06/10/2016 14:04
Portare il mare nel deserto del Sahara: e l’impossibile diventerà possibileL’idea dell’italiano Antonio de Martini, imprenditore ed esperto di relazioni internazionaliIl progetto: inondare lo Chott el Jerid (Tunisia) e trasformarlo in un bacino interno combattendo disoccupazione e miseria, creando nuove opportunità di lavoro, investimenti, regolando pure il flusso migratorio
L’idea è di quelle geniali ed è stata partorita per la prima volta nel 1874 da un capitano di Stato Maggiore dell’esercito francese, François Élie Roudaire. Che pubblicò un progetto sulla realizzazione di un bacino interno in Algeria e Tunisia. Voleva costruire un canale che, dal mare, avrebbe inondato gli chott (spiagge), le vaste zone di depressione nordafricane dalle caratteristiche sabbiose e acquitrinose. Un piano intrigante che lasciò incantato perfino Ferdinand Lesseps, il realizzatore del canale di Suez, che ereditò il progetto con l’intenzione di creare un mare nel Sahara. Ma per ragioni politiche quest’opera così affascinante è rimasta un sogno irrealizzabile. O forse no. Perché c’è chi, dopo oltre 100 anni di distanza, non solo l’ha fatta sua ma l’ha anche sviluppata in maniera grandiosa, con l’obiettivo di far diventare possibile l’impossibile. Lui è Antonio de Martini, ex ufficiale dell’esercito, giornalista, imprenditore ed esperto di relazioni internazionali, uno che per sua stessa ammissione – come rivelato al
Giornale d’Italia - vive “partorendo idee”. L’ultima di una lunghissima serie può davvero lasciare il segno. Il suo desiderio è quello di inondare lo Chott el Jerid (lago salato della Tunisia) e trasformarlo in mare interno. Il tutto in pieno deserto del Sahara. Scavando un canale (con dentro delle turbine per produrre energia) che, partendo a nord del golfo di Gabes, entri nello Chott (grande oltre la metà del Lazio) e lo renda navigabile. L’intento è quello di combattere desertificazione, disoccupazione e miseria creando nuove opportunità di lavoro (in un grave momento di crisi mondiale) e investimenti, regolando pure il flusso migratorio. In ballo ci sono tra le 30.000 e le 50.000 assunzioni, con migliaia di giovani che potrebbero così trovare un impiego rinunciando quindi all’impresa di cercare fortuna lungo le coste italiane. Ci sarebbe dunque posto per manovali ma anche per geometri e ingegneri. E non solo. Con gli operai che potranno pure contare su un ettaro di terra per costruirsi una casa e le mattonelle che produrrà l’azienda incaricata a seguire i lavori. Lungo la zona troverebbero spazio resort, marine, ristoranti, ville, porticcioli e molto altro. Senza sottovalutare l’importanza degli scambi commerciali che da questo progetto potrebbero creare.
Ci sono oltre 6 miliardi di metri cubi da scavare per un lavoro sì importante ma per nulla caro (con 19 centesimi di dollaro paghi lo spostamento di un metro cubo) e facilmente attuabile con basse tecnologie. Con gli eventuali lavoratori che dovranno armarsi di buona volontà per scavare il letto di un lago prosciugato a forza di braccia. Il tutto sotto l’attenta regia di de Martini, appassionato degli Chott fin dai tempi del liceo. Uno che di Tunisia se ne intende, avendo lavorato lì (oltre che in Algeria) per un anno e mezzo, in forza alla società Vianini (del gruppo Caltagirone) che gli aveva affidato lo sviluppo di importanti cantieri in tutta la zona.
Non tutto è oro quel che luccica. Perché le idee, senza il vile denaro, non possono realizzarsi. L’opera potrebbe costare tra i 2 e i 2,5 miliardi di euro. Un mucchio di soldi difficili da trovare in un momento storico così difficile, specialmente in una zona che negli ultimi anni è stata bersaglio del terrorismo. Ma arrendersi all’Isis, rinunciando ad investire e a svilupparsi, dandola vinta ai tagliatori di gole, è da vigliacchi. Tant’è c’è chi come importanti banche svizzere, fortemente interessate alla realizzazione del progetto, che sono state costrette a rinunciare all’investimento perché invitate dal governo elvetico a non investire in zone considerate ad alto rischio. E chi come la nostra nazione si dimostra (almeno fino ad oggi) sorda e disinteressata a un’idea sensazionale che porta la firma italiana. Servono finanziamenti, col governo tunisino che ha mostrato tutta la sua attrazione verso una “partita” che potrebbe giovare all’intero Paese affetto da disoccupazione e sovraffollamento. Ma non basta. Occorrono sforzi e risorse, da parte di chiunque sia interessato a portare a termine quella che potrebbe essere l’idea del terzo millennio. Con de Martini che il prossimo 29 e 30 novembre sarà a Tunisi alla conferenza internazionale degli enti che danno aiuto al paese nordafricano e cercherà di sensibilizzare nuovamente le istituzioni. E’ solo il primo passo perché la sua “battaglia” proseguirà poi tra gennaio e febbraio quando volerà a Washington per recarsi al Fondo monetario internazionale, dove potrebbe avere molte carte da calare. Basterebbe ottenere l’approvazione del piano e i primi finanziamenti in modo da convincere pure altri partner per mettere in moto un programma così innovativo e strategico. Dove un ruolo fondamentale potrebbe recitarlo anche il Fondo del Qatar (per le sue infinite ricchezze) o quello Opec di Vienna, che finanzia progetti non petroliferi per circa 4 miliardi l’anno. Ma non l’Italia, alle prese con una crisi economica senza precedenti. Non potrà contare probabilmente sul suo paese, Antonio de Martini. Ma sicuramente sulla sua tenacia trasmessagli anche dal padre Francesco, un eroe leggendario che per le sue imprese da soldato in Africa e Medio Oriente, per meriti di guerra ha ottenuto il grado di generale oltre che un’infinità di medaglie al valore. Ostinazione, testardaggine, idee geniali che, unite a finanziamenti, potrebbero dare il là a una svolta destinata a creare occupazione, innovazione e sviluppo. Di questi tempi, rarità.
Federico Colosimo
http://www.ilgiornaleditalia.org/new...serto-del.html