Assassin's Creed Rogue Remastered - Recensione

PS4 Xbox One

Abbiamo aspettato 24 ore a pubblicare la recensione della remastered di Assassin’s Creed Rogue rispetto alla scadenza dell’embargo per un curioso problema che ha afflitto il mio codice review sino a ieri. In pratica, durante il periodo di test, il gioco su PlayStation 4 Pro (versione digitale, installato su HDD interno) mi si avviava dopo 5 minuti e 34 secondi di caricamento: un’infinità, nonché un problema assolutamente non da poco, che mi ha fatto temere per la riuscita complessiva dell’operazione. Ubisoft non era a conoscenza del problema, e abbiamo atteso l’evoluzione della situazione per comprendere se fosse la mia console o il gioco (che avevo avuto premura di scaricare nuovamente dopo l’insorgere del problema, senza ottenere benefici). Sarà la magia del day one, o semplicemente il caso, ma da ieri sera la mia copia della remastered del settimo capitolo della saga del Credo ha cominciato a funzionare correttamente, e posso dunque raccontarvi con molta più serenità il debutto di Shay Patrick Cormac su console di questa generazione.

FALSA AMBIGUITÀ

Assassin’s Creed Rogue è uscito originariamente nel 2014 per PlayStation 3 e Xbox 360 (e per PC l’anno successivo) poco prima dell’arrivo di Unity su PlayStation 4. Una scelta bizzarra, all’epoca, quella di non far uscire Rogue anche per la “next-gen”, anche perché di fatto questo episodio costituisce il vero collegamento tra i capitoli americani della saga e il ritorno in Europa. Rogue è, infatti, il seguito diretto di Black Flag, ed è direttamente connesso a Unity in termini di trama, per cui ho sempre considerato buffo il fatto che chi fece il passaggio generazionale all’epoca di Assassin’s Creed IV non abbia mai avuto modo di recuperare un pezzo importante della storia. D’altra parte, il 2014 è stato un anno abbastanza confuso per l’IP di Ubisoft, ed è forse proprio in quell’autunno che è cominciato il suo declino, culminato con il lancio non esattamente felice di Unity, la cui onda lunga si è abbattuta anche su Syndicate l’anno successivo. È chiaro che dietro la scelta di Ubisoft ci fu un ragionamento prettamente pratico per continuare a promuovere il brand su entrambe le generazioni di console, vista l’impossibilità di sviluppare Unity cross gen, ma è altrettanto evidente che la divisione della saga non abbia giovato a nessuno.

Assassin's Creed Rogue Remastered

Rogue avrebbe dovuto rivestire un ruolo fondamentale nell’economia della serie

Questo non vuol dire che siamo davanti a un titolo poco riuscito, ma ho sempre percepito l’avventura di Shay come una grandissima occasione sprecata, dato il presupposto da cui parte: raccontare l’ambiguità di Assassini e Templari attraverso le gesta di un uomo che tradisce la causa del Credo per sposare quella dell’Ordine, in seguito a una missione andata in maniera tragica. Tra l’altro, in termini di lore si tratta di un avvenimento abbastanza importante, perché il tradimento di Cormac da un lato si ripercuoterà sulla vita di Arno Dorian, e dall’altro porterà al collasso il ramo americano della Confraternita, che costituisce lo scenario di partenza di Assassin’s Creed III. Essendo dunque situato in un punto nevralgico dell’intera saga, Rogue avrebbe dovuto rivestire un ruolo fondamentale nell’economia della serie, e invece – dal punto di vista narrativo – sia il tradimento che la messa in discussione dei valori del Credo non sono così impattanti da farci percepire un reale cambiamento, e la soglia di ambiguità è davvero sempre troppo bassa. Il motivo principale è che il protagonista è sempre e soltanto una pedina in mano alle due fazioni, ed è il personaggio che ne esce peggio dal punto di vista della narrazione. Anche il gameplay, di fatto, finisce per essere estremamente derivativo, tanto da far venire seri dubbi sulle differenze tra le due fazioni: a conti fatti, Rogue finisce per essere null’altro che un discreto spin-off di Black Flag. Detto ciò, giocato su PlayStation 4 è decisamente meglio che su PlayStation 3, e, vi dirò, anche meglio della versione PC.

