Valentino Rossi The Game - Recensione

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I motori possono finalmente scaldarsi, visto che la stagione virtuale della MotoGP è pronta a partire. Di come Milestone abbia deciso di tingere di giallo l’edizione 2016 del suo titolo dedicato al Mondiale a due ruote ve ne abbiamo già parlato in occasione del primo hands on in Qatar e dell’ultimo a Milano. Insomma, di Valentino Rossi The Game sapete già tante cose: è, in termini quantitativi, il gioco dedicato alla MotoGP più grande della storia dell’IP e mette in scena ben 20 anni di Motomondiale; non si limita solo alle moto, visto che è possibile guidare una Ford Mustang per le gare di drift e una Ford Fiesta WRC nel suggestivo e particolarissimo Rally di Monza; di moto, poi, non ci sono quelle del Mondiale, visto che si può saltare in sella alle fantastiche due ruote da flat track e alla potente superbike stradale Yamaha R1M. Quello che solo ai più disattenti può sembrare uno strano fritto misto motoristico, però, in realtà è semplicemente il racconto del variegato e profondo legame di Valentino Rossi col mondo dei motori: un rapporto inscindibile che racconta passato, presente e futuro di una storia emozionante che ha cambiato radicalmente il motorsport.

PRESENTE

Partiamo a razzo su quello che ci interessa di più: come si guida in Valentino Rossi The Game? Perché la mole di contenuti gargantuesca va benissimo, ma il verdetto lo dà sempre la pista, e il titolo Milestone in prova, sembrava stare lì in piega in uscita di curva tra una pennellata e il controllo al limite. Diciamo, intanto, che i progressi della fisica per quanto concerne il controllo delle sospensioni si confermano anche nella versione finale e, in generale, si guida molto meglio che in passato, grazie a una reattività maggiore delle moto nei cambi di direzione e una conduzione della curva più convincente. Il motivo del miglioramento sta anche nella scelta, a mio modo di vedere comprensibilissima, di rendere il modello fisico per certi versi più tollerante nei confronti dei piccoli contatti, dei recuperi in traversone e, in generale, più incline a essere spettacolare. Non si tratta di una concessione all’arcade, perché in realtà con la fisica PRO il gioco è bello tosto e impegnativo, quanto una logica che punta a bilanciare l’impossibilità di replicare il controllo della moto avendo solo un pad a disposizione. In questo senso, per esempio, è eclatante la liberazione del rewind da qualunque limite.

Rispetto al passato le moto sono leggermente più dolci ed è una cosa che torna utile sia ai meno esperti – e considerando il nome sulla copertina, l’idea che ci siano tanti newcomer è abbastanza plausibile – sia a chi vuole spingere giù pesante ai livelli di difficoltà più alti. È un po’ quello che la software house meneghina ha fatto anche con MXGP2: cercare un gameplay che punti soprattutto alla fluidità e al senso di velocità, e che permetta a tutti di divertirsi in base alle proprie esigenze. La missione mi sembra compiuta brillantemente, perché mai come quest’anno in pista se ne vedono delle belle e, soprattutto, non avevo mai avuto un feeling con la moto così chiaro. Adesso effettivamente diventa importante il setup, ed è bello sperimentare settaggi, mescole di pneumatici e cercare il proprio stile di guida. Ottima anche la caratterizzazione delle singole moto, con una Ducati, per esempio, che è nettamente più nervosa di una Yamaha, ma anche più veloce. A patto di avere chiaro in mente come Valentino Rossi The Game sia un simcade (e a patto di gradire la scelta di Milestone in termini di concessioni alla fisica), mi sento di dire che siamo di fronte a un modello che dà soddisfazione. Fa leva sulla ruffianeria e sul farci sentire dei centauri provetti? Certo, ma anche grazie a questo riesce a divertire davvero tanto.

valentino rossi the game recensione pc ps4 xbox oneUn buon modello di guida, però, Milestone lo aveva anche gli anni scorsi, ma era un po’ reso monco da un’Intelligenza Artificiale che alternava cose egregie a momenti da paracarro cronico. Anche da questo punto di vista la situazione è migliorata un po’, per quanto non del tutto: diciamo che intanto gli avversari corrono e di brutto, e c’è uno scalino pazzesco tra il livello medio e difficile, una roba di tre o quattro secondi al giro su passo gara. Al netto di ciò, proprio ai livelli più alti l’IA fa dei tempi di tutto rispetto, tanto che se settata su “Realistica” riesce a girare anche un secondo sotto i tempi reali di quest’anno, e prenderli è abbastanza dura. Certo, i nostri margini di miglioramento sono molto ampi, e data anche il modello di guida che favorisce l’aggressività probabilmente col tempo si possono fare dei tempi fuori di testa, però l’idea che finalmente la CPU si tiri i giri da panico fa molto piacere.

