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Call of Duty WWII

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Call of Duty: WWII – Anteprima

Dopo tre anni di intenso lavoro, ricerca e fatica, gli sviluppatori di Sledgehammer Games sono finalmente pronti per mostrare al mondo intero Call of Duty WWII, il nuovo capitolo della serie shooter di Activision che, dopo una lunga parentesi di fantascienza e futuri inquietanti, ci riporta alle radici del marchio, nella durezza senza scampo della Seconda Guerra Mondiale.

LA GUERRA, QUELLA VERA

WWII non è “solo” un altro Call of Duty come ce ne sono stati tanti negli anni passati, l’inevitabile capitolo di un franchise da cui ci si aspetta un nuovo episodio ogni dodici mesi, l’ultimo di una saga in terribile bisogno di riscatto. Lo si capisce dall’emozione nei volti di Glen Schofield e Michael Condrey, co-fondatori di Sledgehammer Games. Lo si capisce da come pesano con attenzione le parole, da come cercano di misurare il pubblico che gli sta davanti, composto oggi da una mezza dozzina di giornalisti arrivati da tutto il mondo per vedere in anteprima il nuovo Call of Duty.

È anche la prima presentazione in assoluto che tengono a questo E3 2017, ma la tensione non è dovuta a quello. Per loro, WWII è prima di tutto l’occasione di rendere onore al sacrificio di una generazione che sta lentamente scomparendo, quella degli uomini e delle donne che hanno combattuto nella Seconda Guerra Mondiale, e l’opportunità di raccontare le loro storie a una nuova generazione che di quei fatti non possiede neppure il ricordo tangenziale di un racconto del nonno reduce. È un titolo molto intimo e personale: il nonno di Schofield, inglese, ha combattuto in Europa negli stessi anni e nella stessa zona in cui è ambientato il gioco. Il suo nome di battaglia, Red, è lo stesso di uno dei protagonisti, Ronald “Red” Daniels. E come il suo, nessun nome di WWII è davvero del tutto inventato: ognuno di essi racconta il piccolo frammento di una Storia più grande. Allo stesso modo, ogni elemento presente nella mappa, che si tratti di una trincea nemica o di una casa abbandonata, non è puramente decorativo, ma cerca di inserirsi in un racconto arioso. Lo spiega bene Schofield, quando dice che agli artisti è stato dato esattamente questo compito, quando si è trattato di realizzare le mappe: se c’è un tavolino in una stanza, gli oggetti che ci sono sopra devono raccontare chi ci si sedeva attorno, se sono scappati di fretta, se erano una famiglia numerosa o no. Piccoli dettagli, indubbiamente, ma che contribuiscono a trasmettere l’enorme passione e attenzione che gli sviluppatori hanno riposto nel concepimento di WWII.

WWII è prima di tutto l’occasione di rendere onore al sacrificio di una generazione che sta lentamente scomparendo

Un’attenzione che comincia con il coinvolgimento del museo americano dedicato alla Seconda Guerra Mondiale, a cui Hollywood si rivolge sempre quando deve mettere in scena quel particolare conflitto; una passione che si rivela nello scrupolo con cui sono stati studiati i filmati d’archivio dell’epoca per cercare di capire come i soldati si muovevano sul campo, come usavano le armi, come le imbracciavano durante le marce e negli scontri a fuoco; una cura che si rivela nella ricostruzione fedele di ogni oggetto, nella registrazione dei suoni prodotti dagli aerei dell’epoca, fatti “ripartire” apposta, o del rumore dei colpi di un tank tedesco. Un lavoro che ha quasi del commovente per quanto è stato preso sul serio, di fronte al quale la presenza di una star hollywoodiana come Josh Duhamel nel cast passa quasi inosservata (diversamente da quanto era accaduto con Kevin Spacey in Advanced Warfare).

BROTHERS IN ARMS

La campagna single player di Call of Duty WWII ruota attorno alle vicende di una squadra della Prima Divisione di fanteria inviata in Francia per la liberazione del Vecchio Continente, una di quelle sbarcate in Normandia il 6 giugno del 1944 insieme ad altri centocinquantamila soldati. Il suo viaggio comincia a Omaha Beach, attraverserà Parigi per poi spostarsi in Belgio con l’offensiva delle Ardenne, fino ad arrivare alla Germania nazista. Le storie dei soldati, piccole e grandi, si intrecceranno con quella del conflitto e con quella di molte altre persone, militi inglesi, delle forze alleate, della ribellione francese (in una slide della presentazione abbiamo visto anche due donne e una bambina) e soldati dell’esercito tedesco. Tutte persone ordinarie, che hanno fatto cose straordinarie.