IL VECCHIO CREDO, TIRATO A LUCIDO

Al netto dell’ambiguità morale all’acqua di rosa del gioco originale, Assassin’s Creed Rogue Remastered esalta l’aspetto tecnico dell’opera, regalando alla bellissima cornice naturale dell’ambientazione texture molto definite e un carattere decisamente più vivido, che rendono finalmente giustizia alle aurore boreali che possono essere godute a bordo della Morrigan. Ottimo anche il lavoro sui personaggi, che guadagnano espressioni più marcate e un abbigliamento i cui materiali restituiscono un feeling decisamente più realistico. L’uso di texture in altissima risoluzione farà la felicità di chi possiede un setup 4K, mentre lascia un po’ l’amaro in bocca la mancanza di un’opzione per giocare a 1080p ma a 60 fps.

Assassin's Creed Rogue RemasteredSe sul fronte delle texture il lavoro svolto è stato certosino, è chiaro che però il numero di poligoni a disposizione resta quello di un gioco della scorsa generazione, e l’impatto generale a volte ne risente. In questo senso la remastered di Rogue è molto più bella da vedere quando la telecamera è stretta su Shay rispetto a quando si allarga per fare le panoramiche nei punti di sincronizzazione o mentre si veleggia in mare aperto. In quei casi un generale aliasing, la povertà di alcuni modelli e shader dell’acqua non esattamente al passo coi tempi ci ricordano la vecchia natura del prodotto. L’unica vera correzione da questo punto di vista, e che rende questa versione rimasterizzata per console migliore anche dell’originale PC, è l’aumento del numero di persone nelle città, che va a lenire la desolazione diffusa che caratterizzava Rogue all’uscita. Restano invece tutte le brutture dovute ad animazioni a volte approssimative, collisioni non sempre perfette e una generale macchinosità di alcune soluzioni.

il numero di poligoni a disposizione resta quello di un gioco della scorsa generazione, e l’impatto generale a volte ne risente

A questo proposito, il vero problema di giocare Assassin’s Creed Rogue nel 2018 è proprio quello di riabbracciare una filosofia che il franchise si è per fortuna lasciata indietro già da Unity, per poi abbandonarlo definitivamente con Origins. In questo senso, ritrovare un’interfaccia stracolma è un po’ avvilente e il sistema di parkour e scalata originale è davvero difficile da digerire, mentre ritornare ai combattimenti in stile fila alle poste con il dominio incontrastato del contrattacco è addirittura shockante. Rogue, tra l’altro, eredita tutti i problemi della parentesi americana in merito alla verticalità e alla gestione della wilderness, e non può neanche fregiarsi di esser e vero open world, perché rispetto a Black Flag il mondo è diviso in tre grosse aree. Per quanto la formula sia comunque non spiacevole da giocare, chiunque abbia affrontato Unity (dopo le patch), Syndicate e soprattutto Origins sa che non si può tornare indietro, e che Rogue rappresenta il sunto di quanto fossero sbagliate le uscite continue senza ritegno. Certo, se siete appassionati della saga vale sempre la pena giocarlo, perché nonostante tutto l’arco narrativo ha il suo perché; tuttavia, nonostante il buon lavoro di masterizzazione, non si può dire che Rogue sia invecchiato benissimo.

Nonostante l’ottimo lavoro cosmetico, Assassin’s Creed Rogue trova la sua forma migliore fuori tempo massimo. Difficile consigliare a mani basse di vivere le avventure di Shay Patrick Cormac oggi, quando Origins ha finalmente dato nuova linfa vitale alla formula della saga. Rogue è un passo indietro anche rispetto a Unity e Syndicate, e non ha lo stesso respiro globale di Black Flag, di cui costituisce soltanto un discreto spin-off. Se non l’avete giocato all’epoca e siete fan del Credo, può avere senso recuperarlo, altrimenti dedicate tutto il vostro amore a Bayek e alla rinascita degli Assassini.

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Pro

  • Buon lavoro di rimasterizzazione.
  • Ambientazione affascinante.
  • È comunque uno spin-off di Black Flag.

Contro

  • È invecchiato maluccio.
  • Rappresenta quello che non funzionava nella saga.
  • Resta una mezza occasione sprecata.
6.5

Sufficiente

Se serve un tuttofare il buon Mancini è l’uomo da chiamare. La nostra principessa fotografa, usa la videocamera come se fosse un’estensione naturale del corpo e monta video manco fosse in una catena di montaggio. Ah… e scrive anche. Insomma… il classico “bravo guaglione”.

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