Viaggio nel mondo degli HATERS di fb con nome e cognome [wot][OROLOGIO] Viaggio nel mondo degli HATERS di fb con nome e cognome [wot][OROLOGIO]

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Discussione: Viaggio nel mondo degli HATERS di fb con nome e cognome [wot][OROLOGIO]

  1. #1
    Senior Member L'avatar di Cesarino
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    Jan 2016
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    Viaggio nel mondo degli HATERS di fb con nome e cognome [wot][OROLOGIO]

    PROFILO CRIMINALE, O DEL NARCISISMO PATOLOGICO
    L’appuntamento è alle 11 di un martedì romano in uno studio legale di Via del Corso. Durante il viaggio da Milano Centrale la persona che devo intervistare mi avvisa di un piccolo ritardo. Ora, finalmente, ci siamo.
    Ho contattato Profilo Criminale su Twitter il 15 marzo. Non riponevo grandi speranze in una risposta. Il personaggio è una discutibile celebrità del web, con oltre 11mila followers su Twitter e un’attività instancabile: insulti, minacce e dichiarate speranze di veder morti politici e giornalisti italiani. Invece, a sorpresa, ha accettato di incontrarmi. L’appuntamento è stato spostato più volte, fissato all’Hotel de Russie (5 stelle lusso), poi ri-fissato nello studio del suo avvocato. Profilo Criminale mi telefona: è una donna. Le chiedo il nome. «Mi chiami Profilo. Al momento è sufficiente», risponde.
    Entro in uno studio professionale elegante. Della mia intervistata, nessuna traccia. La segretaria mi porge un biglietto scritto a mano con un numero di cellulare. Profilo si offre in una videochiamata su WhatsApp. Protesto: per incontrarla di persona, sono scesa da Milano a Roma. Risposta: «Lei sta intervistando molto più di una semplice persona. Qui incarno qualcosa di trascendentale: lo spirito critico del lettore». Perché non vuol dirmi il suo nome? «Lei confonde l’anonimato con un nom de plume : lo scrittore si esprime meglio se coperto da un mantello». E lei sarebbe uno scrittore? «Certo, ne condivido la battaglia civile».


    A parlarmi, dal video, è una donna italiana tra i 30 e i 40 anni, cappello nero, occhiali neri, sciarpa nera che le copre la bocca. Dice di essere una consulente di base a Londra, con la famiglia a Roma, due dottorati e un fatturato annuale da mezzo milione di sterline. Alcuni dettagli mi fanno credere alla sua versione. Certo, potrebbe essere la cassiera in un discount di Tor Bella Monaca e aver memorizzato l’aforisma di Aristofane che ripete tre volte in un’ora: «Ingiuriare i mascalzoni con la satira è cosa nobile, a ben vedere significa onorare gli onesti».
    Profilo Criminale ingiuria a raffica: politici e giornalisti, soprattutto. Lo fa su Twitter (dice che «Facebook è per bacati»). «Svolgo un continuo pungolo critico, entro nella loro testa come un tarlo. Il mio insulto è maieutico». Scusi? «Serve a far partire le idee, a provocare il rossore dell’avversario, che poi smonto con ragionamenti precisi», spiega. Ma i ragionamenti precisi, dove sono? Leggo tweet come questi: «Io Romano Prodi lo farei sbranare dai miei cani dopo averlo torturato per giorni», «Ma un terrorista che s’inculi a Stefano Feltri con la statuetta di Mario Draghi l’abbiamo?», «Alessia Mosca, un giorno ti linceranno». Profilo lo chiama «linguaggio d’amore: serve a creare una contro-voce necessaria». Perché non farlo con nome e cognome? «Secondo lei un partigiano dovrebbe consegnare il proprio passaporto alla Gestapo?», risponde seria.

    SIMONE, O DELL’INGENUITÀ AGGRESSIVA
    Profilo non sa – finge di non sapere? – che, in caso di denunce per diffamazione o di reati procedibili d’ufficio, la Polizia Postale può chiedere i dati a Twitter, Facebook o agli altri social. Attraverso l’indirizzo IP, infatti, si arriva quasi sempre all’identificazione dell’utente. Lo spiega a 7 il direttore Nunzia Ciardi: «La decisione di fornirci queste informazioni spetta all’azienda, cui arriviamo con il decreto di un magistrato o una rogatoria internazionale. Ma di fronte a chiare minacce la collaborazione c’è eccome».

    È bastata un’indagine tradizionale, invece, per scovare Simone Antonini, 24 anni, residente a Canistro, un comune dell’Abruzzo. Lo incontro ad Avezzano, nello studio del suo avvocato. Simone – sorriso timido, jeans e felpa blu, grandi occhi marroni – rischia una condanna per minaccia aggravata. Ha scritto sulla pagina ufficiale Instagram della presidente della Camera: «Per Natale voglio stare chiuso in stanza con te, soli tu ed io. Solo noi e la mia accetta. Partirei con il taglio delle mani. Voglio aprirti il cervello, la calotta cranica, pisciarci dentro, almeno posso regolare il livello di piscio che hai dentro la tua testa». Il suo commento, con altri sette, è stato selezionato e pubblicato in occasione della Giornata contro la violenza sulle donne, lo scorso 25 novembre. Due giorni dopo gli agenti della Digos erano a casa della famiglia Antonini, dove Simone vive con mamma e papà. «Mi hanno sequestrato computer e cellulare», racconta. «Almeno il telefonino me lo potrebbero restituire: ho i contatti cui vendere il legname. Hanno idea del disagio che creano?».
    Simone studia Mediazione Linguistica e Culturale all’Aquila, e lavora alla giornata: «Ho sempre avuto una mentalità imprenditoriale, il lavoro i politici ce l’hanno portato via, io investo i soldi che guadagno in una mia attività di vendita di pellet». È arrabbiato: con i politici («corrotti»), con l’immigrazione incontrollata («la paragono alla guerra di Secessione»), con la tv («invece di affrontare i problemi manda in diretta la Champions»). Su Instagram si presenta con la frase «Dux nobis semper fidelis». A quattr’occhi si definisce un nazionalista, ammiratore delle politiche sociali del fascismo. E quel commento? «L’ho fatto in un momento di rabbia. Ho capito di aver sbagliato». Mi legge la lettera di scuse che ha scritto a mano, in stampatello, e che vorrebbe inviare alla presidente Boldrini, ma non sa come fare. Poi aggiunge: «È giustificato un attimo di sfogo, no? Uno come me come fa ad arrivare alle istituzioni? Magari dici “Ti spaccherei la testa”, però ci sono pure dei motivi dietro quelle frasi, c’è la frustrazione di un ragazzo. E poi ho usato il condizionale “Vorrei”…».
    In casa Antonini, a Canistro, incontro la famiglia di Simone. La mamma m’invita a cenare da loro, il papà esibisce la foto del nonno sindacalista, a Mosca con Berlinguer, la sorella mi mostra le proprie creazioni artistiche. Nella stanza di Simone, un orso di peluche e una dispensa del corso di letteratura spagnola. Mi saluta dicendo che da grande, nonostante l’indirizzo di studio, non vuole fare il mediatore culturale. Non avevo dubbi.

    ANDREA, O DELL’INSULTO PER GIOCO

    I molestatori non nascono online: certi atteggiamenti sono sempre esistiti. Ma lo schermo di un computer abbassa i freni inibitori e i social forniscono una tribuna e un uditorio potenzialmente immenso. I commenti violenti non corrispondono necessariamente a persone violente, ma contribuiscono a creare una atmosfera di odio. E questa è reale. Molto reale.


    Andrea M., su Twitter, si fa chiamare Il Fuori Legge. Ha 32 anni. Pugliese trapiantato in Liguria. Studia all’università e intanto lavora in un hotel. Vuol fare l’architetto. Lo incontro a Genova, in una libreria del centro. Gentile, occhi e capelli chiari, La via del guerriero di Bushido tra le mani. Andrea si sveglia ogni giorno alle 5,30, prende il treno, arriva nell’albergo dove lavora in Riviera, il pomeriggio si allena in palestra, la sera accende il computer, prepara la tesi o guarda un talk show. «Un tempo non m’interessava la politica», racconta, «poi ho voluto trovare un mio orientamento. Oggi voto Movimento 5 Stelle, sono iscritto a una sezione di Genova. Mi sono avvicinato alla politica, e ai social, guardando il programma di Zoro, Gazebo . Il mio account aveva nome e cognome, ma volevo intervenire di più nel dibattito, così l’ho cambiato in Il Fuori Legge». Alcuni esempi dello stile di Andrea su Twitter: «Pacatamente e concretamente vai a fare in culo» (all’onorevole Pierluigi Castagnetti); «buttati sotto un treno» e «definirti cojone è poco» (al senatore Stefano Esposito); «la pala nel culo» (alla giornalista Myrta Merlino) e così via. «Lo faccio per gioco, per scherzo. E poi su Twitter ho una maschera: mi sento più sciolto, diciamo. Di persona direi quello che penso, ma in forme più velate».

