I Am Setsuna - Recensione

PS Vita PS4

Project Setsuna, o I Am Setsuna, come oggi è conosciuto, venne presentato da Square Enix come un ritorno alle atmosfere dei J-RPG classici, quelli che durante l’era 16-32 bit tennero compagnia ad un pubblico oggi composto da nostalgici trentenni, e che spesso sentiamo lamentarsi in rete per la supposta scomparsa “dei cari J-RPG di una volta”. Il tentativo di Tokyo RPG Factory, team interno della casa di Final Fantasy, di andare a toccare il cuore dei giocatori più attempati, magari grattandone l’arida superficie in cerca di un sano e naturale entusiasmo, ha fatto sì che I Am Setsuna si configurasse in tutto e per tutto come un prodotto volutamente citazionista, a volte quasi al limite del plagio. A vederne gli scatti digitali, infatti, verrebbe da dire: “Ma cos’è ‘sta copia cinese di Chrono Trigger?!”, fortunatamente una serie di buone intuizioni ludiche e un’atmosfera dai toni drammatici, totalmente lontana da quelli leggeri e avventurosi respirati nella co-produzione Square/Enix/Bird Studio di metà anni ’90, hanno assicurato al videogioco una propria dimensione.

LA STORIA DI SETSUNA

Tutto inizia sotto il candore di una nevicata digitale. Endir, un misterioso mercenario mascherato appartenente a una stirpe di guerrieri noti per la grande abilità sul campo di battaglia, viene assoldato da un misterioso cavaliere per uccidere una persona, senza che gli venga fornita alcuna motivazione, né uno straccio di pagamento.

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I Am Setsuna si configura come un prodotto volutamente citazionista

Il protagonista si reca così su un’isola che si dice essere patria di sacerdotesse votate a una celebrazione che, ciclicamente, richiede ad una di loro di immolarsi per garantire la salute e la sicurezza dei centri abitati. Sembrerebbe infatti che nell’universo di I Am Setsuna la pace ruoti attorno proprio a questo rito e che, in questo caso, il compito tocchi proprio alla giovane e serafica Setsuna, un giovanissimo “tributo” dai capelli color rubino che ha accettato la sua missione sin dalla tenera età. Posto di fronte all’eventualità di rompere una tradizione così solenne e importante, Endir (e di conseguenza il giocatore stesso) tentenna: togliere prematuramente la vita a una persona che non ne riconosce il valore, e che spontaneamente vuole sacrificarsi per il bene comune, è forse il destino degno di un guerriero? Gli interrogativi frullano nella mente a grande velocità, mentre fra un evento e l’altro si innesca la miccia che porterà il prodigioso spadaccino a guidare Setsuna nel suo pellegrinaggio verso la fine del mondo, accompagnati ovviamente da un canonico gruppetto di avventurieri più o meno credibili (sto guardando proprio te Julienne!). Senza anticipare nulla del comparto narrativo, posso affermare senza grandi difficoltà che I Am Setsuna non brilla per una sceneggiatura particolarmente curata o per la caratterizzazione dei personaggi, ma che, al di là di una palesata voglia di indurre il giocatore alle lacrime (una storia che in gergo verrebbe definita “tear jerker”) con sotto trame drammatiche e dialoghi al limite del pietismo, si lascia giocare senza scadere nella tipica pretenziosità dei prodotti dalla spiccata autorialità.

