Syberia 3 - Recensione

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Si può essere traditi da un videogioco? È la domanda che mi sono chiesto quando ho completato il terzo capitolo del viaggio di Kate Walker nell’affascinante Siberia vista attraverso la visionaria mente di Benoit Sokal, il fumettista belga che all’inizio degli anni 2000 ha contribuito a trasformare le avventure grafiche in qualcosa di diverso, moderno, efficace. La sua lezione è servita a riportare in auge un genere che sembrava appartenere al passato e che, oggi, vive un momento di ritrovato splendore. I due Syberia sono un simbolo di stile, sensibilità e ricercatezza; come un film di Wes Anderson, ci hanno insegnato che attraverso la bellezza si può raccontare qualsiasi cosa e affrontare anche temi importanti. Per questo motivo, leggendo i titoli di coda di Syberia 3, mi sono sentito tradito, illuso e terribilmente demoralizzato. Il ritorno di Kate Walker non è amaro perché sbagliato, ma perché illude, seduce, si fa anche amare per qualche ora, ma poi dimentica di essere se stesso, perde pezzi per strada e – cosa più grave – se ne va come se non fosse mai arrivato.

ESCALATION DI UN SOGNO

L’illusione nasce dal fatto che Syberia 3 ha teoricamente tutti gli elementi al posto giusto: l’atmosfera delle gelide lande dell’est è rimasta intonsa e Kate Walker è in forma smagliante come non mai, segno che gli anni passano, ma che il ghiaccio in cui è rimasta ibernata per tredici anni si è rivelato un ottimo trattamento anti-aging. Scherzi a parte, nonostante il budget ridotto Microïds e Benoit Sokal non hanno fatto un brutto lavoro nella transizione dagli sfondi pre-renderizzati al 3D in tempo reale. Certo, la qualità dei modelli e delle texture è quella di un titolo di qualche anno fa, e, purtroppo, le animazioni sono generalmente legnose, lontane dalle eccellenze del motion capture; tutto sommato però, soprattutto negli ambienti interni, la mano di Sokal si vede tutta e il colpo d’occhio resta comunque pregevole.

I primi momenti dell’avventura sono agrodolci, perché se è pur vero che il doppiaggio va spesso fuori sync e che le voci non sono sempre ispirate, il nuovo sistema di controllo con pad o mouse e tastiera funziona bene e introduce una nuova dimensione agli enigmi, ovvero la necessità di ruotare la camera e manipolare gli oggetti, un po’ come accade nella nuova saga di Sherlock Holmes. Insomma, Syberia 3 si avvicina alle avventure di nuova generazione prendendo elementi da altre produzioni, ma lo fa con garbo, provando a mantenere fede alla propria identità.

syberia 3 recensione

Il nuovo sistema di controllo con pad o mouse e tastiera funziona bene e introduce una nuova dimensione agli enigmi

L’incipit funziona bene e si capisce immediatamente che si tratta della continuazione naturale del viaggio dei primi due episodi (quindi no, non ha senso iniziare la saga da questo capitolo), laddove ritroviamo i simpatici Youkol, che saranno protagonisti del viaggio verso una terra promessa, ma soprattutto un mondo sospeso tra tradizione e modernità. Nelle prime due ore si fa la conoscenza di una serie di personaggi al solito unici, dai tratti grotteschi, che portano alla luce una scrittura marcatamente meno intima e più sociale e politica. In questo, le premesse del racconto sono estremamente moderne, e devo ammettere di essere fuggito dalla clinica-prigione dove si sveglia Kate con grandi aspettative, nonché preso relativamente bene dall’impostazione narrativa. La consueta alternanza di enigmi (mai troppo complessi, ma neanche troppo banali) mi ha portato fino all’esplosione vera e propria della vicenda, ovvero nella città di Valsembor, dove c’è spazio per il fan service, la nostalgia, e finanche dei fantasmi del passato di Kate. La carne sul fuoco diventa tanta, dunque, ma è purtroppo qui che la brace inizia a surriscaldarsi troppo.

SOGNI INFRANTI

Arrivati nella città siberiana, intanto, l’impalcatura tecnica inizia a crollare miseramente. All’allargarsi degli ambienti, infatti, corrispondono alcuni fenomeni non esattamente piacevoli: il frame rate cala inspiegabilmente, indipendentemente dalla configurazione e dalle impostazioni scelte (che sono solo tre, generiche); gli spazi diventano cronicamente vuoti e privi di interazione; soprattutto, si nota un approccio tendenzialmente sbagliato al 3D in tempo reale. È come se, uscita dagli spazi stretti, Microïds avesse gestito il mondo di gioco esattamente come nel passato, trattando gli elementi tridimensionali come sfondi fissi e, soprattutto, ignorando il cambiamento del sistema di controllo. Per questa ragione, ogni scorcio è un’area a sé, con tanto di asse di movimento tarato relativamente alla telecamera.

Il cambiamento furioso delle inquadrature, che per quanto cinematograficamente ispirato è fin troppo pieno di scavalcamenti di campi e raccordi fallaci, costringe il giocatore a dover rimappare mentalmente lo spazio a ogni passaggio, con il risultato di essere sovente disorientati. Se a questo aggiungiamo che le animazioni della povera Kate iniziano a fare bizze, ci ritroviamo con una protagonista che si blocca in alcuni punti della mappa o si rifiuta di salire le scale. Tutte cose che si possono perdonare e a cui si può fare l’abitudine, ma sospensione di incredulità e pazienza sono messe a durissima prova, anche e soprattutto quando per errore o per confusione si finisce per andare dal lato sbagliato e bisogna aspettare il caricamento di una nuova area per tornare indietro.

syberia 3 recensioneOgni qualvolta si arriva in uno spazio più o meno esteso, partono una serie di compiti in stile tergicristallo, che ci costringono ad andare avanti e indietro in maniera a volte quasi truffaldina: ogni cosa va fatta in un ordine prestabilito, e fin troppo spesso la risoluzione degli enigmi si basa su scelte ambigue, più che su ragionamenti logici. Ad esempio, in un’occasione sono rimasto bloccato perché la telecamera apparentemente fissa celava un punto di interazione, mentre in un’altra occasione il problema era che nonostante la soluzione fosse evidente e non ci fosse motivo alcuno per impedirmi di effettuare l’azione ovunque nella zona, ho dovuto trovare un punto preciso della mappa.

