Il ladro, una classe ibrida – Speciale

Il ladro, una classe ibrida – Speciale

Abbiamo qualche tempo fa visto due tipologie di personaggi tipiche dei giochi di ruolo cartacei. Due classi che, forti della loro particolarità, nella traduzione in videogioco possono ispirare soluzioni particolari, sia a livello narrativo che di interazione.
C’è n’è una che invece era presente già da molto tempo, ma che sto vedendo sempre meno: il ladro. Una delle classi più cool, non riesco a immaginare una campagna di gioco di ruolo dove nessuno la sceglie. Eppure nel gaming è sempre più difficile a trovarsi, specie da quando manca il gioco titolare della classe. Garrett, sei stato via per 10 anni e ora torni sotto un casco da VR?

ladro thief

Garrett è un tipo discreto, ma ha anche il senso del fashion, dai.

Non è che l’azione stealth sia venuta a mancare in assoluto, anzi, nei più disparati setting possiamo trovare personaggi coinvolti in occasionali azioni furtive. Però lo stealth è una meccanica che ha trovato poche evoluzioni nel tempo ed è subordinata a una grande verità universale: se arrivi dietro al nemico hai vinto. Se gli arrivi sopra, hai supervinto. In un gioco che permette lo stealth aggressivo, alla fine è sempre lì che andiamo.
Ne avevo accennato qualche tempo fa con lo speciale su Styx: a meno che non sei un nano o una guardia ben inscatolati in un’armatura a piastre, se si ti arriva alle spalle sei finito.

La base del genere stealth è che se arrivi alle spalle del nemico hai vinto

La figura del ladro è diventata quindi difficile a trovarsi nella sua forma più pura. Quella dove a giocare stealth sei proprio obbligato. Il motivo è che lo stealth rientra sia nella categoria di “gioco difficile”, sia in quella di “gioco che richiede pazienza”. Caratteristiche che mal si adattano alla continua semplificazione del gaming, in un po’ tutti i generi. Non può essere sufficiente nascondersi nell’erba alta per sparire, dai. In Metal Gear Solid 3 lo fai, vero, ma devi almeno avere la mimetica giusta.

Comunque, Thief è proprio svanito dalla scena per 10 anni per riproporsi solo allo scorso State of Play nella forma VR, che è un po’ una nicchia di gaming a sé, con tendenze proprie. E se non ce la fa IL LADRO per autonomasia a restare sulla bocca di tutti, come possono farcela gli studi che ne hanno seguito la scia? Che poi, chi è stato a seguirne gli insegnamenti per davvero?
Vi sono stati esperimenti in stile fantasy che indugiano molto sull’aspetto acrobatico. Per coinvolgere ancora il nostro amico Trine, nel trio c’è un’agile elfa che volteggia in giro come una libellula con il suo rampino. Su una linea simile si presenta Shadwen, stealth 3d che permette le tipiche azioni cool, sulla linea degli archetipi dei ninja.

Già, loro… molto spesso i giochi stealth premettono appunto la possibilità di assassinare brutalmente alle spalle un buon numero di avversari. Con una forza e un gusto del gore che, se immaginiamo di vedere la situazione dal punto di vista nemico, siamo noi il mostro.

ladro thief

Anche se gli Aragami non sono umani già in partenza, la teatralità rimane importante.

È appunto il caso dei giochi sui ninja, dove con arti marziali cattivissime e gadget che sono praticamente i prototipi dell’arsenale di Batman, ci facciamo largo verso il singolo bersaglio che ha la sfortuna di essere stato nominato. Obliterando chiunque si metta in mezzo. Tenchu e i suoi eredi come Aragami e Mark of the Ninja propongono una glorificazione del lato oscuro di questa figura evasiva, dove se si viene scoperti non è un gravissimo problema. Ci sono mezzi sia per levarsi d’impiccio in modo cool, sia per estrarre la lama e andare ai ferri corti. Situazioni sconsigliate, vero. Non interpretiamo il tipo di guerriero di Ninja Gaiden. Ma comunque parliamo di situazioni altamente recuperabili e in generale, il ninja è proprio una categoria a sé. Una figura che si è così consolidata nell’immaginario collettivo del gaming, che lo dobbiamo ormai distinguere in sotto-categorie. Il ninja classico alla Tenchu collocato in ispirazioni storiche, il ninja moderno che vive nell’ombra di clan segreti ai giorni nostri, finanche al cyberninja coniato da Grey Fox dove l’ipertecnologia incontra la katana. Dobbiamo ancora incontrarlo in una versione realistica in un non ancora nato Shogun Come: Deliverance. No, non è in sviluppo che io sappia, ma lasciatemi sognare.

