Impact Winter - Recensione

PC PS4 Xbox One

Questa recensione ha avuto una storia travagliata, quasi quanto il gioco che è andata ad analizzare. Per la verità, l’idea di Impact Winter è stata accolta benissimo un po’ da tutti, e anche TGM ha lasciato aperte le porte a qualsiasi esito in sede di anteprima, nonostante le giuste preoccupazioni per i tanti problemi tecnici irrisolti a poche settimane dall’uscita. La base è quella di un survival di matrice gestionale non così lontano dalla struttura di This War of Mine, ma con diverse caratteristiche distintive che coinvolgono meccaniche e background, in una plumblea glaciazione provocata dall’impatto di un asteroide.

Purtroppo, l’uscita è stata complicata da una serie di problemi (demandati alla patch del day one) alquanto pesanti e che abbiamo in parte già descritto; a quel punto abbiamo pensato di soprassedere qualche giorno, mentre le terribili recensioni degli utenti (su Steam, e ancora peggio su Metacritic) iniziavano a buttare bile su un titolo non brutto né tanto meno mal pensato, ma irreparabilmente maldestro nel proporsi all’utenza PC, oltre che nel limare le sbavature creando nuovi problemi. La grandissima parte della stampa ha fatto la nostra stessa scelta, tranne uno sparuto gruppetto miracolosamente in grado di dire la propria il giorno della pubblicazione (ehm). A questo punto, però, l’Impact Winter che avremmo voluto, sembra non arrivare mai.

IL FOCOLARE NELLA CHIESA

Parto volentieri dagli aspetti positivi, intorno al vivace concept: come accennato, al di là della libera inquadratura tridimensionale, Impact Winter ricorda This War of Mine nell’intrigante mix di gestione del gruppo, eventi dinamici nelle relazioni tra i sopravvissuti ed escursioni all’esterno in cerca di risorse, ambito in cui il gioco sviluppato da Mojo Bones (sotto l’ala protettrice di Bandai Namco, stavolta un po’ distratta) prende una direzione quasi da survival open world. Fuori dal rifugio-HUB possiamo costruire ripari secondari con fuochi e tenda, posizionare segnalatori e ovviamente rovistare dentro edifici, macchine e strutture varie, alla ricerca di qualsiasi oggetto possa tornarci utile, dai generi di prima necessità (acqua, cibo, medicine) a tutti i pezzi necessari per il crafting, con creazioni che si moltiplicano insieme alle quest dei compagni. Le principali soluzioni per “tenere botta” sono così in mano a noi, responsabili delle razioni e delle mansioni del gruppo, ma anche ai sopravvissuti che ci affiancano e possono aiutarci, rispettivamente, nella capacità ci preparare cibo e curarci (Wendy), nel costruire trappole e cacciare animali (Blane), nel lavorare su armi e tecnologie di base (Maggie) o nell’affidarsi alle più avanzate funzioni del drone Ako-Light (Christopher) potenziandone le varie facoltà, tra cui quelle di bucare o fondere le coltri di ghiaccio.

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Le dinamiche di relazione sono l’aspetto più riuscito

Scopriremo sulla nostra pelle l’estrema difficoltà nel mantenere tutti quanti felici e in salute, tanto da dover prima o poi privilegiare una delle strategie suddette o rischiare letteralmente di perire, con il ritorno all’ultimo salvataggio “praticabile” (nemmeno molto, come vi racconto tra un po’) alla morte del protagonista Jacob. La fine non arriva per i cinque parametri di energia, freddo, fame, sete e morale, ma con l’esaurimento di un ulteriore fattore che viene influenzato da tutti gli altri, comprese malattie, ferite e infortuni, e può diventare irrimediabile nel giro di pochi “giorni” di stenti (ogni minuto corrisponde grossomodo a un’ora nel gioco).

Le dinamiche di relazione sono l’aspetto più riuscito, grazie all’intrecciarsi di compiti e malcontenti: i sopravvissuti ci propongono eventi dinamici che li riguardano e ne influenzano salute e morale, possono litigare sulla strategia di sopravvivenza o addirittura cadere in depressione e scappare dal rifugio, con un countdown che si attiva nel disperato tentativo di riportarli a casa. La loro morte può portare a conseguenze pratiche pesanti (spariscono intere categorie di crafting, magari per riparazioni, trappole, lockpit o esplosivi) e farsi sentire anche sullo stato d’animo dei compagni, sempre più propensi a pensare che il proprio aiuto sia più indispensabile di quello degli altri, distrutti dalla fatica o dalle nostre decisioni. Fra queste c’è anche l’assegnazione dei “ruoli”, ovvero una serie di bonus-malus che sblocchiamo con l’avanzare dei livelli e possiamo affibbiare ai compagni, spesso per guadagnare in un attributo (capacità di crafting, ad esempio, o procacciare cibo andando a caccia) a discapito di altri (il riposo, o il rischio di ferirsi).

