Mi è bastato pochissimo per capire quello che già sospettavo. Il tempo di entrare negli uffici di Nintendo Italia, salutare Samus Aran con un riverente cenno del capo e sedermi nella confortevole sala prove, Joy-Con alla mano per pasticciare in anteprima finalmente ciò che il Nintendo Direct di pochi giorni prima mi aveva solo fatto immaginare. Super Mario Maker 2 non è solo un editor ancora più ricco, psichedelico e potenzialmente infinito dell’originale, ma vuole essere il nuovo capitolo 2D della saga che tutti stavamo aspettando.
Una continua e folle reinterpretazione di meccanismi decennali, che sembra mescolare la classe di Mario con l’irriverenza di Wario (presente non col corpo, ma sicuramente un po’ con lo spirito), tutto per rimediare al cataclisma che ha colpito il più importante monumento del Regno dei Funghi.
“RICOSTRUIREMO IL CASTELLO DI PEACH IN (CIRCA) 100 LIVELLI!”
Non è una dichiarazione da politico navigato, bugiardo, a caccia di voti, ma l’assoluta verità di una modalità storia che fa indossare al nostro Mario nazionale casco e scarpe anti-infortunistiche per dirigere in prima persona, da geometra del level design, la ricostruzione del castello che così tante volte ha protetto. Con l’elegante palazzo reale però, evidentemente, sono andate perse anche le riserve auree del regno, costringendo l’ex idraulico ad intervenire di persona per racimolare monete, accettando gli incarichi più disparati gestiti dal nostro fido segretario Toad e accumulando capitali liquidi che verranno sapientemente reinvestiti da Toadette, per pagare materiali e lavoratori (che impresa affidabile!). Una faticaccia sotto il comun denominatore di un platforming raffinato, geniale nelle piccole pazzie che lo compongono e soprattutto divertentissimo. Ma anche ambivalente, perché è quasi come frequentare un corso di level design per corrispondenza, saltellando qua e là per livelli creati con lo stesso editor in mano ai giocatori, andando a comporre sulle prime un tutorial nascosto, subliminale, dove si parla velatamente (soprattutto delle novità rispetto al capitolo Wii U) e si gioca tanto, si gioca da dio.
Ho potuto provare solo i primissimi stage, ma già emerge la volontà di scombinare la progressione classica, avvicinandosi all’anarchica sequenza di sorprese di 3D World
AFFONDARE LE MANI NELLA CRETA
Parlando del processo creativo, non si può fare a meno di ricordare quanto fosse comodo il Game Pad di Wii U o lo schermo inferiore di 3DS, eppure la nuova configurazione di Switch è altrettanto intuitiva e godereccia. Creare è un piacere galvanizzante che non ha bisogno di piani precisi, di un fine a giustificare il mezzo. Si affondano le mani nel touch screen (oltre a poter comunque utilizzare i controller), si combinano elementi spinti dalla curiosità solo per osservarne il risultato, si aggiungono suoni a caso con l’unico intento di ridere, inebetiti da un nonsense che può saltare fuori da ogni blocco. Si risveglia la memoria muscolare dell’infanzia, delle costruzioni, quell’architettura fanciullesca che ha più o meno svezzato tutti, come iniziazione verso il gioco. E il piacere è proprio quello, vedere cosa viene fuori, accendere la lampadina sopra la nostra testa, compiere errori di design esilaranti, testare la nostra creazione per spostare la piattaforma giusto un “quadratino” più a sinistra. Il Direct dedicato ha già fatto luce su tutte le novità di cui posso parlarvi in questa sede, che alla prova dei fatti aprono la strada ad un editor che più fedele al codice sorgente (dell’eterna giovinezza) non si può, scremato di tutta la parte di programmazione, o per lo meno nascosta da una leggerezza disarmante, contagiosa. Perché anche le meccaniche più “complesse” sono presentate in modo intuitivo, adorabile e malleabile. Come le sotto-stanze collegate dalle iconiche tubature, lo scrolling automatico del livello, gestibile sia nella direzione che nella velocità, o ancora le maree nel tema “foresta”, più tutte le variabili che porta con sé la luna, lato oscuro di ogni scenografia che moltiplica nuovamente pani e pesci dell’opera. Novità che vanno oltre la tanto richiesta possibilità di creare discese (e salite) su cui scivolare di fondoschiena, rendendo tutto ancora più pazzo, come la già annunciata possibilità (che non ho potuto provare) di creare i livelli in coppia.
Si risveglia la memoria muscolare dell’infanzia, delle costruzioni, quell’architettura infantile che ha più o meno svezzato tutti, come iniziazione verso il gioco