ieri ti ho vista di nuovo ieri ti ho vista di nuovo - Pagina 2

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Discussione: ieri ti ho vista di nuovo

  1. #21
    The stranger L'avatar di Milton
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    Re: ieri ti ho vista di nuovo

    Citazione Originariamente Scritto da mattex Visualizza Messaggio
    ma poi capii che le anziane erano il mio futuro: non esigono troppo, si accontentano del take away e non restano incinta.
    In questo mondo / contempliamo i fiori; / sotto, l’inferno (Kobayashi Issa)

  2. #22
    Senior Member L'avatar di Decay
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    Re: ieri ti ho vista di nuovo

    vai da una professionista in appartamento

  3. #23
    Bannato
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    Re: ieri ti ho vista di nuovo

    no lui è poeta

  4. #24
    Senior Member L'avatar di Tene
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    Re: ieri ti ho vista di nuovo

    Shogun non me lo ricordo com'era prima, ma ultimamente è strano

  5. #25
    macs
    Guest

    Re: ieri ti ho vista di nuovo

    E pensare che oggi è il giorno della sanità mentale.

  6. #26
    koba44
    Guest

    Re: ieri ti ho vista di nuovo

    okok, ma pics?

  7. #27
    GoldMember L'avatar di cobolo
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    Re: ieri ti ho vista di nuovo

    Da questo topic può nascere qualcosa
    Te la farà annusare, ma neanche in maniera diretta. Tipo solo l'odore delle dita dopo che se l'è grattata. Ovviamente si intende tutto in chiave metaforica, non arriverete a condividere una simile intimità.

  8. #28
    Bannato
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    Re: ieri ti ho vista di nuovo

    Citazione Originariamente Scritto da cobolo Visualizza Messaggio
    Da questo topic può nascere qualcosa
    Può nascere il nuovo ceppo dell'influenza

  9. #29
    Senior Member L'avatar di Dr. Evil
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    Re: ieri ti ho vista di nuovo

    Inquietante ed interessante al tempo stesso

  10. #30
    Senior Member L'avatar di tigerwoods
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    Re: ieri ti ho vista di nuovo

    Questa è cekite acuta

  11. #31
    Amico di tutti L'avatar di Sinex/
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    Re: ieri ti ho vista di nuovo