Quello che solo ai più disattenti può sembrare uno strano fritto misto motoristico, in realtà è semplicemente il racconto del variegato e profondo legame di Valentino Rossi col mondo dei motori

Ciò che resta un problema è la condotta in bagarre, dove i piloti avversari si innamorano troppo della traiettoria ideale e, soprattutto nei curvoni veloci, si lasciano infilare con troppa semplicità. Questo è uno dei tanti limiti che, per quanto ben mascherati da Milestone, sono comunque stati ereditati dai vecchi MotoGP: una gestione dei contatti e delle cadute rivedibili e, in generale, la solita spada di Damocle di un motore grafico che ha fatto il suo tempo. Anche da questo punto di vista, però, è apprezzabile il tentativo dei nostri connazionali di rendere il gioco più bello da vedere lavorando su una fotografia più vivace e per certi versi anche sporca, dai contrasti più marcati e dai colori vivaci. Analogamente, la drawing distance è aumentata e, per quanto il caricamento delle texture a volte non sia perfetto, il mondo di gioco sembra più verosimile. In questo modo, tra l’altro, le differenze tra la bellezza e il dettaglio di moto e piloti nei confronti del resto sembra più contenuto di quanto non sia in realtà. Per chiudere il capitolo del presente non mi resta che parlare del Rally di Monza, la modalità extra migliore del lotto: complice l’eredità dell’esperienza Seba Loeb, veleggiare tra le strettoie ricavate nell’autodromo di Monza è una gran figata. Certo, si corre sempre e solo contro Vale e i ragazzi dell’Academy, ma il potenziale multiplayer per le sfide in Rally Show è altissimo.

PASSATO

Lo confesso, io tifo Ducati. In passato tenevo per Biaggi, ma devo a Valentino una delle prime nottate in bianco dedicate al Motomondiale. Vale era in 125cc, e quella classe mi ha sempre fatto impazzire. Erano gli anni degli italiani che sfidavano i giapponesi, con gli spagnoli che non facevano ancora così paura; io ero poco più di un bambino e mi sentivo fortissimo perché mi svegliavo prima dell’alba per seguire le gesta di un giovanissimo Rossifumi e dell’idolo Biaggi. Inutile dire che ritrovarmi a rivivere quei momenti adesso, saltare in sella a quelle moto lì e lottare in pista con loro è davvero tanta roba. Se la modalità scenario di MotoGP è sempre stata una gran cosa, qui è qualcosa di indescrivibile avere la possibilità di rivivere quegli istanti appena dopo aver sentito il racconto, emozionato, di Valentino: il nostro connazionale ci descrive la situazione muovendo le mani quasi a mimare il suo comportamento in pista, segno che lui, quando c’è da correre anche con la mente, è sempre pronto a dare tutto se stesso.

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Milestone ha trovato una maniera spettacolare di raccontare lo sport

E insomma… ancora più che in Sébastien Loeb Rally Evo, Milestone ha trovato una maniera spettacolare di raccontare lo sport. È qualcosa che ha un che di sacrale, che riesce a tenere in equilibrio la realtà e la finzione, e ci consegna le chiavi della storia. Purtroppo si limita “solo” a una ventina di episodi, ma in fondo, fosse stato anche solo così, il gioco avrebbe avuto comunque senso, perché passare in rassegna gli ultimi due decenni del Motomondiale giocando gli scenari più suggestivi è davvero esaltante. In pista, tra l’altro, passare da una classe all’altro è spettacolare, e apprezzare la differenze tra 125cc, 250cc e la doppia versione della 500 è pura gioia, nonché la prima indiscutibile prova che il lavoro di ricostruzione di Milestone funziona anche in pista. A latere, è possibile guidare i bolidi del passato anche in gare veloci, e la magia non si arresta. Buon segno. Nel capitolo del passato ci metto, poi, anche il Drift, perché rappresenta la scuola di papà Rossi, che rappresenta il divertissement del gioco, con un modello di guida caciarone che rispetta pienamente il concetto di Ford Mustang.

