MOLOCCHIOw, ti spiego perchè il LATINORUM andrebbe insegnato in tutte le sQuole !!

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Discussione: MOLOCCHIOw, ti spiego perchè il LATINORUM andrebbe insegnato in tutte le sQuole !!

  1. #1
    Senior Member L'avatar di Cesarino
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    MOLOCCHIOw, ti spiego perchè il LATINORUM andrebbe insegnato in tutte le sQuole !!

    Dionigi: “I peggiori nemici del latino sono i latinisti”
    Viene difeso da cattivi avvocati, per questo molti sottovalutano il suo valore. Eppure, se non "apre la mente", secondo l’ex rettore dell’Università di Bologna Ivano Dionigi, senza dubbio migliora la vita


    Apre la mente? Non è detto. È un ottimo esercizio per la logica? La matematica lo è di più. Il latino, suo malgrado, gode da tempo di cattiva fama. E la colpa non è sua, spiega il professor Ivano Dionigi, fino al 2015 rettore dell’Università di Bologna e insigne latinista. «La colpa è dei suoi difensori, che non sono in grado di difenderlo». L’inadeguatezza è «dei classicisti: si chiudono a riccio nelle grammatiche», dimenticando ciò che diceva già Friederich Nietzsche, cioè «che la classicità va in rovina per opera dei filologi classici». E il latino, invece, merita di più. Anche perché ha un valore d’uso reale. Ed è portatore di un senso profondo, anche nei tempi anglicizzati di oggi, che lo rende non moderno. E proprio per questo prezioso.

    Eppure sono in tanti a ribadirlo: lo studio del latino sarebbe superfluo.
    Ci sono molti pregiudizi contro il latino. E da lì nasce la volontà di rimozione. Uno è di carattere ideologico. Nasce dal fatto che anche il latino, da fenomeno culturale, è stato un fenomeno “politico”. Mussolini, che sulla mitologia romana fondava la retorica del fascismo, disse che «La lingua di Roma è la lingua del nostro tempo», perché «è la lingua di un popolo di contadini, di guerrieri e di conquistatori». Lui si immaginava che gli italiani dell’epoca dovessero essere così. E poi fu la materia fondamentale nel disegno di riforma della scuola fatto da Gentile. Era insegnata nei classici, scuola della borghesia, e divenne segno distintivo della borghesia

    Fu proprio così.
    Certo. Eppure, quando negli anni ’60 si discusse sull’abolizione dell’insegnamento del latino alle medie, a difenderlo ci furono anche alcuni comunisti: Palmiro Togliatti, Concetto Marchesi e Paolo Bufalini, per fare dei nomi. Anche se sapevano che lo scontro tra servatores e novatores sarebbe stato perso. E andò in quel modo.

    Questo per quanto riguarda il pregiudizio “politico”. E gli altri pregiudizi?
    Dicono che non è utile, che non serve. Ma solo se si applica una logica utilitaristica, di utilizzo immediato.

    E invece serve?
    Serve eccome. Il latino è una causa giusta, ma con avvocati sbagliati. Chi dice che “sviluppa la logica” sbaglia, la matematica lo fa di più. Non è il latino che è inadeguato a questi tempi, sono i classicisti. Lo diceva anche Nietzsche: “La classicità va in rovina per opera dei filologi classici”. Non è utile nemmeno chiamare in causa in difesa del latino quelli che, per me, sono fossili.

    Che intende per “fossili”?
    Il latino si ostina a morire e risorgere, e cova sempre sotto la cenere. Per varie vie, lo troviamo ancora qui, e lo usiamo senza saperlo mille volte al giorno. Quando si parla di “deficit”, ad esempio, si parla latino. Quando le tasse sono “una tantum”, è ancora latino. Quando si scrive una mail si usa il segno @, che è latino e vuol dire “ad”, anche se non tutti lo sanno. Il latino c’è, ma questi, certo, sono fossili. Quello che si vede, però, è che la nostra lingua e la nostra cultura sono debitrici del latino. Le spiego perché.

