L’opportunità di un seguito, a maggior ragione visto che Pillars of Eternity (qui la nostra recensione) si è posto come un grande omaggio a tutto quel “piccolo mondo antico” dell’Infinity Engine, è sempre questione dibattuta. Pillars of Eternity è stato un capolavoro, ma aveva portato con sé anche la reiterazione di alcune dinamiche vecchie che erano state completamente abbracciate a causa del modello economico di sviluppo scelto. Un crowdfunding che partiva con l’idea di riproporre i giochi dell’Infinity Engine, usando un motore grafico moderno e un nuovo sistema di regole creato ad hoc, ha portato a dover fare conti con alcune, obbligatorie, nostalgiche storture. La recente beta su Steam, aperta ai sostenitori della campagna Kickstarter e alla stampa, è stata la miglior occasione per provare con mano il lavoro fatto con l’ultima build di Pillars of Eternity II: Deadfire.
LA PERDITA DELL’INNOCENZA
Nel suo voler replicare il glorioso passato, Pillars of Eternity si è rivelato un gioco quasi ingenuo, se vogliamo. La riproduzione era certosina, fino ad arrivare a dettagli quali il cerchio verde di selezione dei personaggi, e la sensazione era quella di giocare a una magistrale crasi di tutti i giochi Infinity Engine. Venivano fusi il respiro epico e i companion à la Baldur’s Gate, assieme ai combattimenti di Icewind Dale (omaggiato poi anche nella corposa espansione) e le stat check di Planescape: Torment; l’esperienza tirata a lucido con alcuni tratti distintivi di Obsidian, come il sistema di fazioni e reputazioni. Non tutto, però, ha funzionato, nonostante Pillars of Eternity rimanga un gioco importante che ha dimostrato come ci sia ancora margine per questo tipo di GdR. Sperimentare con mano le novità apportate su svariati aspetti del gameplay, dell’interfaccia e del sistema di regole, ha consentito di appurare che Pillars of Eternity II: Deadfire ha portato avanti un percorso di maturazione coerente, capace di tenere quello che di buono c’era dalla lezione dell’Infinity Engine per approdare a nuove soluzioni, levandosi di dosso quell’innocenza riguardosa da “nano sulle spalle di giganti”, e in questo mi ha ricordato il lavoro fatto da BioWare per Dragon Age: Origins. La saga dei canadesi ha poi virato verso altre declinazioni, più action e con valori produttivi ben diversi, ma il primo Dragon Age condivide con Pillars of Eternity II la volontà di dare una propria interpretazione del gioco di ruolo in tempo reale con pausa.
Dragon Age condivide con Pillars of Eternity II la volontà di dare una propria interpretazione del gioco di ruolo in tempo reale con pausa
Gli aspetti da prendere in considerazione sono molti e si sono palesati lungo tutta la decina di ore di contenuti offerti dalla beta. Gli sviluppatori sostengono che questa porzione giocata, situata circa a metà avventura, rappresenti solo l’1% dei contenuti disponibili. Fatti i conti, capirete immediatamente che ci troviamo di fronte a un titolo che promette di essere mastodontico nel numero di ore garantite. Obsidian non solo ha revisionato le meccaniche di gioco intrinseche, ma ha anche deciso per una virata d’ambientazione, portandoci in un altro spiraglio del mondo di Eora. L’Arcipelago delle Dreadfire sarà infatti il nuovo teatro delle avventure dell’Osservatore, che ritornerà protagonista quando si metterà alla ricerca del famigerato Eothas, divinità dalla storia travagliata che abbiamo imparato a conoscere nella prima installazione.
Questa volta, l’Osservatore si troverà al comando di una nave e di un suo equipaggio e dovrà navigare tra i mari delle isole Dreadifre alla ricerca di risposte. La scelta esotica delle Dreadfire, come ammesso dallo stesso game director Josh Sawyer in un’intervista pubblicata su GameInformer, è stata prettamente artistica, e operata per rimarcare una differenza con Pillars of Eternity. Non più costretti alla fedeltà dell’estetica medievale europea dei Forgotten Realms, Obsidian ha potuto sperimentare con un’ambientazione più esotica che, tra l’altro, ha permesso l’introduzione di una nuova meccanica: la gestione della nave e della propria ciurma, e tutta l’esplorazione non lineare che ne consegue (per ulteriori dettagli, vedasi Risen 2!, ndBelboz).