In molti giochi stealth venire scoperti non è davvero un problema

Comunque, il ninja non è esattamente il tipo di figura che ruolavo nelle campagne di D&D, insomma. Al che mi sono posto la domanda, ma ci sono davvero videogiochi che hanno tentato di tradurre questa figura nella sua, diciamo, purezza? Un individuo incappucciato in taverna, seduto all’angolo, viso nascosto dalla penombra, a fumare e bere per i fatti suoi. Ma con occhi e orecchie tesi a captare le più interessanti soffiate. C’è qualcosa di simile? Temo che la risposta breve stavolta, sia semplicemente: no. O meglio, non più.

THIEF SIMULATOR E IL LADRO MODERNO

A meno di allargare un po’ le maglie. Teniamo da parte i setting non fantasy, altrimenti apriamo un vaso difficile da richiudere. Faccio solo una breve parentesi menzionando Thief Simulator della polacca Noble Muffins: trattasi di un simulatore di ladro professionista con il suo covo, il suo network di complici da cui comprare informazioni, rivendere la refurtiva e farsi suggerire i prossimi colpi. Il gioco vi chiederà di preparare l’equipaggiamento, fare ricognizione, scegliere attentamente cosa infilare nella borsa. Spesso non ci sarà il tempo di fare più giri tra il baule dell’auto e la l’abitazione attaccata.

la vera ricetta del genere stealth è l’obbligo di applicarlo

La cosa interessante qui è che il gioco non propone alcun tipo di possibilità offensiva, quindi niente che possa trarvi d’impaccio da un allarme. Vi è una rinuncia totale alla parentesi guerriera del personaggio, in modo da concentrare tutto in quella sottile. È qui che secondo me sta la vera ricetta che rende un gioco stealth tale: l’obbligo di applicarlo. 90% preparazione, 10% azione decisa senza tentennamenti, 0% improvvisazione. Se interviene quest’ultimo aspetto significa che abbiamo commesso un errore.

Niente di meglio di una bella passeggiata tra gli alberi quando si apre la stagione.

Quando la preparazione è tutto, i vari upgrade del personaggio si possono esprimere solo in questo campo. Binocoli per osservare più da distante, grimaldelli per aprire serrature sempre più elaborate, informatica per hackerare, con soltanto pochissime migliorie sul “campo” come passi più felpati e una maggiore sintonia con le ombre.

THIEF E IL LADRO FANTASY

E Thief faceva esattamente questo. Premesso che Deadly Shadows è tuttora un mostro molto più avanti dei suoi tempi, devo dire di non essermi trovato particolarmente ostile verso il reboot semplificato operato da Eidos Montreal nel 2009.
Non ce n’era bisogno, vero, perché il mondo di Thief era già fighissimo e ben si prestava a numerose variazioni, quindi sì, sono d’accordo che siamo nell’area dei reboot sprecati.

ladro thief

Thief esplora i classici archetipi dello steampunk vittoriano: eleganti ville si alternano a oscuri bassifondi.

Detto questo però, penso che sia un buon punto d’ingresso per il franchise, semplificato nelle meccaniche, ma senza esagerare nel tenere troppo il giocatore per mano. E soprattutto, senza cedere allo stealth facile dove arrivare da dietro a un nemico corrisponde sempre a una sottomissione veloce e automatica. Mmmmmnon è proprio così. Thief mette in chiaro che le guardie indossano spesso un’armatura mentre Garrett, per meglio operare nell’ombra, opta per leggeri, attillati abiti scuri e nessuna arma che possa appesantire. C’è una nutrita “cintura di Batman” con tutti i gadget del mestiere, tra grimaldelli, svitabulloni, tronchesi e piede di porco. C’è anche l’arco da utilizzare con una buona varietà di frecce, per appiccare incendi, per spegnere torce, per attaccare corde in giro e tanto altro. Oh, se proprio volete poi ci sono anche frecce normali, ma il punto a cui volevo arrivare è che Thief vorrebbe che pensaste laterale. La violenza non conviene e se doveste arrivare ai ferri corti la vostra arma di riferimento è un manganello. Contro spade e mazze chiodate. Vedete un po’ voi, insomma…

ladro thief

Garret dà il suo contributo alla società spegnendo fiamme libere. Per il pagamento poi si serve da solo.

La visuale in prima persona (al netto di alcuni momenti acrobatici) è poi perfetta nel modo in cui ha reso il body language di Garrett. Siamo palesemente nel corpo di un umano, ma atletico, leggero, dai movimenti soffusi. Lo vedremo appoggiare i palmi delle mani al muro anziché sbatterci contro, scivolare le dita sulle cornici dei quadri in cerca di pulsanti, accarezzare pile di libri scaffalati in cerca di quello che fa resistenza e che potrebbe nascondere un meccanismo. Anche l’utilizzo dei vari strumenti si svolge sempre in soggettiva, rendendolo il gioco con, forse, i movimenti delle dita più accurati che abbia visto. La percezione corporea che il gioco riesce a dare è pari a quella di Chronicles of Riddick.