    Dica.
    A Parigi, dopo gli attacchi del 13 novembre, per fare un inno alla vita si usò una lingua morta. Venne proiettato sulla Torre Eiffel il motto della città, cioè “Fluctuat nec mergitur”, che significa “viene sballottata dalle onde, ma non affonda”. È la città di Parigi, attaccata, che resiste. È un’idea, quella di una città che viene governata come una nave, che ha radici nell’antichità, fino al poeta greco Alceo, ma che è passata, anche con Orazio, lungo i secoli fino a noi. È solo erudizione, dire queste cose? Ed è un caso che, nel momento più difficile e spaventoso, i parigini si sono ritrovati in una frase di tre parole latine?

    Era il motto della città.
    Sì, ma era nella lingua dell’eternità. Il latino è stata, per secoli, la lingua dei tre grandi dominii: della politica, della scienza, della Chiesa. E anche nel dibattito, lungo e sofferto (cominciato fin da Lutero) in seno alla Chiesa stessa, se rinunciare o mantenere il latino, sono emerse posizioni chiare: era la lingua della tradizione, dell’unità, e del mistero. Ma allora prevalse la volontà di parlare ai fedeli, e non ai maestri.

    Certo, ma la domanda resta: perché il latino è ancora importante, oggi? Perché insegnarlo?
    L’insegnamento dovrebbe distinguere due categorie: da un lato gli specialisti, che lo devono studiare e conoscere. Dall’altro tutti gli altri studenti, ma penso in particolare a chi si occupa di beni culturali. Per carità, si può vivere senza conoscere il latino, ma sarebbe una vita peggiore, almeno dal punto di vista culturale. E poi, se si va a vedere, anche economico. Come diceva Pontiggia, se Roma fosse stata in Texas, gli americani l’avrebbero saputa sfruttare meglio.


    E cosa si impara, imparando il latino?
    Semplice: a parlare meglio e a capire meglio. Ci si preoccupa tanto dell’ecologia ambientale, ma conta anche l’ecologia linguistica.

    Cosa intende?
    Uno può parlare senza sapere che “egregio” significa, in realtà, colui che “spicca dal gregge”. Che il pagano è ”l”abitante del villaggio”, cioè chi è stato raggiunto dalla cristianizzazione solo in seguito, dopo la città. Può anche non sapere che delirare vuol dire “uscire dal solco”, o che “desiderare” e “considerare” sono parole dell’astronomia. Il “desiderio” è il sentimento di mancanza che prova chi è lontano dalla contemplazione delle stelle, dalla bellezza del cielo. Mentre “considerare” riguarda chi è, invece, in compagnia delle stelle, e può perdersi nel pensiero a guardare gli astri. E meditare.

    È senz’altro interessante.
    Sì. Può non sapere che “sedurre” non vuol dire condurre a sé, ma “condurre in disparte”. E che la religione, da “religio”, non è un legame a qualcosa, come vorrebbe una finta etimologia che fa comodo sia a chi è religioso sia a chi non lo è, ma vuol dire “raccogliere ripetutamente, con scrupolo”. E che il verso è “il solco” dell’aratro. Ripercorrere le parole del latino, e dell’italiano, vuol dire scoprire come ha potuto la lingua di un popolo di coltivatori (per cui infinito è negativo, perché è contrario all’ordine di chi vuole disporre le terre) o di militari diventare così ricca di significati, sfumature profondità. Lei mi dirà: tutto qui?

    Esatto. Tutto qui?
    No. A parte il valore della brevitas, l’estrema concisione di una lingua che si è fatta grande con la sintesi, che tanto è di moda anche oggi, con i 140 caratteri di Twitter, c’è anche altro: l’importanza del tempo.

    Si spieghi.
    In questo assedio, questa signoria del presente – che crea degli eremiti di massa – la conoscenza del latino, della storia della lingua e perciò della cultura, ci permette di guardare avanti e indietro allo stesso tempo. Lo diceva Petrarca, ma – si badi – lo diceva anche Steve Jobs.

    Quindi il valore del latino è il fatto che è antico.
    No. Il problema è che si va a caccia del nuovo, dell’originale. Ma come diceva Berenson, “l’originalità è per gli incapaci”. In questo contrasto tra novum e notum, è meglio situarsi in mezzo. Prendere atto che gli antichi, ormai, per noi sono esotici. Perché sono antagonisti alla modernità, che è la moda. E che a parlare solo del presente, si conosce solo (e male) il presente. E che il latino è la madre certa, anzi certissima, dell’italiano. Non si può rifiutare un genitore senza poi smarrirsi.

