Arcade Paradise – Recensione

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Vi immaginate essere proprietari di una sala giochi? Partite gratis 24/7! In fondo che ci vuole? Basta comprare i coin-op e aspettare. Arcade Paradise ci mostra che è più facile a dirsi che a farsi.

Sviluppatore / Publisher: Nosebleed Interactive / Wired Productions Prezzo: 19,99 euro  PEGI: 12 Disponibile Su: PC, PlayStation 4, PlayStation 5, Xbox One, Xbox Series S|X, Nintendo Switch Data di Lancio: 11 agosto 2022

Come immaginate una lavanderia negli anni ‘80 o ‘90? Molteplici vani di un edificio di prestigio nel cuore della città, file di lavatrici immacolate, odore di bucato, manager che aspettano leggendo giornali di alta finanza accanto a top model che ritirano capi griffatissimi. E poi entra lui, Nick “ohmammaquantoèffigo” Kamen, che si spoglia e infila i jeans nel cestello. Questa perlomeno è l’aspettativa. Poi c’è la realtà: stanzone in un sobborgo di periferia, clienti zozzoni che attaccano gomme da masticare e lasciano spazzatura ovunque, spesso intasando il bagno con monumentali deiezioni, turni massacranti. Arcade Paradise, originale mix tra manageriale e raccolta di giochi, sviluppato da Nosebleed Interactive e distribuito da Wired production, ci mette alla guida proprio di quel gioiellino.

ARCADE PARADISE: INTANTO GIOCA A LAVARE CANOTTE SUDATE

Il nostro abbiente e un po’ despotico padre ha deciso che è ora che mettiamo la testa a posto e ci assumiamo delle responsabilità, nominandoci nostro malgrado amministratore, commesso, addetto alle pulizie e tuttofare di una vecchia lavanderia di famiglia, perchè è giusto iniziare dal basso. Il lavoro è semplice: ritirare i lerci indumenti dei clienti, infilarli nella lavatrice, aspettare, infilarli poi nell’asciugatrice, ancora aspettare, riconsegnarli puliti. Nel frattempo, bisogna tenere ordinato l’ambiente raccogliendo lattine, cartoni di pizza, bottigliette e spazzatura varia abbandonata un po’ ovunque. Più invitante è il locale, più clienti arrivano.

Arcade Paradise

La nostra lavanderia, in tutto il suo squallore.

Più veloce è il nostro servizio, più veniamo pagati. That’s it, direbbe papà. Questa sezione del gioco, con visuale in prima persona, è piuttosto facile, poichè la lavanderia è molto piccola e le macchine mostrano in maniera evidente quanto tempo manca alla fine del ciclo. Ad aiutarci ancor di più, un orologio il cui allarme indica che un processo è finito. Ma il bello viene quando ci rechiamo nello sgabuzzino adibito a ufficio.

CHE SIANO LAVATRICI O VIDEOGAME, SEMPRE A GETTONI VANNO

Nel retrobottega stazionano un paio di cabinati semidimenticati, buttati lì un tempo per intrattenere i clienti mentre attendono. Aprendone le cassettine, scopriamo che contengono un sacco di soldi. Idea! E se trasformassimo questa lavanderia in una sala giochi? Ovviamente di nascosto da papino? E qui Arcade Paradise decolla. Ora nelle pause tra una centrifuga e l’altra non ci si ciondola più in giro, ma si naviga in Internet ordinando nuovi arcade, finanze permettendo. Più sono popolari, più rendono, e di conseguenza costano. Come invogliare quindi gli avventori a infilare la monetina in coin-op che non siano tra quelli più in voga?

Idea! E se trasformassimo questa lavanderia in una sala giochi?

Giocandoci noi stessi, stabilendo record da battere e sbloccando caratteristiche che ne aumentino l’appeal. Ora nelle pause tra una centrifuga e l’altra oltre a controllare la rete per tener d’occhio le nuove uscite dobbiamo anche platinare i videogame in nostro possesso. Operazione non facile, dato che soprattutto all’inizio la principale fonte di reddito è la lavanderia e spesso siamo costretti ad abbandonare una partita per consegnare calzini. Ecco il vero incubo di ogni videogiocatore: non aver tempo per i videogame. Ma con la giusta perseveranza, e abbattendo qualche muro di nascosto per far spazio ai nuovi arrivi, riusciremo a realizzare il nostro sogno.