Call of Duty WWII è un titolo che si prefigge il non facile obiettivo di raccontare la Guerra come mai è stato fatto prima, e gli sviluppatori ne vanno fieri, anche se non nascondono un comprensibile timore per le polemiche che questo potrebbe comportare. “Ci saranno tematiche e argomenti mai toccati prima in un videogioco”, racconta Schofield: violenza, ma anche razzismo, discriminazione sessuale e nuovi punti di vista sugli eventi di quegli anni. Ci sono fatti e avvenimenti di quel periodo emersi anche dopo l’uscita di Salvate il Soldato Ryan, documenti de-secretati che raccontano altri punti di vista. L’esempio che ci viene fatto è proprio quello dello sbarco in Normandia, che abbiamo sempre conosciuto dal punto di vista della “prima ondata”. Gli sviluppatori ci porteranno sulla spiaggia di Omaha trenta minuti più tardi, e potete immaginare quanto sia diversa la scena che li aspetta.

La presentazione vera e propria avrebbe dovuto mostrare nella sua interezza una missione ambientata a Marigny, il 26 luglio 1944, in uno degli scontri più duri dell’intero conflitto, ma si è interrotta a causa di un guasto tecnico all’impianto audio. Quel poco che abbiamo potuto vedere, dal punto di vista puramente tecnico, è davvero impressionante, ma da un Call of Duty abbiamo ormai imparato a non aspettarci nulla di diverso. Le informazioni vere e proprie sul gameplay sono pochine, anche per via delle complicazioni tecniche; l’impressione è stata comunque quella di una mappa abbastanza aperta, che sembra mascherare in maniera abbastanza intelligente la linearità dello svolgimento dell’azione. Il gameplay cercherà di integrare il più possibile il concetto di stretta fratellanza tra i membri di una squadra: per questo motivo ogni suo elemento porterà con sé una serie di abilità attive e passive che si potranno richiamare solo se è vicino a noi. Due esempi per tutti: la salute non si rigenera automaticamente (uno scempio che, almeno nel rigoroso contesto storico della campagna single player, ci sarà risparmiato), ma si potrà tornare in forze solo chiedendo dei curativi al soldato che se li porta appresso; lo stesso vale per i proiettili, che non si troveranno in casse appositamente lasciate in giro per la mappa, ma potranno esserci consegnati a mano solo dall’addetto alle munizioni.

Il gameplay cercherà di integrare il più possibile il concetto di stretta fratellanza tra i membri di una squadra

La componente multiplayer di Call of Duty WWII abbandonerà in parte questo rigore, per concentrarsi maggiormente sull’intrattenimento puro: nel corso dei prossimi giorni avrò modo di provarlo personalmente e potrò quindi raccontarvi di più, ma per ora è noto che tornerà la possibilità di crearsi la propria classe all’interno delle Divisioni, con cinque diverse in cui arruolarsi (aviotrasportati, fanteria, ecc.), ciascuna con skill specifiche da personalizzare e far crescere. Le mappe saranno ambientate nei luoghi più iconici della Seconda Guerra Mondiale. Debutterà poi una modalità multiplayer con una minima componente narrativa, chiamata semplicemente “Guerra”, che vedrà gli Alleati combattere contro le forze dell’Asse per portare a termine missioni con obiettivi specifici. Da ultimo, con WWII verranno introdotti i Quartieri Generali, gli Headquarters, aree di socializzazione dove i giocatori potranno mettere in mostra i propri trofei e risultati conseguiti sul campo, organizzare sfide e partite, e in generale dar vita a delle vere e proprie comunità all’interno degli “accampamenti” virtuali del gioco.

Non mancherà poi la modalità Zombie, di cui però gli sviluppatori si sono limitati a segnalare l’esistenza, demandando a eventi futuri (probabilmente la gamescom di Colonia) un maggior approfondimento. Noi, nell’attesa, non potremo far altro che riguardarci quel piccolo capolavoro di Dead Snow.

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