Eppure, l’errore mi ha dato uno spunto, oltre alla questione politica di cui parlerò dopo, che giustifica queste righe: ho visto persone urlare, piangere di tristezza, uscire fuori casa e precipitarsi in strada; La La Land DOVEVA vincere l’Oscar come miglior film, ma così non è stato e la bruciatura nel finale, e l’averci creduto per qualche minuto, ha fatto “male”. Personalmente mi tengo fuori dalla massa, perché – nonostante avessi parlato benissimo di La La Land già quando lo vidi a Venezia – Moonlight era la mia pellicola favorita, mi era rimasta nel cuore, e la mia simpatia, lo ammetto, è stata incoraggiata anche da un odio – a mio avviso ingiustificato – che serpeggiava nel web all’indirizzo della pellicola di Barry Jenkins.
La La Land e Moonlight portano a casa i premi maggiori, come è giusto che sia
L’altra questione, più spinosa, riguarda come questa edizione sia apparsa “orchestrata” per fare uno sgarbo a Trump. Molti inneggiano al “politicamente corretto”, dato che diversi premi sono stati consegnati alla rappresentanza afroamericana hollywoodiana, ma inveire contro questo fatto finisce per regalare solo più potere al mostro che la stessa Hollywood ha creato. Moonlight ha vinto le statuette come miglior film, miglior sceneggiatura non originale e miglior attore non protagonista: Mahershala Alì, attore nero di dichiarata religione islamica, ha trionfato in un film che parla di afroamericani gay. Ancora non vi basta? Per via delle leggi anti-immigrazione di Donald Trump, il regista iraniano Asghar Farhadi, uno dei più importanti, non ha potuto ritirare il premio assegnato al miglior film straniero, Il Cliente. Il suo piccolo discorso in absentia ha tolto il velo e mostrato l’artificio di questa edizione.
Collegandomi ai malumori generali, mi domando se abbia senso insultare questa edizione 2017 o Moonlight, vittima ingiustificata. Direi di no, perché se dobbiamo puntare il dito, allora tanto vale farlo verso tutta l’edizione, La La Land compreso, non dimenticandoci di criticare i premi assegnati a film riconosciuti da internet come brutti. Suicide Squad? Un Oscar! Animali Fantastici e Dove Trovarli? Un Oscar! Eppure, in un’edizione così palesemente noiosa, stanca, posticcia e “cialtrona”, non deve venire oscurata la perizia artistica di un autore come Barry Jenkins, che – al pari dei protagonisti del suo film – è nato tra la povertà e la droga di Liberty City (!), in quel di Miami, oppure quella della nuova stella Damien Chazelle, che nonostante la giovane età sta già dimostrando la stoffa di un grandissimo regista. Il resto sono chiacchiere, materia su cui il “nemico hollywoodiano” Trump ha fondato la campagna politica, un’arma con cui i suoi stessi avversari stanno ora rispondendo. Date le premesse, è concreto il rischio di altre edizioni di “premi politici”, e – personalmente – è quello che non voglio.
Come pensiero finale, rivolgo nuovamente l’attenzione su Moonlight (che, assolutamente, non è un film anti-Trump), auspicando che lo spettatore colga l’intelligenza della pellicola, opera artistica di grandissimo valore. In definitiva, credo che Moonlight sia semplicemente vittima delle circostanze, sicuramente infelici; circostanze fatte di pacche sulle spalle e di elogi alle minoranze, ma non cadete nella trappola: la pellicola di Barry Jenkins vale molto di più di quel 12 Anni Schiavo realizzato a tavolino.