    Quello che mi colpì di più dell'enorme facciata del palazzo Kiengard era senza dubbio l'infinita scalinata esterna installata nel momento più sanguinoso della rivoluzione maltese. Era stata aggiunta in tutta fretta dalle truppe del posto per poter raggiungere l'estremità dell'edificio dove venivano piazzati i mortai, perchè la maestosa gradinata interna, l'unica nella storia interamente in ottone, era stata spazzata via dai bombardamenti, lasciando un'orma fusa grigio-verdastra dall'aspetto informe. La scalinata esterna, retta tramite cordoni in acciaio che si sostenevano direttamente a tasselli ormai arrugginiti fissati nella parete deturpata del palazzo, non era solo la scomoda espressione della supremaziona della funzionalità sopra l'arte, ma soprattutto la traccia indelebile, nella storia di una città, dell'inesorabile disperazione dei propri abitanti, disposti a sacrificare tutto nel nome della sopravvivenza. Spioventi, senza la protezione di un corrimano, ad altezze disomogene gli uni dagli altri, i 556 gradini avvolgevano il palazzo impazziti come varici, un tempo scosse dal tumultuosi fluire del sangue di mille soldati, su e giù, disperati e senza meta. Tornai alla realtà e mi accorsi che Giulia mi fissava con l'aria di chi avrebbe potuto leggere i miei pensieri. Non dissi nulla e abbassai lo sguardo sulla guida turistica, alla pagina della famiglia Kiengard, cercando di dare l'impressione che ne fossi completamente trasportato. Speravo si bevesse la scena e che non sospettasse dei miei pensieri ancora una volta macabri e fatalisti. Ma sulla guida vedevo ancora impresso il suo volto accusatore, ed era Giulia a leggermi ora dalle pagine del libro. Quando le mie mani tremano per l'ansia, l'unica cosa che riesco a fare per impedire di esserne sopraffatto e non cercare di tenerle ferme. Ignorare. Ignoravo la guida mentre amplificando il mio tremore vibrava nell'aria con ampi e ravvicinati sussulti mentre sentivo depositarmi addosso da Giulia i germi della malevolenza. Alzai il libro davanti alla faccia, a schermare il mio volto dal suo, ma la sola angoscia motivata dall'immagine di lei, furba e sollazzata dalla mia goffa scenata, mi logorava l'intestino, pieno di semi aspri della derisione. La foto in bianco e nero del primogenito Hans Kiengard fremeva davanti agli occhi e mentre cercavo di leggerne la didascalia per distrarmi dall'ingovernabilità delle mani, l'impossibilità di focalizzarne le lettere misero in dubbio anche la mia capacità visiva. Per un istante mi sentii cieco e nonostante potessi vedere tutto potevo sentire il buio dell'incommensursbile avvolgermi, come in un sogno in cui è inutile tentare di decifrare scritte e codici. Un sogno terribile e reale che aumentava la mia tachicardia. Fu lei ad abbassare la guida piegandola verso di sé con un gesto fluido della sua mano senza smalto. Il suo sguardo non era nulla di ciò che temevo, ma era ampio e rilassato come il suo sorriso. Mi guardava con occhi profondi ma non per scrutarmi, quanto piuttosto sospinti dal semplice desiderio di rivolgersi a me.
    "Penso che non resisterei oltre il decimo gradino" disse interrompendo i miei pensieri e prevenendo un mio tracollo "sapendo di non avere nulla cui appoggiarmi"
    "Già" risposi io ancora scosso e impreparato ad una conversazione.
    Non seppi dire altro e ci fu un silenzio che mi parve durare per minuti interi, ma che verosimilmente esistette solo per alcuni istanti. Volevo solo uscire da quella situazione e voltare pagina, così sfogliavo freneticamente la guida senza una meta precisa.
    "che dice la guida su questa scala?" Mi fece Giulia strappandomela dalle mani.
    "Non so, non l'ho letto" confessai io
    "Non l'hai letto? Ma se l'hai avuto sott'occhio per ore! Ahaaa!" Mi canzonò poi con il tono di chi rileva una prova schiacciante* "vuoi farti una cultura di nascosto per poi sfornarmi qualche perla di saggezza al bar, vero?"
    Questa battuta richiedeva che focalizzassi tutte le mie energie rimaste per estrapolare una risposta all'altezza, che fosse simpatica ma che soprattutto desse conferma in qualche modo alle sue indagini, senza dare l'impressione che avessi passato gli ultimi minuti immerso nella mia paranoia esistenziale.
    "Sai che non posso resistere al fascino di dimostrare di sapere qualcosa in più di te" la frase mi uscì bene, spedita e senza inceppamenti. Era la risposra perfetta ai requisiti posti poco prima.
    Aspettai la sua risatina tranquillizzante e quando la fece mi sentii libero di proporle qualcosa da bere. Avevo voltato pagina.



