le sole due ore che ho passato in loro compagnia, Trico e il bambino sono riusciti a farmi affezionare alle loro vicende e al loro strano ma sincero legame di amicizia. C’è da dire comunque, che se artisticamente The Last Guardian è davvero stupendo, dal punto di vista tecnico non mi è sembrato all’altezza delle produzioni più recenti: certo chi è rimasto per anni nell’attesa spasmodica di mettere le mani sul gioco sorvolerà su questo aspetto (d’altronde, neanche Ico e Shadow of the Colossus sono passati alla storia per la loro magnificenza grafica), ma è mio dovere segnalarvi comunque la cosa. A chiudere il cerchio sull’argomento tecnico/artistico con un bel fiocco colorato ci pensa una colonna sonora che, almeno nelle sezioni che ho provato, è parsa interessante e adeguata, proprio come l’ottimo doppiaggio in lingua originale.
Questi nove lunghi anni di attesa potrebbero essere ben ripagati
Vi ricordo che The Last Guardian uscirà il 7 dicembre 2016 in esclusiva su PlayStation 4. Per ora Sony non ha ancora riferito nulla riguardo ad una possibile versione che sfrutti le capacità di PS4 Pro, ma anche se così non fosse, beh… ce ne faremo comunque una ragione. Dopo tutto questo tempo, già il solo fatto di avere tra le mani un gioco che sembrava finito nel cimitero del vaporware è una vittoria da festeggiare stappando la migliore delle bottiglie.