    Cosa significa non smarrirsi?
    Conoscere le parole. È un antidoto importante per il pensiero, soprattutto oggi, che assistiamo a un appiattimento della lingua, in cui si usano mille parole per dire la stessa cosa. E sa cosa succede quando si dimentica il significato delle parole?

    No.
    Si perde di vista la realtà. Non la si conosce più, e si rimane ingannati. Oggi le parole sono state mandate in esilio dai padroni del linguaggio, che non siamo più noi. E non va dimenticato che le rivoluzioni e i colpi di stato si fanno, prima ancora che con le armi, con le parole. Conoscere le parole aiuta a difendersi. Lo diceva anche Cicerone, che pure non mi è simpatico, come non lo è a molti studenti – anche se non va dimenticato che, per le cose che diceva e pensava, ci ha rimesso la vita.

    Cosa diceva Cicerone?
    Lodava, prima di tutto, le parole degli eloquentes, coloro che sanno parlare bene, perché pensano bene – anche a livello etico. Mentre la rovina della res publica, della cittadinanza, era colpa dei disertissimi viri, cioè i gran parlatori, che parlano bene ma pensano male. Sono i demagoghi. Per loro la parola è uno strumento, anzi un’arma di dominio. Contro la quale è difficile difendersi.

  2. #2
    Disagio&Disagi, Inc. L'avatar di Moloch
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    Re: MOLOCCHIOw, ti spiego perchè il LATINORUM andrebbe insegnato in tutte le sQuole !

    è imbarazzante come sentire un cocchiere difendere ridicolmente la dignità della locomozione equimontata nel ventunesimo secolo.

    sai che sta annaspando per non affogare negli stantii liquami della propria obsolescenza, ma non riesci a non empatizzare.

  3. #3
    Le regole son quelle. L'avatar di Conte Zero
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    Re: MOLOCCHIOw, ti spiego perchè il LATINORUM andrebbe insegnato in tutte le sQuole !

    Citazione Originariamente Scritto da Cesarino Visualizza Messaggio
    Dionigi: “I peggiori nemici del latino sono i latinisti”
    Viene difeso da cattivi avvocati, per questo molti sottovalutano il suo valore. Eppure, se non "apre la mente", secondo l’ex rettore dell’Università di Bologna Ivano Dionigi, senza dubbio migliora la vita


    Apre la mente? Non è detto. È un ottimo esercizio per la logica? La matematica lo è di più. Il latino, suo malgrado, gode da tempo di cattiva fama. E la colpa non è sua, spiega il professor Ivano Dionigi, fino al 2015 rettore dell’Università di Bologna e insigne latinista. «La colpa è dei suoi difensori, che non sono in grado di difenderlo». L’inadeguatezza è «dei classicisti: si chiudono a riccio nelle grammatiche», dimenticando ciò che diceva già Friederich Nietzsche, cioè «che la classicità va in rovina per opera dei filologi classici». E il latino, invece, merita di più. Anche perché ha un valore d’uso reale. Ed è portatore di un senso profondo, anche nei tempi anglicizzati di oggi, che lo rende non moderno. E proprio per questo prezioso.

    Eppure sono in tanti a ribadirlo: lo studio del latino sarebbe superfluo.
    Ci sono molti pregiudizi contro il latino. E da lì nasce la volontà di rimozione. Uno è di carattere ideologico. Nasce dal fatto che anche il latino, da fenomeno culturale, è stato un fenomeno “politico”. Mussolini, che sulla mitologia romana fondava la retorica del fascismo, disse che «La lingua di Roma è la lingua del nostro tempo», perché «è la lingua di un popolo di contadini, di guerrieri e di conquistatori». Lui si immaginava che gli italiani dell’epoca dovessero essere così. E poi fu la materia fondamentale nel disegno di riforma della scuola fatto da Gentile. Era insegnata nei classici, scuola della borghesia, e divenne segno distintivo della borghesia

    Fu proprio così.
    Certo. Eppure, quando negli anni ’60 si discusse sull’abolizione dell’insegnamento del latino alle medie, a difenderlo ci furono anche alcuni comunisti: Palmiro Togliatti, Concetto Marchesi e Paolo Bufalini, per fare dei nomi. Anche se sapevano che lo scontro tra servatores e novatores sarebbe stato perso. E andò in quel modo.

