Stamattina, come ogni altra mattina,ero comodamente seduto davanti al mio ordenador e stavo tranquillamente cazzeggiando su uno dei peggiori forum della storia.
Come ogni altra mattina, ad un certo punto la natura chiama, e con passo svelto mi dirigo verso il trono di porcellana per svolgere l'arduo compito che gli Dei hanno voluto affidarci quotidianamente.
Inizio subito a spingere, con molta confidenza, come il falegname che ormai riesce a costruire la sedia anche ad occhi chiusi,avendone fatte a migliaia e migliaia.
Ma qualcosa non va. Il serpente marrone ha fatto appena capolino, non è uscito nemmeno per metà, e già il mio cervello registra un dolore intollerabile attorno alla zona coinvolta, così intollerabile che i nervi spinali si licenziano e vanno in pensione.La testa inizia a girare fuori controllo, i sensi si affievoliscono, il respiro si fa più lento e faticoso, e il tutto mi porta a pensare a una morte precoce e orrenda, e oltremodo ridicola.[L'unica altra volta che avevo provato un tale disorientamento era quando, a 16 anni, dopo altrettante 16 Peroni da 66cl, mi accingevo a fare il giro sulle montagne russe al Luna Park, ma questa è un'altra storia.] Dopo un lungo momento di disperazione,in cui l'unica cosa che desidero è morire velocemente come una mosca schiacciata solo di striscio dalla palettina rossa per soffrire meno, mi accorgo che le sensazioni di sconfitta che prima mi pervadevano come una malattia del corpo e dello spirito si vanno affievolendo.
Mi faccio coraggio.Ci sarà un’alba o un tramonto o un mezzogiorno che mi vedranno morire, ma non oggi.Allora prendo l'armatura, lancio il mio grido di battaglia, e mi preparo allo scontro mortale contro il figliol prodigo : spingo come mai ho fatto in vita mia, perché so che questa è l'unica possibilità che ho di vincere, l'unico bagliore di luce in una terra avvolta dalle tenebre.
"Sangue del mio sangue, sei esiliato dalla mia terra! Vattene e non tornare mai più!" Le mie parole riecheggiano nella stanza dure come il marmo.
"No!" risponde lui, conscio dell'ancora vivida forza che lo pervade.
Ci scambiamo altri colpi, in cui ho la meglio, ma seppur la sua forza si stia affievolendo, il nemico continua a tenere duro.
"Eddaje, mo m'hai rotto er cazzo!" Lo sforzo immenso mentale e fisico si riflette nelle mie parole che si fanno più grezze e volgari,adatte al popolo, non a una battaglia mortale tra re e principe, tra padre e figlio.
"Vabbene babbo, non te incazzare però eh, me ne vo!" Risponde lui,riconoscendo la mia superiorità, arrendendosi e buttando a terra lo scudo e la picca.
Plop.
È finita.Come se nulla fosse, tutto torna alla normalità. Nell'aria riecheggia una sorta di incredibilità e magia, la sensazione che c'è quando si è appena assistito a qualcosa di troppo crudo e scioccante, e ciò ci sembra assolutamente irreale, fino a quando l'adrenalina diminuisce e si inizia a realizzare.
C'è uno strano silenzio.
Come se miliardi di cicale abbiano smesso di frinire contemporaneamente.
Solo che, come al solito, di cicala manco l'ombra.