Alan Turing, l'ucronia e i videogiochi

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Giusto qualche giorno fa ho guardato per la terza volta il film The Imitation Game, una delle tante opere prodotte nei decenni sulla vita di Alan Turing. Seppur abbondantemente romanzato e con qualche licenza di troppo sul groppone, il lungometraggio del regista norvegese Morten Tyldum ha il merito di pescare correttamente nel cestone della Storia e di esaltare – giustamente, a mio modo di vedere – la figura di un uomo cui dobbiamo molto. A lui e a un team sparuto di matematici e ingegneri inglesi, difatti, va riconosciuto il merito di aver decifrato Enigma, il macchinario impenetrabile che i tedeschi usavano nella Seconda Guerra Mondiale per comunicare attraverso messaggi crittografati. Per arrivare al risultato, consentendo così agli Alleati di sbaragliare le forze dell’Asse, Turing fece uso di tutte le sue incredibili capacità matematiche e partecipò, assieme al suo gruppo di lavoro, alla costruzione di quello che può essere considerato uno dei primissimi calcolatori di sempre. Alla base di Colossus (che nel film viene chiamato Christopher) c’è tutta la genialità del matematico britannico, che formalizzò i concetti di algoritmo e di Macchina di Turing, gettando le fondamenta per lo sviluppo dell’informatica e delle intelligenze artificiali per come le conosciamo oggi. Insomma… senza il buon Alan, forse, ora saremmo costretti a cenare con wurstel e crauti, e probabilmente non potremmo postare la foto del piatto su Facebook.

Non è dato sapere come sarebbe ora il mondo, se i servizi britannici non avessero coinvolto il testone da geniaccio disadattato di Turing. Al di là del suo ruolo nella risoluzione della Seconda Guerra Mondiale, la sua importanza nello sviluppo dell’informatica e nel modo in cui ne fruiamo oggi mi accende nella testa un mucchio di domande. Forse, se Turing non fosse esistito, ci troveremmo al punto di progresso di una ventina di anni fa, con le stampanti ad aghi a ronzare fastidiosamente negli uffici e le prime schede video 3Dfx a fare bella mostra di sé sugli scaffali dei negozi; o, forse, sarebbe arrivato qualcun altro al posto di Turing a rivestire il ruolo di padre fondatore dell’informatica, gettando nel piatto concetti diversi da cui partire e lasciando che l’umanità arrivasse dov’è adesso, ma per strade alternative; o ancora, ci troveremmo a vivere in un mondo dove i computer esisterebbero, ma in una forma e con un’interfaccia totalmente differenti da ciò che siamo ormai abituati.

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Chissà in che mondo vivremmo oggi, se Turing avesse potuto continuare a donarci il suo genio per altri decenni ancora

In tutte queste elucubrazioni seriose che mi sono balenate in testa ce n’è una che, tuttavia, mi ha fatto sorridere, ovvero il pensiero di come il lavoro di Turing abbia influito pesantemente anche su quegli stessi videogiochi che ci propongono di tanto in tanto scenari ucronici, con la vittoria di Hitler a fare da spartiacque tra ciò che è stato e ciò che sarebbe potuto accadere. Il suo essere contemporaneamente (e storicamente) risolutore della Seconda Guerra Mondiale a favore degli Alleati e il traghettatore tra l’informatica teorica e quella pratica lo pone, ai miei occhi di videogiocatore, in una situazione assurdamente grottesca. È anche grazie a lui se ho avuto in mano uno strumento come un PC per godermi la campagna di Wolfenstein: The New Order, e allo stesso tempo è anche grazie a lui se quanto paventato dal titolo di MachineGames non fa parte della Storia, ma resta confinato nel campo delle ipotesi legate al concetto di “what if”. Non so a voi, ma a me questa cosa mette addosso una voglia matta di tornare indietro nel tempo e spiegare un paio di cose (senza usare il garbo che solitamente mi contraddistingue) a quanti gli hanno gettato tanto di quel fango addosso da costringerlo al suicidio. Per restare in tema di ucronie, chissà in che mondo vivremmo oggi se Turing avesse potuto continuare a donarci il suo genio per altri decenni ancora.

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Parliamo di...
  1. 1.
    citaz. "In che mondo vivremmo se Turing fosse vissuto piu' a lungo ?"
    Eh, si, e' una bella domanda, che ci si pone per tante grandi "menti" scomparse troppo presto (penso ai matematici Ramanujan e Galois, ma ce ne sono altri, anche in altri campi della scienza). Purtroppo non lo sapremo mai...

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