Il body language in prima persona rende bene la leggerezza di Garrett

Sicuramente il gioco ha ceduto molta complessità per rendersi meglio digeribile al pubblico moderno (scelta che poi non ha pagato comunque, visto l’oblio in cui è finito il franchise), ma credo possiamo tranquillamente dire che Thief ci offre, come sempre, la possibilità di ruolare un ladro. Che non è bravissimo nel multitasking, lui sa fare bene delle cose particolari e fine.

GHOST OF A TALE E IL LADRO MENESTRELLO

Eccoci alla bestiola più particolare della nostra carrellata. Un’opera un po’ di periferia, ma che secondo me tiene in alto la torcia di azione stealth fantasy. Di fatto non interpretiamo nemmeno la classe ladro, quanto piuttosto quella del bardo. Esatto, il topone antropomorfo di nome Tilo è un menestrello la cui specialità è scrivere e suonare canzoni. Ma la situazione lo obbligherà a reinventarsi in un altro ruolo. Purtroppo i cattivoni sono ratti grandi il doppio e non si scappa dalle leggi della natura. Nemmeno in queste varianti antropomorfe.

Quindi il nostro agire sarà molto circospetto, sfruttando i differenti costumi che potremo ottenere lungo l’esplorazione. Un’armatura adattata alla nostra taglia ci permetterà di confonderci nei ranghi nemici, al prezzo di muoversi in modo impacciatissimo. Il completo da ranger permetterà movimenti più ampi e quel minimo di autorità da non farci attaccare a vista, purché restiamo a debita distanza. Quello leggero da pirata aumenterà l’agilità.

Il ranocchio pirata ne sa un sacco, bisogna solo capire quello che dice.

Ma mai, in nessuna circostanza, potremo attaccare direttamente qualcuno in Ghost of a Tale. Il gioco si è sempre proposto sin dalla presentazione come uno stealth non aggressivo. Masterarlo non significa fare strage silenziosa dei nemici, quanto piuttosto conoscere l’ambientazione con la stessa caparbia di, appunto, un topo. Trovare ogni anfratto, ogni scorciatoia, ogni percorso alternativo, in una singola macro-ambientazione (una fortezza). Un metroidvania? Circa. Passeremo più e più volte dalle diverse aree, mentre sblocchiamo sempre più scorciatoie e sveliamo i segreti della fortezza. Da lato difficoltà, il gioco propone situazioni abbastanza all’acqua di rose. L’unica cosa importante è ricordarsi dove sono i barili in cui infilarsi in caso di inseguimento e avere qualche scorta di liquidi da rompere alle nostre spalle, in modo da far scivolare guardie poco accorte.

Mai, in nessuna circostanza, potremo attaccare qualcuno in Ghost of a Tale

Ma non soltanto figure ostili abitano la fortezza. Altri prigionieri, o ratti sottopagati saranno disposti ad aiutarci, a patto di soddisfarli con fetch quests (eh sì, purtroppo buona parte degli obiettivi che ci verranno richiesti sono riassumibili in “trova questo o quell’altro”) o canzoni dedicate. A questo proposito sarebbe stato bellissimo avere situazioni che esaltassero anche la professione di menestrello di Tilo. Come per esempio minigiochi di composizione, oppure rhythm game durante la suonata. Invece nulla. Neanche le voci (mancando del tutto un voice acting) e le strimpellate di liuto (eddai, però…). Niente “Toss a coin to your rat” per stavolta.

Il mistero dietro di noi, l’infinito orizzonte davanti.

Ma Ghost of a Tale rimane un gioco budget dal cuore grandissimo, specie nella resa artistica finale. Un gusto degno della migliore Pixar, una fotografia eccezionale, delle ambientazioni da sogno compongono questo bizzarro stealth-metroidvania-cartoon.
Inoltre, è questa è la parte che ci interessa di più di questo trio, si tratta di un gioco che riesce a esprimersi rinunciando completamente a darci opzioni aggressive. Non un ladro multitasking, non un ladro assassino, un ladro e basta. Anzi, un menestrello che ci si deve improvvisare. Nascondino, travestimenti, uso creativo di scorciatoie.
Un’esperienza che pur nella sua difficoltà all’acqua di rose, porta all’essenzialità di questo tipo di personaggio.

Forse mi è sfuggito anche qualcos’altro nel sottobosco indie. Forse, proprio come la nicchia che rappresentano, questi giochi sono evasivi, timidi, da cercare con la coda dell’occhio. Continuerò a scrutare.

Articolo precedente

Karate Kid: Legends - Recensione

Articolo successivo

The Games Machine: Next Level

Condividi con gli amici










Inviare

Password dimenticata