Quella notte di fine inverno fu più rigida del solito ma Jack, il custode del cimitero, doveva comunque svolgere il suo lavoro. Ben coperto, con addosso un pesante giaccone di pelle, sciarpa, cappello e guanti, prese la torcia e uscì dalla sua piccola baracca posta vicino l'entrata del campo santo. Il luogo sorgeva sulla base di una piccola collina e molto spesso capitava che l'umidità e il freddo intenso facessero calare una coltre di nebbia alquanto densa. A Jack non importava, non era superstizioso o fifone - altri suoi colleghi avevano preferito richiedere il turno di giorno all'amministrazione comunale, anche con paghe ridotte - era il freddo che lo infastidiva, ma così bardato, e con un goccetto di Whisky in corpo, era senza dubbio più sopportabile. Jack era un onesto lavoratore, di 50 anni, suo padre era un becchino, uno scavafosse, come osava chiamarlo quello stupido di Bill, suo fratello, che li aveva abbandonati dopo la morte della mamma per andare in una grande città a "giocare coi numeri", come diceva suo padre, divenne un agente di borsa. Ogni tanto mandava loro dei soldi per aiutare le spese, ma da qualche anno aveva smesso. Jack iniziò a covare rancore per suo fratello, la situazione non era delle migliori, e dovettero fare molti sacrifici per tirare avanti. Fortunatamente riuscì a farsi assumere come custode del cimitero anche grazie alle conoscenze di suo padre, un lavoro semplice e ben pagato.
Pochi anni fa anche suo padre lo lasciò, un attacco di cuore improvviso, dissero i medici, non c'erano speranze. E stavolta la mente di Jack rimase silente, non odiava suo padre ma neanche lo adorava, ma la solitudine in cui si ritrovò all'improvviso a neanche quarant'anni, lo trasformò gradualmente. Smise di frequentare il suo bar preferito, rimase tappato in casa, tagliò i ponti con le sue poche amicizie, divenne intrattabile e scontroso.
Quella notte, varcò il cancello del cimitero, i cardini cigolarono rumorosamente, era sempre così, per quanto olio spendesse per sistemarli non c'era verso, era come se il metallo cantasse una triste cantilena funebre. Agitando e sbattendo la torcia nelle mani, riuscì finalmente a accenderla e iniziò il suo giro. Il silenzio nel cimitero era totale, anche i corvi e le civette stavano alla larga da quel luogo. Il suo lavoro era semplice e faticoso allo stesso tempo: camminare avanti e indietro, controllare le serrature e i catenacci, evitare di morire di freddo. Questa routine durava da moltissimo tempo, ogni notte, ormai agiva in maniera completamente automatica, senza pensieri. E anche quella notte era come le altre, per questo faticò a reagire quando in lontananza li vide, tre figure in piedi alla fine del viale ciottolato. Jack chiamò per allertarli, per dir loro che non potevano stare lì così a tarda notte. Si avvicinò per condurli fuori dal cimitero, non era raro per molti visitatori perdere la cognizione del tempo e attardarsi di fronte alle tombe dei propri cari. A lenti passi ma decisi, l'infastidito custode continuava a chiamare gli intrusi ma quelli gli davano le spalle, erano intenti a pregare davanti a una lapide. Quando fu a pochi passi la torcia riprese a fare le bizze, accendendosi e spegnendosi, per poi smettere di funzionare del tutto. Sempre più nervoso e irato, Jack continuò ad agitarla e sbatterla sul palmo della mano ma gli sfuggì e cadde a terra. Si chinò per raccoglierla e quando si rialzò il sangue gli si gelò nelle vene. Gli intrusi si erano voltati per osservarlo, ma... Appena li vide il suo cuore si arrestò per un istante dal terrore: anche al buio poteva scorgere i loro volti innaturali, senza occhi, senza palpebre, un naso appena pronunciato e una bocca talmente sottile da essere appena distinguibile dalle guance esangui. Si sentiva il loro sguardo addosso, ma come potevano vederlo con quei volti? "Forse è solo uno scherzo dei miei compaesani, forse sono delle maschere..."
Il filo dei suoi pensieri fu interrotto da un gesto del più alto delle tre figure che indicò una lapide sul muro, in cui si scorgevano poche semplici ma spaventose parole: << Qui giace Jack Rolance, seppellito insieme ai suoi cari >> Seguiva la data di quel giorno.
E infine udì quella voce, una voce che non sentiva da anni: "Siamo tornati, figliolo, non ti lasceremo più solo."
L'urlo di puro terrore di Jack fu l'unico rumore che spezzò il silenzio della notte.