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Impact Winter

PC PS4 Xbox One

Impact Winter – Provato

Personalmente, sono contento che il tema della sopravvivenza, lo stesso che anima Impact Winter, sia tornato tanto di moda. Talvolta può costituire l’unica ragion d’essere di un titolo d’azione, con pochi e abbozzati tratti narrativi, oppure – cosa che preferisco – dettagliare in modo più profondo e “giocabile” un’ambientazione dalle connotazioni estreme, magari con una bella storia a rendere più urgente il tentativo di sopravvivere. In questo senso, il gestionale di Mojo Bones (sotto l’ala protettrice di Namco Bandai) è riuscito a svegliare la mia curiosità: non ci sono pericoli ed eventi marcatamente sci-fi, quelli per cui generalmente sbavo, ma in compenso Impact Winter offre uno sfondo del racconto ben delineato, all’indomani dell’impatto di un asteroide su una cittadina, e una rete di relazioni, scoperte e consuetudini ludiche complessa e abbastanza piacevole da dipanare. Purtroppo, il titolo deve fare i conti con un paio di fuoriclasse del genere, e almeno in questa release non si presenta al massimo delle sue possibilità. Forse nemmeno a metà.

BIANCA SIMULAZIONE

Ho potuto provare Impact Winter per alcune ore, nelle quali ho condotto l’improvvisato capo di una comunità di sopravvissuti, Jacob, attraverso la bianca devastazione che ha ricoperto ogni cosa, con l’obiettivo di far restare in vita i membri della sua comunità. Devo dire che, sotto il profilo della presentazione degli elementi di base, incentrati sul crafting e sulle abilità del gruppo, i modelli di This War of Mine o anche dell’ironico Fallout Shelter mi sono sembrati molto più forti e originali, rispettivamente per il tono da docu-drama (civili in realistici conflitti moderni) e per il perfetto adattamento all'”estetica del Pip-Boy” (in versione mobile, in questo caso migliore).

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La ricetta di Impact Winter è molto simile a fuoriclasse del genere, ma meno originale

La ricetta di Impact Winter è simile ma meno originale, e tuttavia non si può certo dire che manchi di articolazione: la salute del gruppo dipende dalla nostra abilità di soddisfare le richieste specifiche dei singoli, a loro volta legate alle skill (capacità di creare pasti nutrienti, costruzione di item tecnologici, e così via), e allo stesso tempo di tenere in equilibrio i parametri principali che li sostengono (energia, temperatura corporea, sazietà, sete e morale, quest’ultimo influenzato da tutti gli altri), ben attenti all’aiuto che possono dare al gruppo a seconda della situazione. Per lo stesso motivo possiamo accuratamente razionare le risorse, in modo che i compagni se ne servano automaticamente sia all’interno del rifugio, in termini di puro sostentamento, che nelle missioni all’esterno (svolte per gli NPC solo in background), con coerenti boost delle loro statistiche.

30 GIORNI

In termini di sfida, i momenti per rilassarsi sono quasi del tutto inesistenti: non avremo, ad esempio, indicazioni particolarmente dettagliate sui luoghi che andremo a rovistare, e nemmeno esplicitazioni esagerate di cosa dovremo fare per raggiungere alcuni obiettivi (esempio banale, ma efficace: la creazione di un lockpick per raggiungere un item di missione); la velocità di consumo delle risorse e dei parametri segue la stessa linea, e non è raro trovarsi a operare scelte cruciali per il destino del gruppo, riducendo qualcuno in pessime condizioni pur di mettere in pratica la nostra strategia.

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Tutto è regolato dal permadeath

Anche l’azione in solitaria del nostro Jacob ricorda This War of Mine, al di là della diversa inquadratura (side-scrolling nel gioco di 11 bit studios ), ma se ne distacca per la libera esplorazione e per il piccolo dettaglio fantascientifico del drone esplorativo: il robottino volante ci segue in ogni luogo illuminando la strada e supportandoci, a seconda degli upgrade, con scan ambientale, visione notturna, maggior spazio nell’inventario e altri parametri di questo genere. Eventi semi-casuali sbloccano piccole missioni, determinano richieste da parte dei sopravvissuti, possono complicarci la vita (un furto nel rifugio, o particolari condizioni ambientali) o portare un temporaneo sollievo alla vita di stenti della nostra combriccola di disperati (con un baratto particolarmente fruttuoso, ad esempio). Tutto è regolato dal permadeath, com’è giusto che sia, determinando il game-over in caso di morte di Jacob e la mancanza di un’abilità se a salutarci definitivamente sarà uno dei compagni. L’altra faccia della medaglia è che avremo una bocca in meno da sfamare, e anche questo fa parte dei calcoli estremi di Impact Winter.

Ho qualche dubbio sulla caratterizzazione sin troppo fantasiosa dell’obiettivo finale: un frammentario messaggio radio ci avverte dell’arrivo dei soccorsi in 30 giorni (decine di minuti passano in pochi secondi, nel mondo di gioco), e ogni azione compiuta per il gruppo andrà magicamente a ridurre questo lasso di tempo, motivando la cosa con i prodigi tecnologici del robot di cui sopra; il drone, difatti, è misteriosamente capace di potenziare il segnale di soccorso con il completamento delle nostre missioni, anche quando non c’entrano nulla coi suoi miglioramenti. Il che mi è sembrato parecchio artificioso, o comunque drasticamente meno simulativo rispetto ad altre caratteristiche di gioco.

D’altra parte, ad alcune settimane dall’uscita, Impact Winter presenta ancora parecchi bug e incertezze tecniche da risolvere, meno gravi per i caricamenti troppo lunghi o più pesanti nel caso delle compenetrazioni fra poligoni, potenzialmente fatali considerata la presenza di un unico salvataggio automatico. Lo stile cartoon non è assolutamente brutto, però, così come non sono da disprezzare tanti degli elementi sopra descritti, soprattutto nella libera strategia che possiamo utilizzare per salvare la pelle al gruppo. Forza e coraggio, ché il 24 maggio arriva in un lampo.

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