    Questo per quanto riguarda il pregiudizio “politico”. E gli altri pregiudizi?
    Dicono che non è utile, che non serve. Ma solo se si applica una logica utilitaristica, di utilizzo immediato.

    E invece serve?
    Serve eccome. Il latino è una causa giusta, ma con avvocati sbagliati. Chi dice che “sviluppa la logica” sbaglia, la matematica lo fa di più. Non è il latino che è inadeguato a questi tempi, sono i classicisti. Lo diceva anche Nietzsche: “La classicità va in rovina per opera dei filologi classici”. Non è utile nemmeno chiamare in causa in difesa del latino quelli che, per me, sono fossili.

    Che intende per “fossili”?
    Il latino si ostina a morire e risorgere, e cova sempre sotto la cenere. Per varie vie, lo troviamo ancora qui, e lo usiamo senza saperlo mille volte al giorno. Quando si parla di “deficit”, ad esempio, si parla latino. Quando le tasse sono “una tantum”, è ancora latino. Quando si scrive una mail si usa il segno @, che è latino e vuol dire “ad”, anche se non tutti lo sanno. Il latino c’è, ma questi, certo, sono fossili. Quello che si vede, però, è che la nostra lingua e la nostra cultura sono debitrici del latino. Le spiego perché.

    Dica.
    A Parigi, dopo gli attacchi del 13 novembre, per fare un inno alla vita si usò una lingua morta. Venne proiettato sulla Torre Eiffel il motto della città, cioè “Fluctuat nec mergitur”, che significa “viene sballottata dalle onde, ma non affonda”. È la città di Parigi, attaccata, che resiste. È un’idea, quella di una città che viene governata come una nave, che ha radici nell’antichità, fino al poeta greco Alceo, ma che è passata, anche con Orazio, lungo i secoli fino a noi. È solo erudizione, dire queste cose? Ed è un caso che, nel momento più difficile e spaventoso, i parigini si sono ritrovati in una frase di tre parole latine?

    Era il motto della città.
    Sì, ma era nella lingua dell’eternità. Il latino è stata, per secoli, la lingua dei tre grandi dominii: della politica, della scienza, della Chiesa. E anche nel dibattito, lungo e sofferto (cominciato fin da Lutero) in seno alla Chiesa stessa, se rinunciare o mantenere il latino, sono emerse posizioni chiare: era la lingua della tradizione, dell’unità, e del mistero. Ma allora prevalse la volontà di parlare ai fedeli, e non ai maestri.

    Certo, ma la domanda resta: perché il latino è ancora importante, oggi? Perché insegnarlo?
    L’insegnamento dovrebbe distinguere due categorie: da un lato gli specialisti, che lo devono studiare e conoscere. Dall’altro tutti gli altri studenti, ma penso in particolare a chi si occupa di beni culturali. Per carità, si può vivere senza conoscere il latino, ma sarebbe una vita peggiore, almeno dal punto di vista culturale. E poi, se si va a vedere, anche economico. Come diceva Pontiggia, se Roma fosse stata in Texas, gli americani l’avrebbero saputa sfruttare meglio.


    E cosa si impara, imparando il latino?
    Semplice: a parlare meglio e a capire meglio. Ci si preoccupa tanto dell’ecologia ambientale, ma conta anche l’ecologia linguistica.

    Cosa intende?
    Uno può parlare senza sapere che “egregio” significa, in realtà, colui che “spicca dal gregge”. Che il pagano è ”l”abitante del villaggio”, cioè chi è stato raggiunto dalla cristianizzazione solo in seguito, dopo la città. Può anche non sapere che delirare vuol dire “uscire dal solco”, o che “desiderare” e “considerare” sono parole dell’astronomia. Il “desiderio” è il sentimento di mancanza che prova chi è lontano dalla contemplazione delle stelle, dalla bellezza del cielo. Mentre “considerare” riguarda chi è, invece, in compagnia delle stelle, e può perdersi nel pensiero a guardare gli astri. E meditare.

