Chorus – Recensione

PC PS4 PS5 Xbox One Xbox Series X

Nello spazio, nessuno può sentirti utilizzare per l’ennesima volta questa frase idiomatica per introdurre un gioco. Neanche se questo gioco è Chorus!

Sviluppatore / Publisher: Deep Silver Fishlabs / Deep Silver Prezzo: 39,99€ Localizzazione: Testi Multiplayer: Assente PEGI: 12 Disponibile Su: PC (Steam, Epic Games Store), PS4, PS5, Xbox One, Xbox Series X|S Data di Lancio: 3 dicembre

I videogiochi e le navicelle spaziali hanno un rapporto quasi atavico. Ok, forse l’ho presa troppo alla larga e con termini troppo pomposi per introdurvi Chorus, la nuova fatica dei Deep Silver Fishlabs, studio che deve almeno parte della propria notorietà proprio alle navicelle spaziali grazie a Galaxy of Fire, titolo mobile parecchio apprezzato.

Chorus, tuttavia, promette di essere tutt’altro e molto di più, un’avventura epica e di ampio respiro densa e di azione e di esplorazione. Ma tra il dire e il fare, si sa, c’è di mezzo un salto nell’iperspazio.

NARA, SONO A CASA!

Raffigurata con i suoi caratteristici tatuaggi facciali, Nara è al centro tanto della promozione quanto dell’azione di Chorus. Il suo passato è quello di un’esponente di spicco del Circolo, setta religiosa che punta alla dominazione dell’universo conosciuto e non, attraverso una élite di piloti capaci di entrare in simbiosi col proprio mortale veicolo spaziale. Nara era una di loro, una delle più spietate, finché qualcosa nel suo collegamento con l’universo e col culto si è spezzato, rivelandole le atrocità delle sue azioni. Ora Nara ha deciso di ascoltare le numerose voci che le parlano nella testa (non un gran bel segnale per una super soldato, se lo chiedete a me, però…) e saltare la barricata per fermare il Circolo e la sua Armata.

Chorus Recensione

Un saluto alla prof d’italiano delle medie che mi aveva corretto la parola senziente e che ora uso su una rivista di carta: ciao, prof!

IL FREDDO VUOTO SIDERALE TRASUDA TESTIMONIANZE DI UN’UMANITÀ DA TEMPO DIVISA E DISPERATA

Intorno a Nara si muove un universo che rappresenta forse il più grande punto di forza del gioco. Dopo una prima missione ambientata all’interno delle rovine di una struttura abbastanza angusta, in cui è poco agevole muoversi, il gioco si apre per sfoggiare un’ampia porzione di galassia esplorabile: la definizione open-world gli sta stretta, facciamo open-universe, via. Il freddo vuoto siderale trasuda testimonianze di un’umanità da tempo divisa e disperata, sparpagliata tra pianeti in cerca di una salvezza forse ormai davvero irraggiungibile. La bellezza cosmica tuttavia ignora le infime problematiche umane e si concede comunque di strappare sguardi di ammirazione con panorami mozzafiato, cesellati dagli artisti di Fishlabs con in mente scenari che noi umani non potremmo immaginarci.

LA VOCE FUORI DAL CHORUS

La bellezza del cosmo, purtroppo, non è pari alla densità di attrattive. L’avventura di Nara è costituita da un buon numero di missioni in cui le sarà richiesto sostanzialmente sempre la stessa cosa: raggiungere un punto e prendere parte a una battaglia. Il viaggio per arrivarci potrà essere più o meno diverso, attraversare città dalla blanda ispirazione cyberpunk o spettacolari masse di asteroidi rilucenti, ma una volta arrivati al punto ci si ritroverà sempre coinvolti in un combattimento spaziale. E qui iniziano i problemi. Parlo al plurale perché durante i primi scontri si avvertono sostanzialmente due limitazioni: l’assenza del lock e la rigidità del Forsaken (la nave senziente collegata a Kara) in manovra. Nella maggior parte dei casi le navicelle del Circolo sono più deboli, ma in numero superiore, e senza capire chi si sta colpendo o da dove piovano i colpi è difficile venirne a capo.

