Qualche giorno fa ho avuto modo di mettere le mie placide manine su Deus Ex Mankind Divided, con tre porzioni di gioco provate direttamente – una delle quali, la nuova modalità Breach, in versione praticamente completa – e l’ulteriore possibilità di tartassare per benino Jean Francois Dugas, executive director del gioco. Devo dire di essere rimasto particolarmente impressionato dagli scenari praghesi, visti in video e giocati in una corposa e importante sezione, in virtù di un notevole equilibrio che coinvolge piacevolmente il design, tra cyberpunk classico e intriganti reinterpretazioni. Anche tutto il resto, però, non può che farmi aspettare con fiducia il prossimo agosto, nuovamente immerso nel carisma della serie, al netto di alcune considerazioni meno giubilanti che ho riservato per il finale. Quel che è certo è che Adam Jensen ha tante belle cose a cui pensare, e tanti nuovi attrezzi su cui mettere le mani e trasfigurarsi fisicamente. O, meglio, i pensieri sono brutti per lui, potenzialmente orribili, ma addirittura magnetici per chi ama il mix di sci-fi “sociale” e puro hard boiled di cui, da sempre, Deus Ex è l’alfiere videoludico. Un alfiere pesantemente augmentato.
GLI INSEGNAMENTI DI DUBAI
Il livello di Dubai, pur se già visto, ha svolto perfettamente la sua funzione. Mi ha riconsegnato all’approccio tattico di Deus Ex, e allo stesso tempo ha mostrato le piccole innovazioni nel muoversi nello scenario, tra i cunicoli, le stanze e i corridoi di un gigantesco hotel ancora in costruzione. Il level design è meno esuberante rispetto all’altro livello provato (e anche a quello, sempre a Praga, visto qualche tempo fa, intorno al teatro cittadino), ma questo, appunto, dipende dal ruolo di tutorial che lo scenario svolge sulle basi del gameplay, peraltro con situazioni e passaggi non esageratamente accessibili.
Quasi immediatamente, dopo un semplice enigma ambientale, con annesso “reminder sull’hacking” (concettualmente identico al passato, con i nodi e tutto il testo, ma ben rivitalizzato graficamente), la necessità di spostarsi fra nascondigli e ronde di nemici ha messo in mostra il nuovo sistema di movimento fra coperture, molto vicino a soluzioni già viste certo, ma indubbiamente efficace anche in Deus Ex Mankind Divided. È possibile puntare gli arredi e muoversi automaticamente verso di essi, con animazioni piuttosto credibili per le movenze e la postura di Adam, particolarmente guardingo e flessuoso nello sgusciare fra gli impedimenti. In questo senso, il livello di attenzione dei nemici mi è sembrato sufficientemente alto da trasformare anche questa caratteristica in una piccola mossa tattica, con i suoi rischi e i suoi benefici, ad esempio quando dobbiamo girare un angolo restando in copertura, inseguiti da una guardia, e abbiamo l’opportunità di defilarci verso un nascondiglio relativamente distante.
Accanto, poi, a un lavoro di riscrittura sulle interfacce in-game (5 poteri in evidenza in basso a sinistra, e una ruota a richiamo con tutte le abilità sbloccate fino a quel momento), al primo uso delle skill è emerso uno dei cambiamenti più macroscopici nell’approccio all’azione, peraltro coerente alla “simulazione morbida” che caratterizza la serie. In pratica, come accade (pur se non infinitamente, eh) in molto sistemi elettronici, l’energia disponibile trattiene in fondo una piccola riserva di sicurezza, invisibile ma, nel caso dei meccanismi di Deus Ex Mankind Divided, automaticamente ricaricata alla fine della barra. Ciò, naturalmente, significa che non ci sono più le “cellette” separate per l’uso dei poteri cibernetici, e tuttavia l’effetto mi è sembrato altrettanto strategico, oltre che concettualmente simile alla gestione del mana o della stamina negli ARPG fantasy, con l’aggiunta di un piccolo aiuto per chi sa gestire con sangue freddo le situazioni più estreme. Una caratteristica che farà discutere, probabilmente, ma che a me – al netto del gran lavoro sulle opportunità, sulla reattività delle AI e sul level design delle mappe – non è sembrato affatto male.
la necessità di spostarsi fra nascondigli e ronde di nemici ha messo in mostra il nuovo sistema di movimento fra coperture
A parte questo, in termini di introduzioni, troviamo un sistema di loadout per le armi del tutto simile a quello introdotto in Crysis 3 parecchi anni or sono – e già imitato diverse volte, anche perché è ragionevolmente il migliore – con la possibilità di alzare il fucile o la pistola davanti a sé e cambiare in tempo reale accessori, ottiche e modifiche varie. Tutto il resto, almeno in questo livello, richiamava da vicino Human Revolution: nella schermata degli innesti, per esempio, ho trovato già livellate le consuete abilità per l’hacking, per le opportunità nei dialoghi, l’avatar mimetico per confondere l’avversario, il deflagrante atterraggio Icaro, il Typhoon di scariche esplosive, il biorespiratore per le zone immerse nel gas e una prima novità, la scarica elettrica dell’avambraccio meccanico, che ritroveremo più avanti insieme agli altri tocchi inediti. Ormai classica anche la scelta fra dotazione stordente o letale prima della missione – dove comunque potremo raccogliere qualsiasi arma e usare qualsiasi tipo di munizioni – replicata nelle rapide decisioni prima di ogni abbattimento, per mettere a nanna i nemici per qualche minuto o per sempre.
Se vogliamo, anche l’azione sembra concludersi in modo abbastanza canonico, con la necessità di sventare un traffico di armi e impedire la fuga del nemico in elicottero. All’improvviso, però, un misterioso gruppo di soldati con piastre dorate appare dal nulla, disattivando il dispositivo mimetico, per concludere la sequenza a modo proprio e ricordarci che in Deus Ex c’è sempre qualcuno nell’ombra che sa e vede più di noi. E non sono solo gli Illuminati…
MAGNIFICENZE E MALI OSCURI DELLA VECCHIA EUROPA
Prima di entrare a Praga, o meglio nell’universo a parte di “Golem City”, meglio fare un paio di passi indietro. Innanzitutto, la scelta della città ceca tra le principali location va ricercata nella piacevole dissonanza tra architetture in pietra e altissima tecnologia, più silenziosa e rarefatta nel centro storico della città, con una visione particolarmente originale che si accosta, come visto nei video prima dell’hand on, agli interni in stile Blade Runner della casa/hub praghese di Adam, assegnatagli dall’agenzia per cui lavora (Task Force 29, divisione antiterroristica creata dall’Interpol). Nel senso della storia, però, Eidos Montreal ha inserito anche la leggenda del colosso artificiale che, fin da epoca medievale, sarebbe stato costruito dagli ebrei per difendere il proprio quartiere, e poi il ghetto, dalle aggressioni e dall’intolleranza del resto della cittadinanza, a cui si deve il nome – Golem, appunto – del pericolosissimo agglomerato di baracche nei sobborghi di Praga, teatro di una (o più, staremo a vedere) missioni di Mankind Divided.
Com’è noto, e come è facile ricordare nel trailer live, a tre anni dall’Aug Incident di Human Revolution troviamo un’umanità ancora angosciata dall’aggressione delle persone modificate, con un background che non è legato ad alcun salvataggio del precedessore, ma è comunque dominato da un’atmosfera di disinformazione e depistaggi mediatici che, secondo lo sviluppatore, dovrebbe agganciarsi a tutti gli epiloghi precedenti. Adam, che non ha scelto di ritrovarsi con le protesi biomeccaniche e le ha usate con la propria personale etica (o, meglio, con l’etica del giocatore) nel terzo capitolo, si trova in mezzo a un fuoco di fila di intolleranza e ghettizzazione del diverso, di cui il Golem di Praga e la Aumented Rights Coalition, che nel ghetto ha la sua base, rappresentano l’argine più agguerrito.