    È senz’altro interessante.
    Sì. Può non sapere che “sedurre” non vuol dire condurre a sé, ma “condurre in disparte”. E che la religione, da “religio”, non è un legame a qualcosa, come vorrebbe una finta etimologia che fa comodo sia a chi è religioso sia a chi non lo è, ma vuol dire “raccogliere ripetutamente, con scrupolo”. E che il verso è “il solco” dell’aratro. Ripercorrere le parole del latino, e dell’italiano, vuol dire scoprire come ha potuto la lingua di un popolo di coltivatori (per cui infinito è negativo, perché è contrario all’ordine di chi vuole disporre le terre) o di militari diventare così ricca di significati, sfumature profondità. Lei mi dirà: tutto qui?

    Esatto. Tutto qui?
    No. A parte il valore della brevitas, l’estrema concisione di una lingua che si è fatta grande con la sintesi, che tanto è di moda anche oggi, con i 140 caratteri di Twitter, c’è anche altro: l’importanza del tempo.

    Si spieghi.
    In questo assedio, questa signoria del presente – che crea degli eremiti di massa – la conoscenza del latino, della storia della lingua e perciò della cultura, ci permette di guardare avanti e indietro allo stesso tempo. Lo diceva Petrarca, ma – si badi – lo diceva anche Steve Jobs.

    Quindi il valore del latino è il fatto che è antico.
    No. Il problema è che si va a caccia del nuovo, dell’originale. Ma come diceva Berenson, “l’originalità è per gli incapaci”. In questo contrasto tra novum e notum, è meglio situarsi in mezzo. Prendere atto che gli antichi, ormai, per noi sono esotici. Perché sono antagonisti alla modernità, che è la moda. E che a parlare solo del presente, si conosce solo (e male) il presente. E che il latino è la madre certa, anzi certissima, dell’italiano. Non si può rifiutare un genitore senza poi smarrirsi.

    Cosa significa non smarrirsi?
    Conoscere le parole. È un antidoto importante per il pensiero, soprattutto oggi, che assistiamo a un appiattimento della lingua, in cui si usano mille parole per dire la stessa cosa. E sa cosa succede quando si dimentica il significato delle parole?

    No.
    Si perde di vista la realtà. Non la si conosce più, e si rimane ingannati. Oggi le parole sono state mandate in esilio dai padroni del linguaggio, che non siamo più noi. E non va dimenticato che le rivoluzioni e i colpi di stato si fanno, prima ancora che con le armi, con le parole. Conoscere le parole aiuta a difendersi. Lo diceva anche Cicerone, che pure non mi è simpatico, come non lo è a molti studenti – anche se non va dimenticato che, per le cose che diceva e pensava, ci ha rimesso la vita.

    Cosa diceva Cicerone?
    Lodava, prima di tutto, le parole degli eloquentes, coloro che sanno parlare bene, perché pensano bene – anche a livello etico. Mentre la rovina della res publica, della cittadinanza, era colpa dei disertissimi viri, cioè i gran parlatori, che parlano bene ma pensano male. Sono i demagoghi. Per loro la parola è uno strumento, anzi un’arma di dominio. Contro la quale è difficile difendersi.
    per i muri di testo c'è già Kattolici Romani eh

  4. #4

    Re: MOLOCCHIOw, ti spiego perchè il LATINORUM andrebbe insegnato in tutte le sQuole !

    Citazione Originariamente Scritto da Conte Zero Visualizza Messaggio
    per i muri di testo c'è già Kattolici Romani eh
    figurati, la vulgata di gerolamo lì è un pericoloso modernismo, bisogna tenersi la (pessima) traduzione in greco dei settanta
    Vecchio forum: 12/01/07 - 15/01/16.
    Nove anni di ghignate e lurking.
    2 loschi figuri.
    15 anni di storia nel cesso.

  5. #5
    il grinch L'avatar di ryohazuki84
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    Re: MOLOCCHIOw, ti spiego perchè il LATINORUM andrebbe insegnato in tutte le sQuole !

    io avrei fatto volentieri pure greco al liceo
    Mi rendo disponibile ad essere insultato ai sensi dell'art. 1 del 29/3/2016 legge Salgari

    discord bar sport


    https://discord.gg/z9gYCaV

    chi entra è pregato di presentarsi o verrà espulso


  6. #6
    Senior Member L'avatar di Cesarino
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    Re: MOLOCCHIOw, ti spiego perchè il LATINORUM andrebbe insegnato in tutte le sQuole !

