Made in Italy – Recensione

Nell’ultimo film di Nanni Moretti, Mia Madre, Margherita Buy interpreta una regista impegnata a girare una pellicola incentrata sulla chiusura di una fabbrica. La sera, a fine riprese, la protagonista si reca all’ospedale a trovare l’anziana madre e le racconta il materiale girato finché, a un certo punto, lei le chiede quale sia il significato di un lungometraggio basato su persone che perdono il lavoro in un periodo delicato e incerto come quello che stiamo vivendo. Questo aneddoto potrebbe essere la sintesi perfetta di Made in Italy, terzo film da regista di Ligabue.

Nel 1998, il rocker di Correggio aveva esordito con Radiofreccia, un ottimo film divenuto nel tempo quasi un cult generazionale, quindi era lecito attendere Made in Italy con un pizzico di curiosità. Purtroppo, le aspettative sono state ampiamente deluse. Già nel tentativo di delineare una traccia di trama sorgono le prime difficoltà: Made in Italy vuole essere uno spaccato della vita di un tipico operaio di ceto medio-basso, raccontandone le difficoltà quotidiane dentro e fuori il mondo del lavoro, tra crisi economica e problemi coniugali. La vita e la città che sembrano stare troppo strette a Riko (Stefano Accorsi), che trova nell’adulterio e nelle serate con gli amici uno spiraglio per idealizzare e concretizzare una fuga dal “tanfo” del quotidiano.Made in Italy immagine Cinema 01

il film appare come uno showreel di scene montate una di seguito all’altra

La sceneggiatura di Ligabue, ahimè, è informe e risulta spesso fumosa, con moralismi banali e mal contestualizzati che si rivelano i punti cardine su cui si regge la storia. Di conseguenza, il film appare come uno showreel di scene montate una di seguito all’altra, tutte di varia natura, scandendo malissimo le stagioni che accompagnano la narrazione. L’opera tenta di accendere un’emozione o di trasmettere qualche brivido di felicità, ma si percepisce ampiamente come la genuinità di una bella storia, raccontata di pancia, sia stata uccisa dalla necessità di compiacere quanto più pubblico possibile, cercando di riflettere i disagi di Riko sullo spettatore.

Riallacciandomi all’incipit, mi domando se ci sia davvero bisogno di andare al cinema per vedere un film costruito sui luoghi comuni del nostro Paese, in questo contesto demonizzati. A mio parere, no. Con quanto affermato, non voglio negare il diritto inalienabile dello spettatore di spegnere il cervello per una serata, ma desidero sottolineare come Ligabue – con Made in Italy – si ponga molte domande di cui lui stesso non ha risposte, demandano il tutto alla speranza in un futuro più roseo.Made in Italy immagine Cinema 03La credibilità dell’opera crolla definitivamente quando ci si rende conto, a metà visione, che tutto il film è assolutamente fine a se stesso, o peggio, fine a un’autocelebrazione dello stesso Ligabue. Ogni situazione narrativa, difatti, tende a collegarsi con qualche aneddoto musicale pescato dalla discografia del rocker, che non esiterà a mettere in stand-by il film, seppur temporaneamente, per farci ascoltare qualche minuto di una sua canzone.

Made in Italy vuole vendersi come cinema impegnato, rigoroso e preciso nell’interpretazione

La celebrazione egocentrica e commerciale di Ligabue si “arricchisce” anche di una cifra stilistica presa dal peggior Castellitto, che a sua volta l’ha ripescata dall’ultimo cinema di Muccino, una formula fatta di persone che corrono, urlano e si strattonano; una visione che viene “spacciata” come vicina al reale, ma che invece si dimostra falsa e pretenziosa, quasi Made in Italy volesse vendersi come cinema impegnato, rigoroso e preciso nell’interpretazione.

Sotto la scorza di un film sulla carta stimolante, occorre constatare come la polpa sia un mix di sapori che non restituisce nulla di buono al palato cinematografico dello spettatore. Peccato.

VOTO 5

Made in Italy immagine Cinema locandinaGenere: drammatico
Publisher: Medusa Film
Regia: Luciano Ligabue
Colonna Sonora: Luciano Ligabue
Interpreti: Stefano Accorsi, Kasia Smutniak, Marco Pancrazi, Fausto Maria Sciarappa, Tobia de Angelis
Durata: 110 minuti

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