ANNI ’80 O ’90 CHE SIANO, SONO STUPENDI

Mi è difficile inquadrare il periodo storico di Arcade Paradise. Alcuni giochi si rifanno agli inizi degli anni ’80, mentre altri riferimenti come il PDA con il pennino nacquero nel 1996. Comunque sia, l’atmosfera delle sale giochi è ricreata in pieno. Abbiamo decine di arcade da dominare, quasi tutti di ottimo livello, con almeno un titolo per ogni genere che ha reso grande la storia videoludica: picchiaduro, racing, match 3, cloni di tetris, shoot ‘em up, puzzle, sport game, whack a mole e altri ancora, molti dei quali realizzati con una certa ironia, come il mix tra Pac Man e GTA o il clone di Arkanoid chiamato Barkanoid poichè il pad è a forma di cane.

Arcade Paradise

Il mix tra Pac Man e GTA è uno spasso.

E se la grafica della sezione manageriale lascia parecchio a desiderare, sembrando una produzione amatoriale realizzata negli anni ’90 – sarà un caso? – i videogame simulano i vecchi monitor CRT come mai mi è capitato di vedere, con tanto di riflessi di neon e luci della stanza. Anche la navigazione in Internet ci riporta a quell’epoca, con il rumore del modem e le pagine web pregne di tamarrissime immagini di sfondo. Da questo punto di vista, il lavoro di Nosebleed Interactive è epico e platinare tutti i cabinati diventa una missione di vita.

E SE FOSSE SOLO UNA COMPILATION?

Ma adesso, come nelle vecchie VHS, facciamo scorrere tutto il film, ovvero la recensione, all’indietro, con il tasto rewind. Indietro, la sala giochi con tutti i nostri record, più indietro, la lavanderia non è più la principale fonte di reddito, più indietro ancora, Nick Kamen in mutande, e adesso facciamo ripartire. A cosa abbiamo giocato? La parte manageriale non è più complessa dei cloni di Cooking Dash in cui si svolgono attività time-based, e invece di cucinare tortillas smacchiamo canotte. Si arriva all’endgame grindando un pochino e senza particolari imprevisti: non viene Tommy Vercetti a chiederci il pizzo, non dobbiamo fare i conti con il periodo di declino delle sale giochi nè fronteggiare un aumento improvviso dei costi, come accadrebbe ora con il caro bollette.

La parte manageriale non è più complessa dei cloni di Cooking Dash.

Decidiamo il costo del gettone e poco più. A questo punto potremmo vedere il tutto come una raccolta di minigiochi ben realizzati sbloccabili a poco a poco con una storia di contorno. Geniale, dato che Konami, SEGA e tutte le grandi case che per anni ci han rifilato collection su collection non ci hanno mai pensato, e speriamo che faccia scuola, ma alla fine oltre agli arcade non c’è molto più di un ambiente virtuale che sprizza eighties/nineties da tutti i pori. Mi sono divertito, ma devo sottolineare che non è nè un manageriale, nè una simulazione.

In breve: Avevo scordato la sensazione di gioia mista a curiosità quando in sala giochi arrivava un nuovo cabinato, così, dal nulla. Arcade Paradise me l’ha fatta rivivere. Alcuni coin op mi sono piaciuti veramente molto, altri nonostante fossero ben fatti semplicemente non erano il mio genere, ma se amate il retrogaming o l’hypercasual sicuramente ne troverete almeno una decina che continuerete a giocare per il semplice piacere ludico anche una volta finite le quest associate. La sezione manageriale, pur nella sua originalità, è l’aspetto meno approfondito, questo è un videogame per amanti dell’azione, non del ragionamento.

Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di Prova: I7, 8GB RAM, GeForce GTX 1050, SSD
Com’è, Come Gira: Il 3D della sezione manageriale è composto da cubi con texture e i giochi più complessi verrebbero gestiti alla grande da un Neo Geo, veramente stiamo parlando di richieste hardware?

 

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Pro

  • Gli anni '80 e '90 in un unico bundle / Decine di minigame quasi tutti ben realizzati / Filtro CRT screen da urlo.

Contro

  • Si grinda un pochino / Sezione manageriale superficiale.
8

Più che buono

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