Ah, i voti delle recensioni, croce e delizia del nostro meraviglioso mondo. Ogni anno rispunta una discussione inerente alla loro utilità, sul fatto che sia impossibile riassumere un’intera opera videoludica utilizzando una semplice cifra e sull’importanza di Metacritic nel duro mercato dei videogiochi. Proprio in questi giorni, dopo aver sfornato le recensioni di Final Fantasy XV e The Last Guardian, sia la critica che l’utenza si sono spaccate in due fazioni, in una specie di guerra civile a colpi di numeri e pareri in cui, senza risparmiare insulti, si cercava di fornire il proprio giudizio. Così, puntualmente, mi ritrovo a meditare su quanto siamo legati a quel dannato valore numerico. Nel nostro ambiente come in qualsiasi altro, sia ben chiaro.
Per quanto se ne dicano di peste e corna, sono fermamente convinto che un voto sia necessario. Non perché con esso si riesca a spiegare meglio quanto sia divertente o meno un videogioco, ma perché inconsapevolmente ne siamo dipendenti: a tutto ormai schiaffiamo in faccia un’etichetta, che esso sia un libro, un film o addirittura una persona sui Social Network, come ci insegna Black Mirror ma che già accadeva in tempi non sospetti su vari siti in cui era possibile votare ragazze e ragazzi (ricordi delle scuole superiori, non chiedete). Per intenderci, ogni lunedì troviamo addirittura i voti che hanno preso i giocatori di calcio nelle partite del giorno precedente, e non venitemi a dire che questa pratica non faccia sorridere. Per questo motivo, per quanto io sia dannatamente curioso di levare quel valore numerico dal testo di un articolo, temo che a conti fatti cambierebbe ben poco, e scommetto che qualcuno, morendo dalla curiosità, continuerebbe a domandarlo comunque su Facebook o su qualche altro canale privato, sotto forma di “confessione segreta”.
Il voto è sì parte fondamentale di una recensione, ma non è di certo l’elemento più importante
Qual è il mistero dietro a un voto? Come può un povero disperato seduto davanti a uno schermo puntare il dito e affermare quale videogioco risulti appena sufficiente e quale rasenti il massimo dei voti? Tutto ciò, come potete ben immaginare, non può essere oggettivo, ed è fondamentale ricordarlo il più spesso possibile: il recensore scrive un articolo basandosi sulla propria esperienza, sul legame che ha con i titoli del passato e su come una nuova opera possa entrare a far parte del suo “bagaglio videoludico”. Cosa implica questo? Anno dopo anno è sempre più difficile “stupire” il giocatore, e di certo non basta la solita “pappa riscaldata” a strappare una sufficienza. Siamo alla ricerca di idee innovative, di meccaniche originali, di storie capaci di tenerci con il naso incollato allo schermo e, perché no, di metodi alternativi per presentare un genere che rischia di puzzare di vecchio.
Volete farvi una risata? Questa metodologia di valutazione vale soltanto per me. Credo sia impossibile far andare d’accordo più teste (e più penne) su come si debba valutare un’opera, ma scendendo a compromessi con questo antico retaggio, quello del voto, continuiamo ad accettare di buon cuore (e a pretendere) l’utilizzo di quel fastidioso numeretto. L’unica cosa che accomuna bene o male tutti i redattori, invece, è ciò che si trova scritto nel corpo della recensione, quel lunghissimo testo che fin troppo spesso si salta per passare direttamente al punteggio finale. Senza scherzare, pur scrivendo le stesse identiche frasi, due recensori potrebbero affibbiare a un titolo valori incredibilmente diversi. Chi dei due ha sbagliato? Chi dei due ha ragione? Nessuno, ovviamente.
Credo che continueremo ad avere a che fare con i voti ancora per molto, moltissimo tempo
Comunque sia, credo che continueremo ad avere a che fare con i voti ancora per molto, moltissimo tempo, e ciò che ritengo fondamentale è che NON esiste la verità assoluta: nessuno ha torto o ha ragione innanzi a un parere diverso dal nostro. Gusti diversi. Esperienze diverse. Aspettative diverse. Tutte variabili che vanno a modificare quel numeretto così importante e che rendono le recensioni così tanto soggettive. L’importante è sapere che non può esistere un parere “oggettivo”, in modo tale da poter comprendere al meglio il significato di un articolo e riuscire così a interpretarlo al meglio. Una volta capito questo piccolo segreto di Pulcinella ci faremo molto meno sangue acido e, magari, accetteremo più volentieri idee discordanti dalle nostre.
Ah, e secondo me questo editoriale è da 68/100: è tardi, ho sonno, temo di avere un po’ di febbre e l’argomento non è dei più comodi. Si poteva fare di meglio, ma si apprezza comunque lo sforzo.
A me personalmente dei voti interessa poco, di un rpg voglio sapere se la trama esiste ed è ben raccontata, che poi abbia preso 70 perché per il redattore la grafica non eccelsa conta tantissimo, mi lascia ininfluente.
