Una certa parte delle storie hollywoodiane gravita attorno l’incomunicabilità tra genitori e figli. Spielberg ha tratto molto della sua fortuna narrativa proprio da questo snodo, e col prosieguo degli anni molti registi e sceneggiatori hanno ripreso questo stilema per ricamarci attorno tante diverse storie.
The end of the f***ing world di casa Netflix, tratto dall’omonima graphic novel firmata Charles Roven, narra le vicende adolescenziali di due ragazzi, James e Alyssa: da fuori potrebbero sembrare due ragazzi normali, forse un po’ sfigati, ma James è convinto di essere uno psicopatico, con il desiderio di uccidere un essere umano, mentre Alyssa è fuori di testa, senza peli sulla lingua, lunatica e forse semi ninfomane, nonostante sia ancora vergine. Entrambi hanno 17 anni, sono alienati da tutto e da tutti, e hanno difficoltà a rapportarsi con i loro genitori come con il mondo che li circonda: così, in un impeto di ormoni, decidono di scappare di casa, senza destinazione, abbracciando tutto ciò che il mondo e il destino gli riserverà.
Serie meno blasonata al netto degli altri cavalli di razza di Netflix, The end of the f***ing world si rivela, per semplicità, finalità e stile narrativo, una piccola perla nel panorama delle produzioni anglosassoni. Al di là della facile e rapida fruibilità (8 puntate da 20 minuti circa… in poco più di due ore l’avrete vista tutta, è la massima empatia con i due ragazzi che rapisce facilmente l’attenzione e i sentimenti dello spettatore. D’altronde, parliamo di un racconto prettamente pop (con alte punte pulp del miglior Tarantino) che abbraccia – a seconda della situazione – la commedia e il semi drammatico. Il mondo che si appresta a finire, come riportato nel titolo, è un luogo di certezze interno, quella rabbia giovane che accompagna ogni crescita adolescenziale fino alla sua fine, quando l’età matura bussa alla porta e si impossessa di noi.
parliamo di un racconto prettamente pop (con alte punte pulp del miglior Tarantino)
La maturità, che prima o poi arriverà, serpeggia tacitamente tra i due protagonisti in un viaggio “on the road”; il percorso (fisico e narrativo) palesa innumerevoli situazioni esagerate (con alla base i classici archetipi genitoriali e adulti che additano persone immature) e costituisce la classica parabola dedicata alla crescita e all’abbandono dell’illusione di un realtà edificata su impulsi e rabbia.
La realtà di fondo che muove i gesti di James e Alyssa è quindi una sorta di rifiuto collettivo: un grande dito medio costruito alla “civiltà” dei grandi, che nasconde sotto una dolcissima storia d’amore, capace di regalare almeno tre momenti di vera tenerezza, tanto da farci innamorare subito di entrambi i personaggi. Il sentimento che cresce, nasce e si concretizza tra i due vive proprio nella loro atipicità e nella fuga, in momenti fuori dal mondo che rendono i due ragazzi vivi, capaci di respirare la loro storia a pieni polmoni.
Se proprio c’è da trovare un difetto in The end of the f***ing world (opera così fuori di testa, ma al tempo stesso condita con una forte tenerezza) è proprio nella sua fine, nel volerne ancora di più e nello sperare di vedere una seconda stagione. James e Alyssa, in pochi minuti, riescono a essere personaggi che – al di fuori del loro medium – vivono facilmente in ogni spettatore: si tratta di un elemento raro nel panorama dell’audiovisivo, ma quando capita è un tesoro da trovare, conservare e far nostro nel miglior modo possibile.
Voto 8
Genere: commedia
Publisher: Netflix
Regia: Jonathan Entwistel, Lucy Tcherniak
Colonna sonora: Graham Coxon
Interpreti: Alex Lawther, Jessica Barden, Gemma Whelan, Wummi Mosaku, Steve Oram
Durata: 8 episodi