I Am Setsuna è innanzitutto un tributo a un’epoca passata, un “J-RPG classico per i tempi moderni”, e in tal senso i plurimi déjà vu sono più che giustificati. Molti, nei mesi scorsi, hanno paragonato questa produzione a Bravely Default, la serie di Silicon Studio che ha fatto esplodere nuovamente il genere dei J-RPG classici a turni in tutto il mondo e che ha convinto Square Enix ad un “ritorno alle origini”, ma in realtà il prodotto Tokyo RPG Factory unisce il sistema di battaglia di Chrono Trigger al candore e all’innocenza di una storia simile a quella narrata in Child of Light di Ubisoft (e i punti d’incontro fra i due prodotti sono molteplici, per quanto la produzione giapponese rispetti la patriarcale funzione del protagonista maschile). Fra citazioni a una passeggiata delle armature Magitek di Final Fantasy VI e un avversario ricorrente che sembra il cugino lontano di Magus, giocare ad I Am Setsuna è un po’ come condensare tutti i tropi dei titoli dell’epoca e riviverli una dopo l’altro.

Chiaramente un’impostazione così volutamente classicheggiante e permeata di citazionismo estremo potrebbe risultare indigesta a chi fosse in cerca di un’avventura più sofisticata o semplicemente dai toni più leggeri, visto che nella storia di Setsuna non c’è grande spazio per i siparietti comici. Inoltre è giusto sottolineare come I Am Setsuna, a differenza di tanti altri J-RPG, non voglia proporsi come un’epopea della durata di centinaia di ore; questo è palese fin dalle prime ore di gioco tanto che aspettarsi qualcosa di diverso risulta semplicemente fuori luogo. Una storia semplice, breve, fatta di riflessioni e di dialoghi testuali, in cui le poche stringhe doppiate riguardano i combattimenti… praticamente l’esatto opposto del prototipo di J-RPG contemporaneo.

LUMINARIA!

Come anticipato, il sistema di battaglia è praticamente una versione evoluta dell’active time battle system di Chrono Trigger, dove al riempimento di una barra corrisponde il susseguirsi dei turni di battaglia di protagonisti e mostruosi avversari.

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il livello di sfida si mantiene tutto sommato basso

In I Am Setsuna il tutto è condito da un sistema di punti che vengono inizialmente sommati attendendo in battaglia e focalizzando le energie dei guerrieri protagonisti. Questi possono poi essere utilizzati per attivare degli effetti speciali legati a ogni singola azione, mediante un esercizio di tempismo che ricorda un po’ il “grilletto” del Gauntlet di Squall in Final Fantasy VIII. Dallo sferrare un fortissimo colpo in direzione degli avversari con risultati inattesi al curare i compagni di squadra con bonus addizionali, l’utilizzo oculato di queste abilità bonus, unito allo sfruttamento di un complesso sistema di gemme dalle proprietà differenti similmente alla magicite di Final Fantasy VI o alla materia di Final Fantasy VII, rappresenta una caratteristica fondamentale per riuscire ad uscire indenni dagli scontri nelle fasi avanzate di gioco.

In realtà il livello di sfida si mantiene tutto sommato basso, specie se ci si cura di cogliere gli avversari alle spalle, essendo questi visibili sulla mappa, ma di fatto le schermaglie con i boss rappresentano i test più importanti da superare quando si tratta di dimostrare di aver compreso le logiche che definiscono l’equilibrio di abilità passive, tecniche di combattimento e addirittura mosse che combinano la potenza di due o tre personaggi contemporaneamente (chi ha detto, ancora, Chrono Trigger?). L’unico neo di un sistema di scontri così complesso, eppure tranquillamente approcciabile anche dal neofita, è paradossalmente definito da una generale penuria di contenuti extra e sfide al di fuori della storia principale, oltretutto accessibili solamente poco prima della fase conclusiva della storia quando il mondo si dischiude di fronte alla comparsa di una nave volante: belli i tempi dei J-RPG con le world map, eh?

Se questo sfoggio di elementi classici dovesse spingervi alla lacrimuccia nostalgica, è doveroso segnalare che il sistema di crescita del party è ancora una volta legato all’accrescimento di livelli di potenza, ma questi vanno a modificare solo parametri come HP, MP e pietre magiche equipaggiabili, lasciando le restanti statistiche alla mercé di armi acquistabili presso gli armaioli o rintracciabili nei tipici scrigni disseminati qua e là. Insomma, scordatevi di poter “grindare” per avanzare nella storia. Curiosamente sono del tutto assenti le locande, ma anche in tal senso “tende” e “cottage” ricorderanno ai fan di Crono e Final Fantasy come ci si riposava tempo addietro in alcuni J-RPG dell’epoca.