    Citazione Originariamente Scritto da Moloch Visualizza Messaggio
    è imbarazzante come sentire un cocchiere difendere ridicolmente la dignità della locomozione equimontata nel ventunesimo secolo.

    sai che sta annaspando per non affogare negli stantii liquami della propria obsolescenza, ma non riesci a non empatizzare.


    In questo assedio, questa signoria del presente – che crea degli eremiti di massa – la conoscenza del latino, della storia della lingua e perciò della cultura, ci permette di guardare avanti e indietro allo stesso tempo. Lo diceva Petrarca, ma – si badi – lo diceva anche Steve Jobs.

  7. #7
    Zombie Inside L'avatar di Svlozzo
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    Re: MOLOCCHIOw, ti spiego perchè il LATINORUM andrebbe insegnato in tutte le sQuole !

    Anche io avrei voluto fare greco al liceo, così almeno imparavo da dove veniva la parola liceo
    macchina Significa suora e ancora e cancello.

  8. #8
    Ptaah
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    Re: MOLOCCHIOw, ti spiego perchè il LATINORUM andrebbe insegnato in tutte le sQuole !

    Citazione Originariamente Scritto da ryohazuki84 Visualizza Messaggio
    io avrei fatto volentieri pure greco al liceo


    Il greco e il latino sono inutili e non andrebbero studiati. PUNTO.

    Il latino aiuta la mente? Sinceramente penso di sì, ma la matematica e la fisica hanno un ruolo molto più efficace, perciò è inutile.
    Una conoscenza bassa del latino può servire al massimo per scrivere latinismi nelle poesie, ma dubito che gli studenti da grandi faranno i poeti.
    Il greco può essere utile a un livello basilare per conoscere l'etimologia di tutte le parole scientifiche, a parte questo è inutile. Molto meno preciso e più ingarbugliato del latino. Voglio dire, il Latino è incomprensibile ma almeno il verbo va sempre alla fine e ne sei sicuro

  9. #9
    Il Drago Dormiente L'avatar di Zhuge
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    Re: MOLOCCHIOw, ti spiego perchè il LATINORUM andrebbe insegnato in tutte le sQuole !

    il latino è inutile come tutto ciò che non è scientifico; proporrei una riforma che faccia studiare a tutti indistintamente solo matematica, fisica e chimica al liceo, e per chi non abbia un profitto soddisfacente, iniezione letale

    altro che cultura, ci vuole la selezione della specie


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  10. #10
    Granny Member L'avatar di Maelström
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    Re: MOLOCCHIOw, ti spiego perchè il LATINORUM andrebbe insegnato in tutte le sQuole !

    Citazione Originariamente Scritto da Zhuge Visualizza Messaggio
    il latino è inutile come tutto ciò che non è scientifico; proporrei una riforma che faccia studiare a tutti indistintamente solo matematica, fisica e chimica al liceo
    aggiungerei anche italiano ed inglese, con lapidazione immediata di chi usa le k quando scrive in italiano

  11. #11
    macs
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    Re: MOLOCCHIOw, ti spiego perchè il LATINORUM andrebbe insegnato in tutte le sQuole !

    il latino serve solo per bullarsi e invece finire per fare la figura del nerd e del coglione

  12. #12
    Disagio&Disagi, Inc. L'avatar di Moloch
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    Re: MOLOCCHIOw, ti spiego perchè il LATINORUM andrebbe insegnato in tutte le sQuole !

    l'insegnamento del latino ha la stessa utilità della filologia germanica: una materia con la sua dignità, ma di interesse universitario e specialistico.

    ovviamente nessuno si sognerebbe di prevedere l'insegnamento della filologia germanica per i cinque anni delle superiori, perché sarebbe una puttanata priva di senso.
    l'insegnamento del latino alle superiori è una puttanata pari pari, ma semplicemente la sua presenza secolare nei programmi ministeriali ha fatto sì che questa sia considerata un fatto naturale, come la pioggia o le epidemie d'influenza, invece che una boriosa concrezione fascio-risorgimentale incrostata sulle pareti della scuola pubblica come uno schizzo di sborra secca.

