La prima domanda che ci hanno rivolto, durante lo streaming di Tom Clancy’s The Division (che trovate qui sotto), è probabilmente una delle più sentite e cruciali: “quanto è appagante il gioco per chi lo vuole affrontare esclusivamente in solitaria?” In realtà la risposta sta ancora prendendo forma, lungo le prove svolte insieme o singolarmente in questi giorni, ma è già possibile intravedere alcuni dettagli di grande importanza. Da anni i grandi publisher cercano di trovare il bandolo della matassa – con shooter in equilibrio tra le due componenti o, in alcuni casi, rivolti decisamente al multiplayer – e The Division sembra uno di quelli che si è avvicinato maggiormente alla quadra del cerchio. Una quadra magari non universalmente condivisibile, giusto perché non esistono risposte davvero universali, ma tra le più sensate che si sono viste e giocate negli ultimi anni.
DA SOLI O IN COMPAGNIA?
Di base, da quel che ho visto, Tom Clancy’s The Division può essere affrontato anche in single player con discreto godimento, grazie al fascino dell’ambientazione (un’apocalittica epidemia in una nevosa New York, per chi dovesse svegliarsi da un coma di tre anni) e al modo fluido e coinvolgente con cui viene raccontata. Tuttavia, bisogna anche rassegnarsi a perdersi, in tal modo, una parte importantissima dell’esperienza, forse una delle migliori nel suo genere da un bel po’ di tempo a questa parte. In particolare, il bilanciamento automatico dei nemici sembra funzionare molto bene, garantendo un buon grado di sfida sia da soli che in compagnia, risultato a cui concorre anche la possibilità di definire la difficoltà per tutte le missioni sulla mappa, ottima per i singoli giocatori e, a maggior ragione, per i gruppi alla ricerca di lauti guadagni di XP ed equipaggiamento.
The Division può essere affrontato anche in single player con discreto godimento
Ancora più importante è il fattore di accessibilità del multiplayer, addirittura cruciale per un giocatore sostanzialmente “solitario” come me. Con questa definizione non intendo dire che non mi piace giocare in gruppo, ma che non gradisco troppo dovermi costantemente organizzare con gli amici per una partita co-op o competitiva. In questo The Division mi è sembrato addirittura perfetto, grazie a un sistema pensato per qualsiasi approccio e, soprattutto, per qualsiasi momento. Preferite un sistema di relazione in stile DayZ, con l’avvicinamento e il dialogo diretto tra giocatori? The Division ce l’ha. Al contrario volete buttarvi subito in qualche missione, o semplicemente esplorare in compagnia? Anche qui la soluzione è eccellente: in The Division troviamo postazioni di matchmarking in qualsiasi rifugio, con molteplici livelli di difficoltà e ottima velocità nel formare i gruppi e buttarci nell’azione. A questo dovete aggiungere la geniale impostazione della Zona Nera, l’area in cui è inscenato il continuo scontro fra giocatori, con la necessità di estrarre il loot “contaminato”, il meccanismo dei “traditori” (chi attacca gli altri utenti viene immediatamente taggato, un po’ come in GTA V Online) e la spontanea formazione di zone calde nella mappa. È la situazione stessa a spingere alla formazione di un gruppo – attraverso l’intuitivo sistema di chat e relazione – anche solo per coprirsi le spalle a vicenda all’arrivo dell’elicottero, quando la tensione raggiunge livelli stratosferici. Allo stesso tempo, per esperienza so che un avveduto lupo solitario può comunque raggranellare un buon bottino di armi e accessori vari, a patto di guardarsi sempre le spalle e dotarsi delle giuste abilità (torretta e boost delle coperture in primis).
DIVISIONE DI RUOLO
Al momento, l’unica nota stonata è la natura dei nemici, un po’ troppo ripetitivi
D’altra parte, la seconda nota riguarda un fatto molto più positivo, intorno alla natura stessa del gameplay: stavolta non ci troviamo di fronte al solito ibrido sparatutto/ARPG indeciso sulla direzione da intraprendere, ma a un gioco di ruolo e d’azione fatto e finito. Con questo non voglio dire che The Division sia particolarmente complesso o difficile da approcciare (anzi, è vero il contrario), ma che tutte le caratteristiche appaino ben studiate e retributive, nell’ottica della pura qualità ma anche nella – legittima, trattandosi di un prodotto di consumo – ricerca dell’assuefazione di massa. Ogni arma, ad esempio, presenta una larghissima “corsa” di perfezionamento, nel senso che parte alquanto scarsa come precisione, rinculo e potenza ma può migliorare tantissimo a colpi di accessori e relative stat. Personalmente concordo anche sulla scelta di separare la crescita PvP da quella PvE, oppure sull’implementazione di un livellamento piuttosto lento, che potrebbe essere comunicato meglio ma dà comunque modo di mettere mano con calma all’equipaggiamento ed eventualmente al crafting, oppure di godersi gli effetti di una skill appena sbloccata.
In tutto questo, qualcuno potrebbe aver già inteso la mia condizione. Ed è assolutamente così: ci sono rimasto sotto.
E si, ci stiamo rimanendo sotto in tanti :bua: