Un po’ come un outsider che si fa strada a sgomitate, Horizon: Zero Dawn di Guerrilla Games mostra poco alla volta il suo vero volto, quello di un prodotto che non vuole mandarle a dire. Non c’è solo Uncharted, insomma, nel 2016 di Sony, e gli autori di Killzone stanno facendo di tutto perché questa diventi una sentenza e non resti, invece, solo una flebile speranza. A dare forza al progetto giungono, come acqua agli assetati, le parole di Mark Norris (che non sarà Chuck, ma il piglio è più o meno quello), il producer di Horizon: Zero Dawn che ho incontrato a Milano durante la scorsa Games Week e che si è rivelato un personaggio davvero interessante, nonché un videogiocatore accanito (il che non fa mai male, quando si tratta di produrre un videogioco AAA).
OPEN WORLD, MA CON CARATTERE
Per chi non sapesse cosa sia Horizon: Zero Dawn, occorre fare un piccolo riassunto. In principio di base vede un futuro in cui le macchine hanno preso autocoscienza e dominano la Terra; un luogo selvaggio, dove il genere umano deve arrabattarsi per sopravvivere. La protagonista del gioco è Aloy, una ragazza che sembra uscita direttamente dalla serie Game of Thrones (la bruta che si spupazza John Snow pare sua sorella) e che dovrà percorrere in lungo e in largo il mondo di gioco sfruttando un arco e frecce di diversa foggia, queste ultime necessarie per sopravvivere alle svariate minacce robotiche (e non) che popolano l’intera area.
Tutto il gioco è strutturato per mostrare la verità e la sua essenza poco alla volta
ARCO E FANTASIA
La parte giocata che è stata mostrata durante la presentazione a porte chiuse (molto simile nei contenuti a quella vista poi alla conferenza Sony della Paris Games Week, anche se più corposa) presentava alcuni momenti scriptati, confezionati dal team di sviluppo per l’occasione, ma che nella versione finale dovrebbero intercorrere in maniera più casuale. Durante ogni passaggio importante il gioco veniva messo in pausa, così da dare tempo a Mark Norris di illustrare le dinamiche di gameplay che stavano dietro a ogni step del combattimento con un enorme dinosauro metallico. Di base, l’idea è quella di lasciare il senso di scoperta al giocatore non solo per quanto riguarda la storia, ma anche nello studio dei punti deboli dei nemici, soprattutto quelli grandi, che richiederanno parecchi minuti di lotta e il giusto approccio per essere “tirati giù”.
“Vogliamo che il senso di scoperta sia sempre acceso” -Mark Norris
È evidente quanto questo modo di sviluppare sia abbastanza rischioso, soprattutto se confrontato con la natura open world di Horizon: Zero Dawn, un prodotto che porta in seno tutte le problematiche del genere e che a tratti mostra perfino alcune velleità da sandbox puro. Guerrilla sta camminando su un filo appeso a centinaia di metri di altezza: le possibilità di cadere sono tante, ma altrettante solo le chance che finisca tutto in gloria e che Sony metta sul piatto della console war un’esclusiva di grande effetto. Anche perché da vedere Horizon: Zero Dawn è già da ora davvero notevole, nonostante qualche inevitabile calo nel frame rate dovuto alla gioventù del codice e alla presenza evidente di scalettature nei bordi delle texture: nulla che un team esperto come Guerrilla non possa sistemare da qui alla data di messa a scaffale.