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Vero che le meccaniche sono ripetitive, ma un giro lo merita anche solo per il paesaggio.

Le cose cambiano di colpo quando il legame tra Nara e Forsaken si amplifica a tal punto da sbloccare una serie di nuovi poteri che consentono di compiere manovre fino a poco prima impensabili, come virate che infrangono e contraddicono qualunque legge fisica e spostamenti istantanei da un punto all’altro dell’universo. Nel giro di pochissimo, la fatica per allinearsi ai nemici e mettere a segno colpi viene sostituita da un teletrasporto che sposta in un battito di ciglia Nara e la sua Forsaken esattamente alle spalle del bersaglio: a quel punto bastano una manciata di colpi ben assestati per liberarsi del malcapitato pilota nemico di turno e passare al successivo. Non prima però di aver lasciato il tempo all’abilità del teletrasporto di ricaricarsi, ovviamente evitando la pioggia di proiettili che lo sciame di piccole e grandi navi, torrette e altri strumenti offensivi nei paraggi ci scaricano contro.

LA NOTA STONATA

Non posso certo dire di non aver passato dei bei momenti con Chorus, ma di contro non posso nemmeno sostenere di essermi divertito, se non nei primi frangenti in cui il teletrasporto e le altre abilità di Nara mi hanno regalato una piccola rivalsa sulle difficoltà iniziali. In breve però anche quella nuova dinamica di combattimento è risultata routinaria, un po’ come il resto dell’esperienza. È un po’ un peccato avere a disposizione un intero universo sconfinato (in realtà più piccolo di quanto le distanze a video vorrebbero furbescamente far credere) e limitarsi ad attraversarlo a tappe, dal punto A al punto B, e così via, fino alla prossima sparatoria galattica, osservando malinconicamente le meraviglie del creato che scorrono fuori dal finestrino.

È UN PO’ UN PECCATO AVERE A DISPOSIZIONE UN INTERO UNIVERSO E LIMITARSI AD ATTRAVERSARLO A TAPPE, DAL PUNTO A AL PUNTO B, E COSÌ VIA, FINO ALLA PROSSIMA SPARATORIA GALATTICA

È una delle tante contraddizioni in cui è immerso Chorus, un gioco che all’esterno sfoggia un’estetica molto moderna e abbagliante, mentre al suo interno batte un cuore alimentato da meccaniche d’altri tempi, un titolo che propone una guerra religiosa intergalattica e non ne approfondisce mai davvero le conseguenze più profonde, un’esperienza che si affida ai tatuaggi facciali della sua protagonista per suscitare un senso di misterioso esotico. C’è di sicuro un buon potenziale in Chorus, che non trova tuttavia piena realizzazione. Facendola un po’ semplice e giocando con il titolo, è come se tutte le voci che lo compongono non trovassero mai una vera e propria armonia, e certo quel che si ascolta non è brutto o fastidioso, ma il risultato finale è inferiore alla somma delle singole voci.

In Breve: La nicchia dei giochi di combattimento spaziale è abbastanza sgombra da lasciare spazio a un titolo immediato e votato all’azione come Chorus, in cui ci si può lanciare nella battaglia dopo pochi minuti, senza bisogno di leggere un manuale come con Elite o Star Citizen. Di contro, si ha l’impressione che in questo caso le meccaniche siano un po’ troppo leggerine e ripetitive. Si tratta, insomma, di una buona alternativa per chi sente il bisogno di far brillare laser nello spazio, ma il rischio che in breve si finisca per fare il turista più che il combattente è concreto.

Piattaforma di Prova: PS5
Com’è, Come Gira: Dal punto di vista grafico a Chorus si può dire ben poco: è un gran bel vedere. Qualche modello (penso ai nemici e alle città) pecca di originalità, ma l’impatto è sempre potente e fluido.

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Pro

  • È un gran bell’universo / Genere poco battuto / Colonna sonora intrigante.

Contro

  • Meccaniche poco moderne / Troppo ripetitivo.
7.5

Buono

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