Final Fantasy è una di quelle saghe cui sono profondamente legato. Per una serie di ragioni personali, ho adorato il settimo capitolo ben oltre i suoi già straordinari meriti, soprattutto perché rappresenta un mattone fondamentale della mia infanzia. Grazie ad esso riaffiorano ricordi davvero piacevoli e malinconici, che riguardano amici che non vedo da tanto tempo (o che, purtroppo, non potrò più rivedere) e situazioni famigliari particolari: un flash di un periodo della mia vita che era semplice e bellissimo. Eravamo sei amichetti che giocavano all’ultimo capitolo della saga, ci spostavamo di casa in casa portandoci appresso le nostre memory card per continuare l’avventura nelle camerette degli altri. Passavamo giornate intere a discutere delle tecniche da utilizzare e, quando non era possibile vederci di persona, ci telefonavamo per confrontare i progressi. Il tutto senza capire un’acca di una storia già di per sé complessa e per di più tutta in inglese; il primo contatto con un idioma che di lì a poco avremmo studiato a scuola, partendo avvantaggiati. Final Fantasy VII è una finestra su un periodo che non c’è più e da cui ogni tanto mi affaccio, sospirando con malinconia.
Devo dire la verità: questo legame tra la saga e momenti ben precisi della mia vita è perdurato. L’ottavo capitolo è arrivato assieme al fiorire dell’adolescenza ed è stato, in un certo senso, la chiusura definitiva di quella bella parentesi infantile aperta con Final Fantasy VII. Il mio gruppetto di amici cominciava ad allontanarsi, e le avventure amorose di Squall sono state l’ultimo vero legante di un rapporto che la vita stava per recidere con perfidia.
Non sono riuscito a non comprare Final Fantasy XV: mi sarebbe sembrato di tradire quei vecchi amici con cui ho iniziato l’avventura
Cosa so, infine, di Final Fantasy XV? Che ho una maglietta nell’armadio, regalatami durante la Gamescom, un poster che non ho mai appeso e un favoloso laccetto portachiavi con tutti i personaggi disegnati. C’è anche un film, Kingsglaive, che forse dovrei vedere per completezza, ma la cosa più importante è che Final Fantasy XV uscirà martedì: la mia copia è già in viaggio, e non vedo l’ora di averla al sicuro tra le mani. La mia esperienza diretta consiste in un’ora provata alla Gamescom e, nonostante le vibrazioni non siano state interamente positive, sentivo la pressione di dover grindare; quella sensazione che era arrivata col 12° capitolo che ho profondamente amato.
Sono perfettamente conscio che Final Fantasy XV sarà un episodio di prova per la mia nuova vita, che deve sottostare a ritmi lavorativi sempre più stressanti, e dunque avrò modo di giocarlo solo nel weekend e, se sono fortunato, una o due sere alla settimana. Questo capitolo, probabilmente, resterà appiccicato a sensazioni di impotenza verso una libertà sempre più scarsa. Nonostante questo, con tutte le difficoltà e le perplessità del caso (a trent’anni non ne posso più di questi pupazzoni con i capelli sparati!), non sono riuscito ad esimermi dal comprarlo: mi sarebbe sembrato di tradire quei vecchi amici con cui ho iniziato l’avventura ormai vent’anni fa.
La speranza è che, in un futuro prossimo o lontano, l’aver giocato a Final Fantasy XV mi aiuti a ricordare con piacere questo periodo della vita in cui sono ancora abbastanza giovane e con tanta passione che ancora mi spinge a dedicare tempo ad uno dei ricordi più cari della mia infanzia. Spero che, come i capitoli precedenti, diventi una fotografia esatta, da riguardare con malinconia.