Il vero problema è trovare recensioni affidabili, di casi in cui l'80% della rete ha misteriosamente taciuto dei difetti di un gioco è pieno là fuori
inviato dal mio p9 lite tramite tapatalk
Il giornalismo di consumo per definizione e' pubblicita': positiva o negativa che sia, sempre di pubblicita' si parla. E' proprio il voto a restituire un po' di dignita' a questo mestiere. E non e' il testo che accomuna due recensioni: e' la linea editoriale. Esiste la linea editoriale di una testata, esistono dei parametri in base ai quali offrire la propria critica ed esistono professionisti in grado di giustificare il proprio testo e il proprio voto in base alla linea editoriale. Senza il voto, ognuno dice quello che vuole e poi bon: ma se l'unica quantita' in ballo sono i soldi del lettore, non ti stupire se la tua professione e' morta.
Lasciamo al prossimo 29 febbraio un approfondimento serio sul conflitto di interessi tra PR e recensori: il fatto che l'azienda che consiglia un prodotto dipenda economicamente dall'azienda che vende il prodotto e' una mostruosita' gigantesca. A questo punto e' ovvio che lo youtuber di turno abbia piu' successo di una rivista, almeno sai che non deve tenere buono nessuno.
Voto: 1/10
Nessun PR e' stato assecondato per la produzione di questo post.
ho 38 anni ed ho sempre bisogno del vostro consiglio....
P.S.mia mamma è sempre stata contraria ai video giochi ma non alla vostra rivista che a sempre sostenuto di essere ben scritta tanto che a distanza di 25 anni o forse più spesso mi chiama e mi dice ti ho comprato tgm e ovviamente ho anche letto l'editoriale.....ciao ragazzi
Non aggiungo altro perché gli aspetti più scottanti del rapporto tra stampa di settore e industria li ha già esaurientemente esposti la Rikkobomba.
Il giornalismo di consumo per definizione e' pubblicita': positiva o negativa che sia, sempre di pubblicita' si parla. E' proprio il voto a restituire un po' di dignita' a questo mestiere. E non e' il testo che accomuna due recensioni: e' la linea editoriale. Esiste la linea editoriale di una testata, esistono dei parametri in base ai quali offrire la propria critica ed esistono professionisti in grado di giustificare il proprio testo e il proprio voto in base alla linea editoriale. Senza il voto, ognuno dice quello che vuole e poi bon: ma se l'unica quantita' in ballo sono i soldi del lettore, non ti stupire se la tua professione e' morta.
Lasciamo al prossimo 29 febbraio un approfondimento serio sul conflitto di interessi tra PR e recensori: il fatto che l'azienda che consiglia un prodotto dipenda economicamente dall'azienda che vende il prodotto e' una mostruosita' gigantesca. A questo punto e' ovvio che lo youtuber di turno abbia piu' successo di una rivista, almeno sai che non deve tenere buono nessuno.
Chi l'ha detto che lo youtuber non deve tenere buono nessuno? In realtà il sistema degli youtuber è il meno limpido di tutti, dato che gli youtuber non hanno alcuna costrizione nè statuto che impedisca loro di ricevere soldi per sponsorizzare un gioco.
Un giornalista è un professionista e deontologicamente non può farsi influenzare nel giudicare un prodotto: poi ok, possiamo discutere del fatto che alcuni giornalisti se ne freghino altamente, ma rimane il fatto che per fare il giornalista ci sono delle regole precise.
Nel fare lo youtuber non c'è alcuna regola. Uno youtuber è uno che si mette una telecamera davanti e parla, non c'è alcuna certezza di trasparenza e anzi nei mesi scorsi si è scoperto che molti youtuber erano in realtà sponsorizzati (aka pagati) per dare giudizi e recensioni positive.
Quindi occhio a ritenere gli youtuber immacolati come la salvezza contro i giornalisti "corrotti", perchè non è proprio così. Poi ovviamente non si può fare di tutta l'erba un fascio (sia in positivo che in negativo) e bisogna valutare caso per caso.
P.S: lo so, è il mio primo messaggio, salve a tutti :)
Un giornalista è un professionista e deontologicamente non può farsi influenzare nel giudicare un prodotto: poi ok, possiamo discutere del fatto che alcuni giornalisti se ne freghino altamente, ma rimane il fatto che per fare il giornalista ci sono delle regole precise.
Nel fare lo youtuber non c'è alcuna regola. Uno youtuber è uno che si mette una telecamera davanti e parla, non c'è alcuna certezza di trasparenza e anzi nei mesi scorsi si è scoperto che molti youtuber erano in realtà sponsorizzati (aka pagati) per dare giudizi e recensioni positive.
Quindi occhio a ritenere gli youtuber immacolati come la salvezza contro i giornalisti "corrotti", perchè non è proprio così. Poi ovviamente non si può fare di tutta l'erba un fascio (sia in positivo che in negativo) e bisogna valutare caso per caso.
P.S: lo so, è il mio primo messaggio, salve a tutti :)
Io ad esempio non sono uno corruttibile :D
Quello che trovate sul mio canale sono solo idee mie e miei giudizi nudi e crudi.
Comunque il discorso che faceva non riguardava il fatto che fossi pagati o meno, ma del fatto che non devono di base "tenere buono" qualche publisher.
Nonostante io sia youtuber, confermo che non sempre ci si può fidare, anche in questo caso
Quello che trovate sul mio canale sono solo idee mie e miei giudizi nudi e crudi.
Comunque il discorso che faceva non riguardava il fatto che fossi pagati o meno, ma del fatto che non devono di base "tenere buono" qualche publisher.
Ok, è una critica che capisco, ma anche qui direi che non è una cosa che riguarda tutti i giornali o siti videoludici, solo alcuni.