Ogni cosa va fatta in un ordine prestabilito, e fin troppo spesso la risoluzione degli enigmi si basa su scelte ambigue, più che su ragionamenti logici

L’affidarsi a una sorta di moderno pixel hunting e, in generale, il ridurre il numero degli enigmi logici a favore di quelli di mero checklist gameplay è una caduta di stile che da Syberia 3 non mi sarei aspettato, mentre totalmente censurabili sono i momenti in cui sono stato costretto al caricamento della partita a causa di bug che mi impedivano il completamento dell’azione: una volta il gioco si “è dimenticato” di mostrarmi un’icona; in un altro caso, semplicemente, il fallimento di un’azione ha bloccato l’uso del pad. All’appello mancano bug minori come compenetrazioni poligonali, Kate che cammina per la mappa ignorando gli ostacoli o che addirittura finisce in zone morte dello schermo, ma sono tutte cose che, per fortuna, sono diminuite dopo la patch day one, e che in ogni caso non inficiano troppo la godibilità. Sotto il profilo tecnico, dunque, Syberia 3 sulla lunga diventa un mezzo disastro, e finisce per aggrapparsi strenuamente alla sua identità, alla nostalgia e alla tradizione.

IL BRUSCO RISVEGLIO

Le musiche meravigliose di Inon Zur, un sistema di dialoghi tutto sommato ispirato (quasi di matrice Telltale) e la speranza di un happy ending del viaggio di Kate Walker fanno comunque battere il cuore fino alla parte finale, e nonostante qualche drammatico momento di stanca, alcuni scorci si fanno amare, la trama continua a promettere una risoluzione significativa e la curiosità di scoprire quale possa essere il futuro di Kate tiene banco fino all’ultima parte dell’avventura (che dura 10/12 ore, se ve la prendete comoda). Sul finale si alternano momenti davvero ispirati – che esaltano il tema politico e sociale dell’opera – e drammatiche cadute di stile, come uno spiacevole autocitazionismo abbastanza becero, che inizia a suggerire un’amara chiave di interpretazione. Questa diventa un’amara certezza alla luce della tremenda parte ultima, epilogo incluso, ovvero che le cose migliori di Syberia appartengono al passato e risiedono in quell’aura magica che l’opera di Benoit Sokal è riuscita a evocare nei primi due capitoli. Tutte le premesse narrative di questo terzo episodio, infatti, vengono spazzate via dall’uso di cliché abbastanza banali, il senso di minaccia si volatilizza e i cattivi di turno restano delle figurine sullo sfondo, buone solo come segnaposto narrativo.

Kate Walker sembra l’unico personaggio ragionevole su un palcoscenico di pessimi attori

Non c’è nulla che approfondisca le motivazioni dei personaggi secondari e degli antagonisti; gli stessi Youkol sembrano la parodia di se stessi ed è a dir poco snervante la discrepanza tra la profondità del messaggio suggerito e quello che accade sullo schermo. A un certo punto Kate Walker sembra l’unico personaggio ragionevole su un palcoscenico di pessimi attori, e la cosa che fa più male è che tutte le aspettative vengono decisamente disattese da un epilogo che ha l’unico effetto di far infuriare. Quindi sì, si può essere traditi da un videogioco, quando finge di essere qualcosa di nuovo per poi rifugiarsi in un vuoto riflesso di se stesso.

Avrei potuto serenamente perdonare la frittata tecnica e le goffe e claudicanti animazioni, se la voglia di rinnovarsi di Syberia 3 fosse stata autentica, e non solo lo specchietto per le allodole per invogliare a imbarcarsi in un viaggio che avrebbe dovuto essere il completamento di quello iniziato nel 2002, ma che invece ne costituisce solo un episodio a tratti piacevole, ma mai davvero significativo. Il terzo capitolo della saga di Microïds costruisce benissimo le sue premesse e riesce anche a ritrovare la magia dei tempi andati, ma finisce per sacrificare tutto sull’altare della nostalgia e dell’incapacità di completare un vero processo di ammodernamento. Il risultato finale è un ibrido che non sa cosa vuole essere e che forse sarebbe stato tollerabile nel 2009, quando è stato annunciato il gioco, ma che non può essere apprezzato fino e in fondo oggi, salvo un vero e proprio atto di fede. Peccato.

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Pro

  • L’intreccio parte bene...
  • È Syberia.
  • Musiche pregevoli.

Contro

  • ... ma sulla lunga diventa banale.
  • Tecnicamente insufficiente.
  • Tanti, troppi bug.
  • Enigmi non sempre ispirati.
  • Parte finale tremenda.
6.2

Sufficiente

Se serve un tuttofare il buon Mancini è l’uomo da chiamare. La nostra principessa fotografa, usa la videocamera come se fosse un’estensione naturale del corpo e monta video manco fosse in una catena di montaggio. Ah… e scrive anche. Insomma… il classico “bravo guaglione”.

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