Ti sembra di non essere in controllo della tua vita? Avverti come dei fili che limitano le tue potenzialità? A Juggler’s Tale potrebbe farti tornare il sorriso.
Sviluppatore / Publisher: kaleidoscube / Mixtvision Prezzo: 14,99€ Localizzazione: Testi Multiplayer: Assente PEGI: 7 Disponibile Su: PC (Steam), PS4, Xbox One, Nintendo Switch Data di Lancio: Già disponibile
Per qualcuno probabilmente è l’effetto Game Pass, una ventata di stabilità economica che consente di dedicarsi anche a un genere economicamente meno promettente di un battle royale, senza accollarsi tutto il rischio connesso (ne parlavo nello speciale Game Economy 101 su TGM #380). Forse c’è di mezzo anche un ritorno ciclico: la storia del videogioco è piena di generi che sembravano avere un piede nella fossa e poi hanno saputo sopravvivere e rilanciarsi (sì, avventure grafiche, vi sentiamo laggiù in fondo).
Oppure è una questione di età anagrafica e di stile di vita: io 200 ore di tempo libero non ce le ho in un anno, figurarsi dedicarle a un solo videogioco. Follia. Qualunque sia il motivo o la concatenazione di eventi, di recente le avventure singleplayer, compatte e improntate alla narrazione, stanno conoscendo una grande momento di forma e A Juggler’s Tale ne è l’ennesimo esempio.
LA TRAMA DI A JUGGLER’S TALE
Abby è una marionetta. Il suo ruolo nel mondo è quello di recitare per un pubblico mentre qualcuno, dall’alto, tira i suoi fili e guida le sue azioni. Ma ad Abby questa vita da attrazione del circo sta stretta. Così una notte decide di fuggire dalla gabbia in cui viene rinchiusa, sfuggendo al suo manovratore grazie alla complicità del collega orso, quando durante la fuga d’improvviso succede un evento imprevisto: i suoi fili si spezzano. A differenza degli altri abitanti che popolano il suo mondo, Abby non è più legata a quelle quattro cordine intrecciate che ne condizionavano l’esistenza. Ora Abby può contare solo su se stessa e sulla compagnia di una voce fuori campo che ne segue le avventure. Il padrone del circo, tuttavia, non è particolarmente contento di questa svolta e assolda una banda di briganti per riportare con le buone o con le cattive la marionetta nel tendone.
HO PERSO IL FILO
Sviluppato dai tedeschi di kaleidoscube e pubblicato da Mixtvision (pubisher che si definisce la casa dei giochi con una storia da raccontare, da cui era già arrivato l’ottimo Minute of Islands), A Juggler’s Tale si inserisce pienamente nel solco tracciato da titoli come Limbo o Inside: avventure a scorrimento laterale in cui le azioni a disposizione del protagonista sono limitate, ma il coinvolgimento emotivo del giocatore è molto alto. Nel caso del gioco di kaleidoscube, la gimmick che lo caratterizza è rappresentata, appunto, dai fili delle marionette, che limitano Abby nella fase iniziale e da un certo punto in poi, invece, la differenziano dagli altri personaggi, regalandole libertà e possibilità di movimento negate ai suoi avversari.
La presenza o meno dei fili è un elemento che condiziona fortemente soprattutto i puzzle disseminati lungo i livelli, tutti basati su una combinazione di gestione della fisica e platform, a cui in taluni casi si aggiunge una componente stealth o l’interazione con elementi ambientali. Se all’inizio i rompicapo sono basati sulla necessità di far superare ad Abby i limiti imposti dalla presenza dei fili, nella seconda parte del gioco è invece richiesto al giocatore di trarre vantaggio dalla loro assenza e sfruttare a proprio vantaggio i limiti degli avversari incarnati dalla banda di bruti che insegue la marionetta per mare e per terra.
UNA VOCE FUORI CAMPO
Non sono però le meccaniche a far svettare A Juggler’s Tale nel mare magnum di produzioni indie e non che affollano gli scaffali ormai virtuali dei negozi di videogiochi. Per quanto dignitosamente realizzata, la componente prettamente meccanica dell’avventura di Abby assomiglia a tante altre già viste, con alcuni elementi per altro presi di peso e, pur arrivando tardi, non aggiunge quasi nulla.
IL PUNTO FORTE DEL GIOCO È INDUBBIAMENTE LA SUA VISIONE ARTISTICA
Il commento in rima (ottimamente recitato in inglese e reso un po’ meno efficace dalla traduzione testuale italiana) nasconde in sé persino dei consigli al giocatore, che non tardano a divenire rimbrotti scocciati quando Abby compie qualche sbaglio o si diverte a perdere tempo. Più Abby si avvicina alla libertà e più i versi in rima si fanno rabbiosi, duri, finché succede qualcosa che ricorda anche al marionettista che persino quando tutto appare sotto il proprio controllo, a volte succede qualcosa di inatteso, e allora si è costretti a improvvisare, o persino a balbettare. È un bel modo per instaurare un dialogo col giocatore e allestire una recita sul libero arbitrio, tema portante che il gioco ambisce a trattare pur utilizzando una struttura in cui, di fatto, al giocatore viene lasciata pochissima libertà di manovra. Sul piano più canonicamente artistico, invece, A Juggler’s Tale è graziato da un’estetica fortemente suggestiva, che gioca sul modello del bello della cultura visuale dell’epoca di Instagram, fatto di colori accesi, abbinamenti cromatici e un suggestivo utilizzo dell’illuminazione, il tutto coniugato a un gusto delicato e a una visione complessiva molto precisa che rende il risultato finale decisamente appagante e in generale per nulla stucchevole, nonostante le premesse.
In Breve: Nell’abbondanza di titoli disponibili, A Juggler’s Tale prova a ritagliarsi un suo spazio prima facendo colpo con un’estetica davvero suggestiva e ispirata, poi proponendo un gioco compatto, che si finisce in due/tre ore a seconda della propria familiarità coi puzzle, ma che in questo tempo ridotto prova a instaurare un dialogo col giocatore, suggerendo riflessioni su temi enormi come la libertà e il libero arbitrio, senza tuttavia tirarsi indietro di fronte ai paradossi incarnati dalle sue meccaniche. Per essere al loro debutto nei giochi commerciali, i ragazzi di kaleidoscube promettono bene.
Piattaforma di Prova: Xbox Series X
Com’è, Come Gira: Sparato sui 50” della tv della sala, A Juggler’s Tale fa la sua porca figura, e non solo per essere un titolo indie. Sul versante tecnico non c’è praticamente nulla da eccepire: zero bug incontrati nelle tre ore di gioco e caricamenti rapidi.