BERLINO – Una multa di circa mille euro: è questa la pena stabilita da una condanna dalla magistratura norvegese nei confronti di una parrucchiera che aveva respinto una cliente perché, essendo musulmana, indossava il velo. La cifra stabilita dai giudici è addirittura superiore a quanto la polizia aveva proposto dopo aver raccolto la denuncia della ragazza. Ma la parrucchiera anti-islamica, che secondo i media norvegesi è simpatizzante attiva di gruppi xenofobi, non ci sta e ha subito presentato ricorso in appello.
Ricordiamo i fatti. La parrucchiera, Merete Hodne, 47 anni, gestisce un salone nella cittadina di Bryne. Quando la giovane Malika Bayane, 26 anni, si è presentata da lei per chiedere il prezzo di alcuni servizi, Merete Hodne le ha subito detto che non accetta clienti musulmane e clienti col velo. “Il velo è simbolo d’un’ideologia pericolosa come la svastica è simbolo del nazismo”, le ha detto, cacciandola.
Invano Malika ha insistito cortesemente. Meglio mostrare sentimenti anti-islamici che guadagnare una cliente in più, ha evidentemente pensato Merete Hodne. “Cercati un altro parrucchiere, gente come te non fa per me”, ha detto.
La ragazza ha subito denunciato la parrucchiera alla polizia e ha poi dichiarato ai media: “Mi feriscono questi comportamenti, per me la Norvegia è la mia patria”. Pochi giorni prima del comportamento razzista e islamofobo della parrucchiera, il re Harald V aveva commosso il paese e il mondo con un nobile discorso, invitando a considerare norvegesi tutti i residenti nel regno: “gay ed etero, cristiani, musulmani, atei, chi è nato qui e chi ci è venuto per fuggire a guerre o pericoli o per trovare un lavoro dignitoso”.
Norvegia, parrucchiera rifiutò cliente musulmana: condannata a pagare multa di 1.000 euro
Merete Hodne, la parrucchiera che ha rifiutato la cliente musulmana
BERLINO – Una multa di circa mille euro: è questa la pena stabilita da una condanna dalla magistratura norvegese nei confronti di una parrucchiera che aveva respinto una cliente perché, essendo musulmana, indossava il velo. La cifra stabilita dai giudici è addirittura superiore a quanto la polizia aveva proposto dopo aver raccolto la denuncia della ragazza. Ma la parrucchiera anti-islamica, che secondo i media norvegesi è simpatizzante attiva di gruppi xenofobi, non ci sta e ha subito presentato ricorso in appello.
Ricordiamo i fatti. La parrucchiera, Merete Hodne, 47 anni, gestisce un salone nella cittadina di Bryne. Quando la giovane Malika Bayane, 26 anni, si è presentata da lei per chiedere il prezzo di alcuni servizi, Merete Hodne le ha subito detto che non accetta clienti musulmane e clienti col velo. “Il velo è simbolo d’un’ideologia pericolosa come la svastica è simbolo del nazismo”, le ha detto, cacciandola.
Invano Malika ha insistito cortesemente. Meglio mostrare sentimenti anti-islamici che guadagnare una cliente in più, ha evidentemente pensato Merete Hodne. “Cercati un altro parrucchiere, gente come te non fa per me”, ha detto.
La ragazza ha subito denunciato la parrucchiera alla polizia e ha poi dichiarato ai media: “Mi feriscono questi comportamenti, per me la Norvegia è la mia patria”. Pochi giorni prima del comportamento razzista e islamofobo della parrucchiera, il re Harald V aveva commosso il paese e il mondo con un nobile discorso, invitando a considerare norvegesi tutti i residenti nel regno: “gay ed etero, cristiani, musulmani, atei, chi è nato qui e chi ci è venuto per fuggire a guerre o pericoli o per trovare un lavoro dignitoso”.
Il discorso virale del re di Norvegia sui diritti LGBT e immigrazione
"La Corte - hanno detto i giudici di Jaeren, nel cui tribunale si è svolto il dibattimento, spiegando le motivazioni della sentenza - non ha alcun dubbio: l’imputata ha agito intenzionalmente, scegliendo di discriminare la signora Bayan e di cacciarla dal negozio perché musulmana”. Tali discriminazioni e altre sono severamente punite dalle leggi norvegesi. Invano la difesa si è appellata al presunto diritto della parrucchiera di “esternare paura per un’ideologia che ritiene totalitaria”. Ora vedremo come andrà a finire in appello.