    A. P., O DELLA RABBIA DI UN PAPÀ
    A. P. vive a Bari. Non ci incontriamo. Non vuole. In un pomeriggio di fine marzo mi racconta al telefono la sua vita e la sua rabbia. Conosco nome e cognome (su Facebook non usa pseudonimi), ma mi chiede di non rivelarli per proteggere la famiglia. Usa un linguaggio violentissimo. «Datti al porno puttana!», scrive a una ministra italiana. E ancora: «Lurida assassina», «Cancro pensaci tu», e via vomitando.
    Al telefono chiede scusa per «i toni colorati»: in quanto donna, dice, potrei sentirmi offesa. Racconta: «Sono molto arrabbiato per questa società di merda, per questi politici ladri e non eletti». A. P. è padre di due figli di sei e otto anni gravemente malati, ha perso il lavoro nel 2015. A 39 anni non vuole sentirsi «uno scarto della società», si ritiene fortunato perché riesce a mantenere i bambini lavorando in nero. Si definisce apolitico: «Per me la politica è l’arte di prendere in giro il prossimo». «Sui social – dice – sparo a zero, è l’unico modo per manifestare la mia rabbia, per sfogarmi». Gli chiedo se direbbe le stesse cose di persona: «Alla ministra? Vorrei avere l’onore di conoscerla per farle capire i problemi del Paese».

    MARCO ULPIO TRAIANO, O DELLO SFOGO DA STADIO

    Secondo le mappe redatte dall’osservatorio Vox, principale bersaglio del web sono le donne (61%); il resto dell’odio va a disabili, migranti, omosessuali, ebrei. Marco Ulpio Traiano li ha insultati tutti. Il tweet fissato nel suo profilo recita: «Il mio diritto di intervenire contro il sistema è la mia libertà. Fanculo tutti: ebrei, froci, nuovo ordine mondiale, Obama, Ue, Nato, clandestini». Accetta di parlarmi solo attraverso uno scambio di messaggi diretti su Twitter. Intende mantenere l’anonimato. E vuol essere sicuro che, dietro il mio account, non si celi «qualche comunista dei centri sociali».
    Si limita a fornire le iniziali: B. M. Ha scelto il nome Marco Ulpio Traiano perché lo considera il miglior imperatore della storia: ha messo sul profilo anche una mappa dell’impero romano nel II secolo dopo Cristo. L’ammiratore moderno ha 51 anni, una famiglia, fa il rappresentante e vive all’Isola d’Elba. Vota Casa Pound, pubblica le foto di Benito Mussolini e Adolf Hitler, ingiuria politici e giornalisti («il male assoluto della nazione»). Gli chiedo: perché lo fa? Risposta: «Chi è su Twitter deve stare al gioco e toccare con mano il sentimento popolare del Paese». Sarebbe altrettanto aggressivo di persona? «Assolutamente no. Una volta a Roma incontrai Nichi Vendola e lo salutai cordialmente, mi sembrò gentile. La rete è come lo stadio: uno sfogo. Perché l’anonimato? Potrei usare il mio nome e cognome, tanto chi denuncia un morto di fame come me?».
    In realtà le forze dell’ordine sono già arrivate a B. M. L’11 luglio scorso, appena prima dell’incontro dell’allora Matteo Renzi al Corriere della Sera , aveva twittato: «Fosse la volta buona che vi facciamo saltare in aria». Due ore dopo i Carabinieri erano a casa sua. «Era un tweet sarcastico!», si difende. «I Carabinieri hanno capito di aver perso il loro tempo». Appunto: forse i carabinieri hanno di meglio da fare che inseguire finti imperatori romani che annunciano bombe inesistenti.

  2. #2

    Re: Viaggio nel mondo degli HATERS di fb con nome e cognome [wot][OROLOGIO]

    Il secondo

  3. #3
    koba44
    Guest

    Re: Viaggio nel mondo degli HATERS di fb con nome e cognome [wot][OROLOGIO]

    L'eccesso di informazione politica genera mostri.

    Questa ggente dovrebbe provare a lavorare più su se stessa che dei massimi sistemi di governo.

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