CREANDO IL PROPRIO AVATAR
Iniziando a giocare si assaporano immediatamente i cambiamenti fatti sugli elementi del sistema di regole inaugurato con Pillars of Eternity. La creazione del personaggio, innanzitutto, ci permette di vedere alcune delle novità: arrivano le sottoclassi, molto simili ai kit di Baldur’s Gate II: Shadows of Amn, che consentono di personalizzare il proprio alter ego specializzandolo fortemente su determinati aspetti; in particolare, donandogli un’abilità tutta sua.
multiclassare in Deadfire diventa una meccanica con tutti i crismi
Le classi, tra l’altro, hanno ricevuto un revamp completo: la differenza tra abilità di classe e talenti è stata eliminata in favore di uno skill tree più classico che va a contenere entrambi. Una soluzione doverosa che semplifica la comprensione dell’avanzamento del proprio personaggio, ma mantiene una certa profondità dal momento che ogni albero dei talenti avrà a disposizione molte vie possibili. Insomma, c’è di che dar sfogo alla nostra fantasia, e ammetto di aver dedicato più di un’ora a provare le diverse combinazioni, solo per il gusto di “smanettare” con il sistema e testare tanti personaggi diversi.
I MARI DI EORA
Scesi dalla nave, ci ritroviamo nell’isola di Tikawara dove inizia la parte giocabile. E subito siamo dalle parti del classico gameplay Infinity Engine: si parla tanto con i personaggi, si affrontano stat check e poi si va alla ricerca di dungeon e aree da esplorare. Non aspettatevi qualcosa di diverso, dunque.I dialoghi affrontati hanno però dimostrato un’interessante tendenza negli stat check. Se nel primo gioco questi erano più votati a mettere alla prova le proprie caratteristiche (rendendo difficile un buon bilanciamento dei punti in queste ultime, dal momento che risultavano fondamentali anche in molti aspetti del combat-system), sovraccaricandole di importanza all’interno delle meccaniche e rendendo dunque difficilmente giocabili alcune interazioni durante i dialoghi, Deadfire tenta di risolvere il problema organizzando meglio anche le abilità generiche, per intenderci quelle che vengono utilizzate anche nelle iconiche sequenze narrative scriptate del primo gioco. In Pllars of Eternity II ve ne sono molte di più, divise in due rami che vengono livellati contemporaneamente a ogni incremento di esperienza, e sono molto più responsabilizzate nei “check” durante i dialoghi. Ho notato anche una forte predilezione per check incrociati, tra abilità o anche con caratteristiche, il che rende davvero interessante la mole di possibili scelte che è possibile intraprendere durante un dialogo.
le battaglie navali si sviluppano in modo simile alle già citate sequenze scriptate
Va detto che in Deadfire la gestione della nave e della ciurma è davvero approfondita, con la possibilità di avere vari componenti con abilità proprie e adatti a determinati ruoli; inoltre, c’è un sistema di risorse che vengono consumate (attrezzi per riparare, cibo, soldi per le paghe,…) e di cui dovremmo rifornirci. In più, vengono introdotte anche le battaglie navali. Sulle prima la possibilità mi aveva decisamente ringalluzzito, mentre – prova alla mano – queste si sono rivelate un po’ sciatte. Le disfide tra bastimenti si sviluppano in modo simile alle già citate sequenze scriptate, a livello grafico, mentre presentano le meccaniche di un combattimento a round dove avremo a disposizione varie mosse per avvicinarci alla nave avversaria nel tentativo di avere la miglior linea di tiro possibile. È presente anche la possibilità di abbordaggio che viene esperita tramite il normale combat system in una mappa ad hoc. Il sistema è però parso troppo semplicistico e non ha fatto scattare una particolare scintilla. Peccato, perché le premesse esplorative sono decisamente buone e non vedo l’ora di poter veleggiare tra un’isola e l’altra.