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il sistema di crescita del party è legato all’accrescimento di livelli di potenza

Da un certo punto di vista, il già citato J-RPG del 1995 illustrato da Akira Toriyama, con il suo carico di segreti, cose da fare e scoprire e la sua struttura narrativa non lineare, fa tuttora impallidire la produzione di Tokyo RPG Factory, ma sarebbe comunque ingiusto paragonare un titolo AAA dell’epoca a una produzione low budget di oggi, oltretutto mirata a una fetta di pubblico di appassionati che non chiedono altro che rivivere la propria infanzia tramite personaggi super deformed e baloon testuali in cui scoprire le loro storie, dando per scontato di conoscere la lingua inglese, ovviamente. Inoltre la relativa mancanza di ambizione del progetto non ne ha comunque intaccato il valore artistico.

Seppur palesemente caratterizzato da valori di produzione medio-bassi, lo staff creativo di I Am Setsuna ha garantito la nascita di un mondo mosso dal motore Unity in grado di farsi apprezzare nelle sue semplici geometrie poligonali, soprattutto per merito di una buona direzione artistica in cui il rosso dei capelli di Setsuna e la perenne presenza di toni freddi e asettici, tipici dei paesaggi innevati del suo mondo, si fondono e si scontrano, in un yin e yang fatto di vita e di morte che riprende proprio le tematiche del titolo. Di grande atmosfera, invece, l’accompagnamento musicale ad opera di Tomoki Miyoshi che, con la musica pacata e discreta di un pianoforte, accompagna l’intera avventura. Un esercizio di stile che non mancherà di commuovere i giocatori più sensibili.

I Am Setsuna è la “piccola” opera prima di Tokyo RPG Factory, un team interno di Square Enix che nasce per riportare in auge il classico genere dei cari J-RPG di una volta. Al di là di una storia e di un cast di protagonisti non particolarmente memorabili, l’atmosfera che ho respirato nelle 20 e rotte ore di gioco mi ha convinto a ritenerlo un prodotto consigliabile, soprattutto ai giocatori più attempati e in cerca di omaggi al genere videoludico popolarissimo nei primi anni ’90. La bontà del sistema di combattimento e la commistione di modernità e classicismo riescono a tenere alto l’interesse fino alla fine del viaggio di Setsuna e co.. Senza ombra di dubbio una dose di coraggio maggiore da parte dello staff creativo e una sceneggiatura più incisiva avrebbero potuto rendere I Am Setsuna un prodotto memorabile. E no, Bravely Default è ben altra cosa.

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Pro

  • Sistema di combattimento evoluzione dell’ATB tradizionale.
  • Si respira una favolosa atmosfera nostalgica.
  • Seppur ridotto, il mondo esplorabile offre una buona dose di avventure.
  • Accompagnamento musicale adattissimo e di gran classe.

Contro

  • Personaggi un po’ insipidi e storia forzatamente drammatica.
  • Mancano mini giochi ed extra che avrebbero potuto condire meglio la produzione.
  • Dura relativamente poco e non è rigiocabile.
  • Difficilmente consigliabile ad un neofita di oggi affascinato dalla regia e dai valori di produzione degli esponenti del genere odierni.
7.5

Buono

C'è chi dice che nella sua stanzetta, dietro una mole spaventosa di fumetti d'epoca giapponesi, si celino misteri infiniti. Da sempre appassionato di videogame made in Japan e delle opere animate di Kunihiko Ikuhara, dategli un qualsiasi J-RPG e lo renderete un orsetto felice.

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