la scelta di Praga va ricercata nella piacevole dissonanza tra architetture in pietra e altissima tecnologia
D’altra parte, sono evidenti gli sforzi – decisamente riusciti – per rendere più spettacolare i percorsi rigorosamente stealth, o anche gli approcci più rumorosi ma sostanzialmente “non violenti” (non che fulminare i nemici gli faccia del bene, ma almeno sopravvivono). Anche in questo caso, una delle skill più utili richiama da vicino un altro titolo celebre, e tuttavia si adatta bene alla sperimentazione di strade alternative tra appartamenti, vicoli e negozi: l’abilità si chiama Icarus Dash, e in buona sostanza corrisponde alla versione sci-fi del Blink di Dishnored, con la possibilità di muoversi all’istante di alcuni metri e, nel caso di Deus Ex Mankind Divided, con un costo assolutamente non trascurabile in termini di energia consumata. Un altro potere ci permette un temporaneo ma totale occultamento, anche qui con un prezzo quasi fatale in termini di riserve energetiche, lasciandoci qualche istante in uno stato di totale vulnerabilità. D’altra parte, liberare una stanza senza sparare un vero proiettile dà ora molta più soddisfazione, studiando i nemici (con la nuova smart vision, bella da vedere e progressivamente più precisa) e piazzandosi nella giusta posizione prima di fare cantare… l’elettricità.
Come accennato, Jensen può colpire i nemici con l’equivalente “fisting” (dai, Kikko, non tagliarla) (non sia mai, ndKikko) di un taser della polizia, ma può anche trasformare il braccio meccanico in una sorta di mortaio che spara dardi elettrificati all’indirizzo di gruppi di nemici – fino ai cinque, ai più alti livelli dell’innesto – oppure in un potente cannone cinetico capace di scagliar via e stordire gli avversari meno corazzati. Un approccio che mi è piaciuto molto, questo del “casinaro” attento all’etica, e che sicuramente alternerò al puro stealth nel gioco finito, in un gameplay che mi è parso orientato alla sperimentazione almeno quanto Human Revolution, se non qualcosina in più. L’epilogo di missione, infine, mi ha ben ricordato l’altra anima di Deus Ex – in altri casi da sfruttare come un vero e proprio approccio tattico – fatta di soluzioni “verbali” e cruciali decisioni etiche da prendere con calma o senza indugio, a seconda della situazione. La ARC è davvero nostra nemica? E se non la è, con quanta violenza è possibile rispondere ai “nemici” della popolazione augmentata? Intricate diramazioni e un nuovo multifinale ci aspettano, per rispondere a queste e a tante altre domande.
LA BRECCIA DI DEUS EX: MANKIND DIVIDED
A una precisa domanda sulla nuova modalità Breach, in particolare sulla reale necessità di un’opzione sfida, il director del gioco mi ha risposto con la massima semplicità possibile, asserendo che una cosa ben fatta non ha bisogno di essere necessaria. Francamente non so quanta attenzione butterò su questa parte, dopo averla doverosamente spolpata per la recensione, ma non posso che dar ragione a Jean Francois: di base abbiamo una serie di stage sempre più tosti, affiancati a classifiche online, magari per sfidare gli amici con gli opportuni modificatori di difficoltà, ma Breach contempla anche un’intrigante digressione narrativa, oltre a un nuovo cammino di crescita per armi, accessori e abilità.
Dopo ogni livello parteciperemo a una fittizia sessione di chat, con scelte di dialogo non lineari e una definizione sempre più precisa del racconto “laterale”, nei panni di un giovane hacker che si unisce al gruppo delle “Lame” per violare sistemi sempre più complessi, in uno spazio virtuale che ne rappresenta i firewall e le difese digitali. Per darvi un’idea più precisa, pensate a una stilizzazione delle consuetudini d’azione di Deus Ex, precisamente delineata tra l’accesso, il furto delle informazioni e la più o meno rocambolesca fuga dal sistema, con uno stile grafico e alcune soluzioni (come i blocchi di informazioni corrispondenti a barriere removibili) che, in diversi tratti, mi hanno ricordato il notevole esercizio stealth di Volume, dagli autori di Thomas Was Alone, aperto però alla visuale e all’interpretazione più libera di Deus Ex.
ho potuto provare il gioco su PC e PS4, con una resa costante a 30 fps su quest’ultima e la solita apertura nella versione Windows