    tutte queste sono chiaramente parole in libertà, in quanto pretendere razionalità di fronte ad una tradizione culturale è pia illusione. in questo paese del cazzo mettere in dubbio l'opportunità dell'insegnamento extra-universitario delle lingue antiche solleva sommose tali quali la proposta di servire carne di cane nelle mense scolastiche.
    perché? perché si è sempre fatto così, checcazzo

  13. #13
    macs
    Guest

    Re: MOLOCCHIOw, ti spiego perchè il LATINORUM andrebbe insegnato in tutte le sQuole !

    la faccenda " si è sempre fatto così = è giusto e continuiamolo a fare " è una cosa che mi è sempre stata sul cazzo in maniera allucinante a quest'ora stavamo ancora coi carretti e le strade di pietra (se andava bene)

  14. #14
    Ptaah
    Guest

    Re: MOLOCCHIOw, ti spiego perchè il LATINORUM andrebbe insegnato in tutte le sQuole !

    Citazione Originariamente Scritto da Moloch Visualizza Messaggio
    l'insegnamento del latino ha la stessa utilità della filologia germanica: una materia con la sua dignità, ma di interesse universitario e specialistico.

    ovviamente nessuno si sognerebbe di prevedere l'insegnamento della filologia germanica per i cinque anni delle superiori, perché sarebbe una puttanata priva di senso.
    l'insegnamento del latino alle superiori è una puttanata pari pari, ma semplicemente la sua presenza secolare nei programmi ministeriali ha fatto sì che questa sia considerata un fatto naturale, come la pioggia o le epidemie d'influenza, invece che una boriosa concrezione fascio-risorgimentale incrostata sulle pareti della scuola pubblica come uno schizzo di sborra secca.
    Quoto tantissimo anche questo.

  15. #15
    Disagio&Disagi, Inc. L'avatar di Moloch
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    Re: MOLOCCHIOw, ti spiego perchè il LATINORUM andrebbe insegnato in tutte le sQuole !

    dillo, che vuoi farmi perdere in credibilità

  16. #16
    Senior Member L'avatar di Arthas
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    Re: MOLOCCHIOw, ti spiego perchè il LATINORUM andrebbe insegnato in tutte le sQuole !

    Citazione Originariamente Scritto da Moloch Visualizza Messaggio
    fascio-risorgimentale

  17. #17
    Il Drago Dormiente L'avatar di Zhuge
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    Re: MOLOCCHIOw, ti spiego perchè il LATINORUM andrebbe insegnato in tutte le sQuole !

    ah, moloch, lo status quo

    per chi sa cosa vuol dire eh

    https://www.worldoftrucks.com/en/onl...e.php?id=92274
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  18. #18
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    Re: MOLOCCHIOw, ti spiego perchè il LATINORUM andrebbe insegnato in tutte le sQuole !

    con tutta quella gente che usa il termine "déjà vu" si rende indispensabile che il francese sia insegnato per l'intero quinquennio

  19. #19
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    Re: MOLOCCHIOw, ti spiego perchè il LATINORUM andrebbe insegnato in tutte le sQuole !

    il francese che, guarda un po', si insegna per tutto il quinquennio al liceo linguistico ed in molti licei scientifici bilingue

    adesso i problemi culturali dell'italia si riducono ai tre anni di latino del menga al liceo scientifico ed ai due anni di latinorum al linguistico, per due ore a settimana (lascio da parte il liceo classico, perché mi pare ovvio che sia un liceo che deve morire se si ragiona di togliere il latino)

    ma dai

    poi sono d'accordo con te che il latino allo scientifico ed al linguistico si potrebbero togliere, considerato che si studia in 2/3 anni quello che al classico si fa in uno/due quadrimestri e che la "idea" di latino con cui escono gli studenti del linguistico (leggasi, mio fratello) è orribile e davvero inutile...
    Ultima modifica di Zhuge; 05-03-16 alle 17:16

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  20. #20
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    Re: MOLOCCHIOw, ti spiego perchè il LATINORUM andrebbe insegnato in tutte le sQuole !

    CINQUE anni di latino, con quattro ore nel biennio, tre al terzo anno e due agli ultimi due.
    che poi mica dico di sostituire le ore con matematica, eh (se ne fa abbastanza allo scientifico). andrebbe bene anche distribuirle fra storia e filosofia, per quanto mi riguarda

    e insomma convieni con me che insegnare latino al di fuori dell'università e del liceo classico è ridicolo?

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