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i controlli e il sistema di salvataggio meritano di essere messi in particolare rilievo tra le note negative

A rafforzare quello che, a livello di immagine, sembra il dipinto di un perfetto survival “stilisticamente” indie (l’avverbio è importantissimo, in questo caso), c’è anche uno stile espressivo essenziale ma bello da vedere, dominato da colori accesi e sfumature simil-acquerello che contrastano efficacemente con la colonna sonora di carpenteriana memoria (da La Cosa, naturalmente). Mi hanno convinto un po’ meno lo scopo finale e, soprattutto, il sistema per far avanzare l’avventura: l’obiettivo è aspettare 30 giorni per l’arrivo degli aiuti, un lasso di tempo che può essere misteriosamente accorciato non solo da azioni coerenti, come il potenziamento dei segnali radio, ma anche da aiuti a “nomadi” (ulteriori missioni secondarie, spesso di matrice collezionistica) e a PGN vari che non hanno alcun relazione diretta con i soccorsi. Il che, intendiamoci, dona ulteriore varietà a tutto il teatrino della sopravvivenza, ma suona meno verosimile rispetto a tanti altri aspetti di Impact Winter.

UNA LOTTA PER USCIRNE VIVI

Prima di entrare nel merito di imprecisioni e bug assortiti, comunque influenti sulla valutazione finale, credo che i controlli e il sistema di salvataggio meritino di essere messi in particolare rilievo tra le note negative. Nel primo caso, trovo comprensibile (seppur sovradimensionata, come sempre) la rabbia di alcuni utenti per un gioco che parla il linguaggio ludico dei gestionali su PC e si è presentato del tutto inutilizzabile con mouse e tastiera, a meno di non voler impazzire con un’illogica mappatura, funzioni mancanti e un controllo della direzione addirittura incomprensibile; il peggio è rientrato (senza punta e clicca, però) e fin dall’inizio Impact Winter era fruibile via joypad, ma anche qui è impossibile non notare la macchinosità dell’interfaccia e la colpevole mancanza di tanti dettagli, come un modo per evidenziare gli oggetti utili al crafting se non in casi specifici (quelli delle missioni principali, che restano pure erroneamente segnalati dopo il completamento). La scelta di un unico salvataggio, invece, automaticamente sovrascritto nei momenti di sonno o azioni importanti, anche (letteralmente, ho pure un video) due secondi prima di morire, dovrebbe sempre essere legato a un impianto tecnicamente perfetto, capace di tenerti ben al sicuro da una sconfitta antisportiva. Ricordate i salvataggi di Dark Souls con Games for Windows? Ecco.

È un vero peccato che ci siano così tanti problemi, considerate le tante e libere possibilità che pervadono Impact Winter

Questo mi ha fatto addirittura impazzire prima dell’ultima patch, con un’irrisolvibile compenetrazione poligonale in una partita e la sparizione delle quest principali in un’altra, e solo per sommi capi i problemi possono dirsi risolti: in caso di compenetrazione poligonale si può uscire dal gioco e rientrare davanti al rifugio, ma così facendo ho involontariamente saltato un’intera sfida e guadagnato comunque tutti i premi del caso, tornando a casa dopo che una tempesta di neve mi aveva lasciato disperso e privo di risorse. Alcune quest continuano a sparire, anche se solo secondarie (almeno, per me è stato così), e il quadro è già sufficientemente gonfio di problemi da non dover aggiungere altro, ad esempio su compagni che sono contemporaneamente a letto malati e in officina a lavorare, e altre amenità magari non “game-breaker” ma comunque gravi.

Complessivamente è un vero peccato, considerate le tante e libere possibilità che pervadono Impact Winter, con la sua atmosfera da rigorosa sopravvivenza e le tante frecce al suo arco in termini di approfondimento. Sarò molto felice in caso di tardivi e drastici aggiustamenti, ma temo che la frittata sia fatta.

Impact Winter non riesce a uscire da un’acerbità tecnica che lo condiziona in ogni aspetto, e ne limita irrimediabilmente le potenzialità. L’intreccio di relazioni personali, crafting e trovate tecnologiche muove l’impianto survival in una direzione spesso riuscita e distintiva, nonostante le affinità con This War of Mine (ottimo modello, comunque), ma i tanti bug che rimangono, la minor cura sui comandi PC e persino alcune scelte progettuali, come quella dell’unico salvataggio, remano contro Impact Winter, fino a tenerlo fermo nel limbo dei giochi potenzialmente stupendi ma incompiuti. La sufficienza è indicativa dello stato attuale, naturalmente, e in cuor mio spero ancora in un miglioramento che, in caso, non mancherò di segnalarvi.

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Pro

  • Libero e pieno di possibilità.
  • Ottimo approfondimento nel rapporto fra i personaggi.
  • Piacevole stile grafico, al netto di ambientazioni interne spesso ripetute.

Contro

  • Ancora infarcito di problemi tecnici.
  • Sistema di salvataggio "irragionevole", almeno in questo caso.
  • Pessimi comandi PC, cosa particolarmente grave in un gestionale.
6.5

Sufficiente

Marietto è così dentro alla sci-fi che non riesce a trovare la strada per uscirne. Per lui i videogiochi sono proprio questo, una porta per accedere a un pezzo di fantascienza che si realizza qui e ora, senza aspettare la fine del mondo.

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