Ghostwire Tokyo Provato

GhostWire: Tokyo

PS5

Ghostwire: Tokyo – Provato

Con un paio di settimane di anticipo sulla data fatidica, ci siamo nuovamente avventurati per le strade di Ghostwire: Tokyo, la nuova creazione di Tango Gameworks. Una prova di qualche ora intensa, piena d’atmosfera, che ha evidenziato luci ma anche ombre.

Sviluppatore / Publisher: Tango Gameworks / Bethesda Softworks Prezzo: 59,99€ (PC), 69,99€ (PS4/PS5) Localizzazione: Completa Multiplayer: Assente PEGI: 12 Disponibile Su: PC (Steam), PS4, PS5 Data di Lancio: 25 marzo

All’inizio di Ghostwire: Tokyo il trafficatissimo incrocio di Shibuya diventa improvvisamente assai meno popolato, inghiottito da una sinistra nebbia che lascia dietro di sé evanescenti apparizioni spettrali e cumuli di abiti appartenuti a chissà chi. Un po’ come con lo schiocco del Guanto dell’Infinito insomma, ma qualcuno pare destinato a sfuggire a questa condanna paranormale.

Akito era da quelle parti immerso nei suoi pensieri, tutti rivolti alla sorella ricoverata in ospedale: nel fatidico momento in cui la vita inizia a evaporare attorno a lui, il giovane viene strappato al fato dalla possessione di uno spirito che risponde al nome di KK, un incontro motivato dal reciproco bisogno di sopravvivenza.

ATMOSFERA D’ALTRO MONDO

L’incipit non è male, e le prime ore in compagnia dell’ultima fatica di Tango Gameworks scorrono immerse in un’atmosfera esoterica, con questa gigantesca città improvvisamente deserta e bagnata da una pioggia perenne. Le pozzanghere riflettono i neon dei negozi oramai vuoti e il silenzio innaturale è spezzato dallo schiamazzo dei corvi, evidentemente immuni all’estinzione di cui sopra; si avverte una genuina sensazione di straniamento passeggiando per le strade vuote di quella che era fino a pochi minuti prima una delle metropoli più popolate al mondo. Non viene però concesso neppure un attimo per adattarsi alla nuova, incredibile situazione, perché dal nulla le strade vengono invase da una esercito di spettri dall’aspetto tanto grottesco quanto bizzarro, probabilmente evocati da quello strano individuo mascherato che era apparso sui maxischermi che sovrastano l’incrocio annunciando in pompa magna la prossima trascendenza della razza umana, qualunque cosa voglia dire.

Ghostwire Tokyo Provato

Visto che gli umani sono evaporati, la gestione dei negozi è affidata ai Nekomata.

In una simile situazione Akito sarebbe normalmente destinato a diventare cibo per vermi, ma il suo nuovo coinquilino spirituale è il lasciapassare per padroneggiare letali esorcismi elementali da scatenare all’indirizzo di scolarette decapitate che attaccano con tecniche di Kung fu (no, davvero!) e grotteschi emuli dello Slender Man armati di ombrello.

GHOSTWIRE: TOKYO È UNO SPARATUTTO IN PRIMA PERSONA, PIÙ CHE UN SURVIVAL HORROR

Non lasciatevi ingannare dalla firma di Shinji Mikami nel ruolo di produttore esecutivo, perché Ghostwire: Tokyo è nel cuore uno sparatutto in prima persona che nulla ha a che fare con il genere survival horror a cui il suo nome è solitamente accostato, anche perché la mappa trabocca letteralmente di oggetti curativi. Con le movenze di un monaco navigato, Akito evoca e scaglia rapidi dardi di vento, letali falci d’acqua e potentissime esplosioni infuocate, incanalando l’energia spirituale (le munizioni del gioco, in soldoni) da oggetti sospesi innaturalmente per aria, cristallizzati dalla carica psichica che li pervade.

GHOSTWIRE: TOKYO SA ESEGUIRE UN AKURYO TAISAN, GLIELO CONCEDO

Gran parte del fascino deriva ovviamente dall’esplorazione, inizialmente forzata dalla letale nebbia e destinata ad aprirsi un po’ alla volta purificando i Torii all’ingresso dei tanti santuari che costellano la città, un rito che, tra le altre cose, permetterà di estendere un po’ alla volta le zone visitabili.

QUELLO CHE CI È RIMASTO IN BOCCA È UN SAPORE AGRODOLCE

Abbiamo potuto provare i primi capitoli sulla strada che porterà alla recensione, e Ghostwire: Tokyo ci ha lasciato in bocca un sapore agrodolce, difficile da definire con un semplice assaggio. Se da una parte la riproduzione di Tokyo è parsa autentica, affascinante e convincente in questa sua inedita veste spettrale, dall’altra una forte ripetitività ha fatto sorgere più di un dubbio sull’interesse a lungo termine dell’avventura. Dopo ore di gioco gli avversari erano bene o male sempre gli stessi, un destino condiviso purtroppo dagli incantesimi di attacco, incapaci di garantire una varietà degna di questo nome al netto dei potenziamenti acquisibili investendo i punti abilità guadagnati a ogni livello.

Di questo passo più che paura, la prossima volta che vedrò qualcuno con un ombrello avrò la nausea…

Una mancanza di coerenza che colpisce anche il comparto tecnico, magistrale nel trasmettere presenza e pericolo grazie alla prodigiosa coppia composta da DualSense e Audio 3D, tuttavia ostacolato da un motore grafico che difficilmente riesce a garantire sessanta fotogrammi al secondo stabili, anche scendendo a compromessi con le tante modalità grafiche offerte. Di fronte a un’impressione iniziale francamente tiepida va però messo in conto il talento di Tango Gameworks, innegabile quando si tratta di creare ambientazioni pregne di atmosfera e tensione. Sarà dunque necessario avventurarci a fondo tra le vie di Shibuya per capire se Ghostwire: Tokyo saprà offrire un’esperienza complessiva superiore alla somma delle sue parti. Un mistero che sveleremo nella recensione finale: con l’uscita del gioco fissata per il 25 Marzo, non ci sarà molto da attendere.

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