Quel brivido che viene dall'Est

get even giochi est europa

Nel titolo ho racchiuso in una sola direzione cardinale ciò che, in realtà, è un coacervo di culture e tradizioni nazionali, tanto è lunga, gloriosa e intricata la storia dei popoli dell’Est Europa. Un moto d’animo imperfetto, risvegliato dall’esperienza di Get Even, di cui bonariamente mi scuso: si tratta di una generalizzazione fatta col cuore, perché i giochi provenienti da quella vasta area geografica – in particolare da Ucraina, Polonia, Russia e Repubblica Ceca, o anche dalla vicina Croazia – hanno un peso molto rilevante nella mia storia di giocatore.

Hanno in qualche modo segnato i miei primi anni di militanza su TGM, come miniera di spunti e opere interessanti, prima della ribalta degli indie-game, e continuano anche oggi ad appassionarmi con tratti comuni molto forti, peraltro ai vertici della mia personale ricerca di giocatore. Narrativa e tecnologia, in tutte le declinazioni dei termini.get even giochi est europa

Ottime trame e impianto tecnico di tutto rispetto sono i tratti comuni di tante opere provenienti dall’Est Europa

Tanti anni fa, in un dossier intitolato “L’assalto del gaming est europeo” (TGM 228), provai persino ad individuare le ragioni per cui anche in piccoli giochi, come il pur prescindibile You Are Empty, la trama risultasse comunque a livelli più che degni per un’ucronia sci-fi, e che in tanti altri casi emergessero capacità tecniche che nessun studio di piccole dimensioni era in grado di sfoggiare in Occidente, quando ancora il fiume dell’indipendenza produttiva doveva straripare. Naturalmente parlo di S.T.A.L.K.E.R: Shadow of Chernobyl (lasciate stare il lungo sviluppo, si trattava di un progetto davvero immenso per GSC World), ma anche di piccole gemme come Cryostasis di Action Forms, a cui associo oggi mentalmente Get Even pur sapendo che non sussistono veri legami, se non quello di provenire dalla stessa nazione, l’Ucraina, e di voler raccontare una storia profonda, articolata, non facilmente etichettabile nell’orrore e nella fantascienza. E di raccontarla bene.

Con “tecnologia”, dunque, intendo anche le diavolerie VR che confondono la mente di Black, protagonista del gioco di The Farm 51, in un’aggiornata metafora fantascientifica che ha colpito fortissimamente Astrotasso nella nostra recensione; voglio anche alludere, però, in termini produttivi, alle conoscenze tecnologiche che possono portare a capisaldi come The Witcher 3, dalla Polonia con furore, oppure a titoli sostanzialmente a basso costo ma che appaiono visivamente migliori dei colleghi d’oltreoceano, come è giusto dire della serie Metro nei confronti degli FPS lineari. In riferimento all’analisi di tanti tanti anni fa – relativamente ai dati di alcuni Paesi – l’idea che mi ero fatto è che avere un sacco di laureati a spasso, con un sistema d’istruzione ancora valido e l’economia a pezzi, sia stato il crudele motore di una parte del fenomeno, con il determinante surplus di una cultura letteraria che non ha mai messo su un gradino inferiore il fantasy e la fantascienza.

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Molti dei titoli che mi scaldano l’anima provengono dalla burrascosa Ucraina

Per certi versi dovremmo prendere esempio, e forse sta già accadendo in modo spontaneo. Magari il discorso non coincide esattamente, ma le prove dei recenti Die Young, Remothered: Tormented Fathers e Downguard, o anche il pensiero più pressante di Last Day of June, mi fanno intendere che qualcosa di grosso si sta finalmente muovendo anche da noi, e certo non possiamo che riconoscerci nel tremendo scollamento fra titoli di studio e retribuzioni medie. Alcune cose, però, non posso immaginarmele da nessun altra direzione, non dagli Stati Uniti, non dal Giappone e nemmeno dagli altri Paesi europei: la capacità di astrarsi sotto il profilo narrativo e fregarsene dei cliché di genere dei prodotti occidentali, che pure tantissimo hanno insegnato ai popoli “PCisti” (piattaforma principe in molte nazioni, oggi come ieri) dell’Est Europa. Incidentalmente, o comunque per ragioni che non identifico con precisione, molti dei titoli che mi scaldano l’anima provengono dalla burrascosa Ucraina, e davvero non vedo l’ora di montare su quel bellissimo treno post-apocalittico. Quale treno? Dai che avete capito.

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