Come i meno fotteseganti tra di voi già sapranno, ossia nessuno, lavoro in un centro di ricerca nel cuore di Parigi, poco lontano da Montparnasse. Il campus è di dimensioni ragguardevoli per la capitale francese ed annovera all'incirca 2000 scienziati. I casi umani, al contrario di quanto pletore di stereotipi su celluloide vorrebbero farvi credere, sono esigui, la gente è affabile, spesso giovane e siamo tutti accomunati da una commossa adorazione per il Dio Bacco e suoi distillati. Inoltre, come Absint sa, "c'è figa". Ma non divaghiamo
Qualche anno fa un ricercatore dovette constatare con una certa dose di preoccupazione liquida nelle mutande che il suo animaletto di compagnia, custodito tra matracci e becchi di Bunsen, era svanito. Ad una vita in una teca di cristallo aveva preferito infine l'evasione dalla routine. Insomma, il pacioso pitone ora distendeva i suoi tre metri tra corridoi sterili, sonicatori frullacervelli, sotterranei radioattivi e sale di dissezione.
Qualche tempo dopo, alcuni attoniti addetti alla sterilizzazione della vetreria contaminata da materiali biologici trovarono una lunghissima pelle di serpente nella sala autoclavi (forni per la sterelizzazione). Un centro di ricerca popolato da pelosetti evasi, quei topini tanto cari ai nostri amici vegan e che noi invece identifichiamo come cavia #1, #2 e di seguito ( e no, non è un trend di Twitter) ma che talvolta riescono a darsi alla macchia sotto una centrifuga o un cromatografo, doveva aver rappresentato per il pitone un luculliano all you can eat. Un'occasione talmenta proficua da indurne la muta
Ignoro le tempistiche, le modalità e le ripercussioni legali della vicenda, ma pare che il pitone sia stato infine riacciuffato.
Nel dubbio, nelle sale a temperature più elevate, pero', ci mando i miei tirocinanti