UN COMBATTIMENTO RIPENSATO
Quando finalmente ho potuto mettere mano alle armi, ecco che la nuova ondata di cambiamenti mi ha decisamente travolto. Sulle prime, sono rimasto spiazzato, ma alla lunga il nuovo sistema di combattimento mi è sembrato molto flessibile, decisamente più chiaro e – se possibile – ancora più tattico. Il party è ridotto a cinque unità, ottima scelta per evitare il caos di alcuni combattimenti con sei personaggi da gestire; più in generale, la velocità delle unità a schermo è stata ridotta, in modo da avere un controllo più agevole di quanto succede sul campo di battaglia.Ogni classe ha una propria risorsa che le consente di svolgere alcune abilità attive, acquisibili nello skill tree assieme a quelle passive e modali, risorse che si ricaricano al termine di un combattimento consentendo così di evitare scontri in cui le classi molto dipendenti dalle proprie abilità si limitano a “spammare” attacchi base. Questo era uno dei grandi problemi del primo Pillars of Eternity che, assieme a una certa predilezione per i combattimenti “filler”, rendeva tediosi alcuni momenti delle battaglie. Da quello che ho potuto vedere, in Deadfire i combattimenti mi sono sembrati più pregni, tatticamente più interessanti e il fatto di poter “sparare” tutto il proprio arsenale di incantesimi, auree, abilità, prodezze o sporchi trucchi a ogni incontro aumenta il grado di divertimento. L’encounter design, insomma, mi ha mostrato combattimenti di un certo livello: in particolare, un incontro sfruttava il fattore altitudine, con molesti arcieri e maghi difficilmente raggiungibili; un altro, invece, mi ha posto dinanzi gruppi ben assortiti che si sono rivelati in grado di mettermi in difficoltà grazie a un ottimo utilizzo delle strategie. Questa nuova meccanica è stata applicata ad ogni classe, e anche se sulle prime ho storto un po’ il naso, soprattutto pensando a quelle prettamente magiche, devo ammettere che si tratta di un cambiamento che non inficia la profondità di sviluppo dei personaggi “arcani” che, anzi, beneficiano di un utilizzo più consistente delle proprie abilità.
Il party è ridotto a cinque unità, ottima scelta per evitare il caos di alcuni combattimenti
BELLO DENTRO E FUORI
Si segnalano cambiamenti, oltre che nel combattimento e nelle regole, anche per quanto riguarda gli aspetti più tecnici e artigianali. Prima di tutto, vi è un deciso aumento delle performance rispetto a Pillars of Eternity: il gioco gira meglio, con tempi di caricamento ridotti (soprattutto quelli più tediosi tra interni ed esterni), e il dettaglio grafico è nettamente migliorato. Il motore usato è sempre il “vecchio” Unity, rifinito per le esigenze di un gioco di ruolo RTwP (Real Time with Pause), ma stupiscono i modelli dei personaggi e degli ambienti, nonché una gestione migliorata delle luci. È stato anche fatto un discreto passo in avanti per quanto concerne le animazioni, soprattutto nei combattimenti, dove ora c’è una maggiore sensazione di “fisicità” nei colpi, grazie anche a un ottimo comparto audio per quanto riguarda gli effetti sonori. Il gioco non richiede comunque grandi configurazioni per essere apprezzato, risultando comunque molto gradevole già da ora, a prescindere dal sistema su cui gira. Di riflesso, c’è stato anche un lavoro di pulizia nell’interfaccia grafica, che abbandona una certa spigolosità anni ’90 per approdare a forme più rotonde e a una sistemazione degli elementi migliorata.
Questo antipasto di Pillars of Eternity II: Deadfire ha dimostrato che, nonostante l’abbandono di Avellone, Sawyer e i ragazzi di Obsidian hanno ugualmente qualcosa da dire. Tutti i nuovi cambiamenti fatti al sistema di gioco sono sembrati ben integrati nell’impianto da GdR RTwP classico, mentre l’aspetto tecnico vede un netto miglioramento con modelli poligonali maggiormente definiti e un’interfaccia grafica più gradevole. Rimane solo qualche dubbio per quanto riguarda le battaglie navali, mentre la nuova dimensione esplorativa data dalla possibilità di gestire uno scafo con relativo equipaggio sembra donare nuova linfa al gameplay classico, configurandosi come la novità più gustosa introdotta da questo seguito. Impossibile emettere un giudizio su storia, livello di scrittura o companion (non presenti in questa beta), ma le sensazioni sono positive. Non ci resta che aspettare il 3 aprile quando il gioco uscirà su PC; per tutte le altre principali piattaforme ci sarà invece da aspettare qualche mesetto in più.