FUTURO

Il futuro, in Valentino Rossi The Game, è rappresentato dalla carriera e dalla VR 46 Driver Academy, la chioccia che protegge e fa crescere i giovani fenomeni che tanto stanno facendo nelle tre categorie del mondiale. Paradossalmente, nel computo totale dell’esperienza mi sarei aspettato di più proprio dalla carriera. Non c’è nulla di meno della normale evoluzione a cui ci ha abituato la modalità nel corso degli ultimi anni, con le prestazioni a incidere sui contratti che, di stagione in stagione, ci vengono offerti; è tuttavia vero che la forza narrativa è fin troppo sbilanciata sulla vita in Academy e agli eventi collaterali. Certo, questo riesce a dare una cornice unitaria alle differenti discipline presenti nel gioco, ma c’è quasi più enfasi nel sottolineare che corriamo con Vale l’Enduranch (la gara di flat track che conclude la stagione) che nel celebrare un Mondiale: questo fatto, onestamente, limita un po’ il coinvolgimento della carriera e il senso di progressione.

Conquistarsi col sudore in pista i team migliori dà la sua soddisfazione, ma si sente la mancanza della possibilità di fondare un proprio team. Il senso di protagonismo doveva essere sostituito dal sistema di abilità che, in effetti, dà una certa profondità all’evoluzione del nostro rider, ma il punto è che non è possibile impostare una linea di sviluppo durante la carriera. In parole povere, l’avatar cresce solo in base alle nostre prestazioni e non possiamo puntare a migliorare una sola caratterista secondo una strategia precisa, salvo utilizzarlo fuori dalla carriera e “farmare” in una determinata disciplina. Difetti di poco conto, questi, che non limitano certo la godibilità dell’intera esperienza del VR 46 World, il quale resta comunque un modo assolutamente originale di raccontare attraverso il gameplay l’universo legato alla figura di Valentino Rossi.

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Nella carriera si sente la mancanza della possibilità di fondare un proprio team

Tra tutte le modalità accessorie, spendo un paio di parole per il flat track, che, insieme al Rally di Monza, costituisce un ottimo diversivo al gameplay standard: i traversoni sono uno spasso e, ammesso di disattivare tutti gli aiuti, le gare sul brecciolino sono il festival dei sorpassi. Nel complesso, dunque, Valentino Rossi The Game riesce a cogliere gli aspetti migliori delle ultime produzioni Milestone, per creare un titolo motoristico a tutto tondo, capace di sfruttare in maniera intelligente la doppia prestigiosa licenza. Il futuro di Milestone deve partire da qui, dalla capacità di raccontare il motorsport in maniera non banale, pur passando da una disciplina all’altra. Quello che serve, adesso, è il definitivo salto di qualità a livello tecnico.

VRTG è il miglior MotoGP della serie e conferma la crescita di Milestone, che ha fatto confluire nel gioco tutto il know-how degli ultimi episodi. Il risultato è un titolo pieno di cose da fare e, soprattutto, divertente da giocare. In pista il modello fisico convince, laddove una generale tolleranza nei confronti di lievi contatti e di situazioni al limite rappresenta un ottimo compromesso tra simulazione e arcade. Resta in ballo qualcuno dei limiti storici, ma è evidente lo sforzo di Milestone di limitarli o aggirarli, al fine di garantire un’esperienza più competitiva possibile.

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Pro

  • Tanti contenuti ben organizzati.
  • Modello di guida convincente.
  • Rossi Story esaltante.

Contro

  • Qualche “storico” limite ancora presente.
  • Carriera non profondissima.
8.5

Più che buono

Se serve un tuttofare il buon Mancini è l’uomo da chiamare. La nostra principessa fotografa, usa la videocamera come se fosse un’estensione naturale del corpo e monta video manco fosse in una catena di montaggio. Ah… e scrive anche. Insomma… il classico “bravo guaglione”.

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