    Sedevamo attorno ad un tavolo di acciaio satinato mentre attendevamo che la cameriera ci portasse le due Minsk che avevamo ordinato. Condividevamo il posto con una coppia di orientali, una donna sulla quarantina e un uomo dall'età indecifrabile a causa di una lunghissima e folta barba che finiva sotto la linea del tavolo. Giulia parlava con il suo solito timbro senza timore di essere sentita dai nostri due vicini mentre io, quando sopraggiungevano le sue risate più entusiaste, cercavo di riflettere quell'energia verificando che le persone attorno non fossero infastiditi dai toni spesso alti, nascondendo il mio disagio per la situazione.
    La cameriera ci raggiunse con due bicchieri glaciali guarniti con frutti e foglie tropicali, sormontati da cannucce colorate. Appesantito dalla responsabilità di aver scelto di fare sosta in quel locale, fui sollevato quando vidi che sembravano due cocktail di buona fattura.
    Il tizio barbuto parve finalmente rivolgere la sua attenziome altrove e mi sentii momentaneamente libero di poter dialogare con Giulia.
    "Come sapevi delle scale?"
    "Quali scale?" Mi chiese lei senza togliere la bocca dalla cannuccia
    “prima, al palazzo Kiengard... come sapevi che riflettevo sulle scale?“
    "Io non lo sapevo, ho solo detto quello che ho detto senza sapere che pensavamo alla stessa cosa"
    "Beh, non era esattamente la stessa cosa" sentivo di essermi quasi intraplato da solo con quella uscita
    "Perche? Tu a cosa pensavi?“
    Sentii una sferzata di adrenalina pomparmi fino nella testa, tanto che speravo di non essere diventato rosso. Ecco fatto. Che imbecille. Ero riuscito a scamparla poco prima e invece mi ero fatto cogliere dalla geniale necessità di ritirare fuori la questione. Al palazzo lei non si era minimamente accorta di nulla e ricordavo ancora quanto fossi sereno per la cosa. Quanto rimpiangevo quel senso di salvezza. Invece era solo apparenza.
    Tirai un sorso di Minsk temporeggiando sulla risposta, sperando magari che una dose di dolce fluido al glucosio potesse alimentare la capacità inventiva del mio cervello, o che fosse inquinata da un veleno rapido e mortale che mi strappasse da quella situazione.
    La bevanda si dimostrò povera di entrambi gli elementi.
    L'intuizione mi venne però dallo stomaco, inalberato dai succhi acidi appena ingeriti e dallo stress psichico violento, sviluppò una sensazione di gonfiore che poteva preludere solo ad un violento rutto. Non esitai ad espellerlo richiamando anche l'attenzione dei presenti. Giulia rimase scioccata ma divertita, e la sua eccitazione mi coinvolse tanto che trovai piacevole quegli sguardi che mi avevano fatto vergognare fino a poco prima. Inoltre ero riuscito ad interrompere la sequela dialettica che avrebbe portato ad una mia confessione; sarebbe ora convenuto smettere di pensare quanto prima, evitando così di sprofondare ancora in una serie viziosa di pensieri ridondanti.
    D'un tratto lei prese a guardarmi con un fare a metà fra l'innocente e l'interrogativo: immergendo il suo mento liscio e sfilato contro il collo eretto aveva inclinato leggermente la testa in avanti, diminuendo impercettibilmente la distanza fra i suoi occhi e i miei. Se era vero che la conoscevo un minimo, avrebbe atteso pochissimi brevi istanti perchè* io comprendessi e fossi ammaliato da quella sua nuova postura prima di propormi qualcosa con un tono che avrebbe potuto far sciogliere il più duro dei patrigni. "Quando mi porti al cinema?"*
    L'utilizzo di una frase genericamente di coppia in un contesto casuale. L'avevo da tempo studiata, classificata e nominata, ma non riuscivo ad escluderne comunque la portata emotiva. Nonostante le mie schematizzazioni ne estrapolassero la natura finalistica, continuava ancora a presentare tutta la carica immaginistica. Accetta di andare al cinema, diceva quella domanda, e ti permetto di fantasticare su come sarebbe la tua vita se tu fossi insieme a me. Ma più chiarivo il significato di questi espedienti, più anzichè imparare ad eluderne i trabocchetti ne venivo rapito. Si trattava di capacità innate o comunque sviluppate in anni di esperienze e condizioni ambientali di cui non avrei mai avuto esperienza. Anche questo mi affascinava. Questo e lei, ovviamente.
    Ultima modifica di Sinex/; 11-10-16 alle 08:54

  12. #32
    Amico di tutti L'avatar di Sinex/
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    Re: ieri ti ho vista di nuovo

    L'intento è ritrarre un protagonista che ti venga voglia di picchiare

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