C’è un aspetto che ha accompagnato tutte le produzioni del franchise creato da James Cameron, in particolare dopoTerminator 2 – Il Giorno del Giudizio: tutte erano inspiegabilmente a confronto con questo capitolo, non uscendone mai con ottimi risultati; al netto del confronto, sono proprio le ultime produzioni a non riuscire a rispecchiare una data richiesta da parte del mercato cinematografico odierno, nel tentativo di svecchiare o innovare la saga.
Guardiamoci per un attimo dietro: Terminator 3 era la stanca riproposizione di una formula già testata, mentreTerminator Salvation riuscì a capire in che direzione sarebbe dovuta andare la saga: mostrare effettivamente il futuro post apocalittico e il conflitto uomini contro macchine in corso (cercando di sublimare i fulminei flash forward del primo e mitologico film che, peraltro, era stato un miracolo a bassissimo costo, almeno per gli standard hollywoodiani, ndIIV). Una direzione giusta, insomma, ma con un prodotto finale che non riusciva a spiccare per la debolezza di diversi aspetti, con un risultato poco visionario e fin troppo mainstream, laddove Genisys è stato un goffo tentativo di ritornare alle origini reinventando in salsa teen l’icona primigenia di Sarah Connor (Emilia Clarke, affiancata da un debole Jai Courtney per il personaggio di Kyle Reese, anch’esso amatissimo nel capitolo originale, ndIIV).
Insomma, dopo quel 1991 non è più uscito nulla di meritevole, al punto che lo stesso Cameron ci ha voluto riprovare direttamente nel ruolo di produttore, considerato il suo impegno nella direzione dei sequel di Avatar, chiamando alla regia Tim Miller.
A distanza di decadi, Terminator 2 – Il giorno del giudizio rimane il punto di riferimento mai eguagliato
Le premesse erano particolari e alquanto bislacche, con la produzione che si è rifugiata in una pratica non nuova nell’industria cinematografica, andando a creare un ulteriore sequel che ignora palesemente alcuni capitoli. Per lo stesso motivo, la comunicazione a riguardo è stata subito chiara: Terminator Destino Oscuro doveva essere un sequel diretto di Terminator 2, gettando tutte le produzione successive al di fuori dei canoni ufficiali di questo universo sci-fi.
La libertà creativa, dunque, asso nella manica del team, è stata colta al balzo per presentare un nuovo futuro in cui l’apocalisse di Skynet è stata scongiurata, ma senza impedire che una nuova minaccia si stagliasse all’orizzonte mettendo nuovamente in pericolo il futuro dell’umanità.
Ancora due particolari Terminator vengono mandati nel passato con un unico obiettivo e scopi inversi: uno deve salvare e l’altro uccidere una ragazzina, nuova pedina centrale per la guerra post apocalittica. In questa scacchiera si inserisce poi l‘irrequieta Sarah Connor, sempre in guerra contro le macchine di Skynet nonostante la non più giovane età, a cui si affiancherà un T-800 misteriosamente rimasto nel passato e ancora in attività.
Terminator: Destino Oscuro si presenta al meglio delle sue possibilità, lucida gli assi e li usa subito con l’accoppiata Linda Hamilton-Arnold Schwarzenegger che su schermo fa faville, smuovendo ottimi feels insieme a interminabili scene d’azione al cardiopalma, capaci di tenere il fiato sospeso per interi minuti e attendere lo stacco di montaggio successivo per riprendere fiato.
La ragazza da proteggere è messicana, scelta che poteva anche risultare intrigante ma finisce sminuita da una presenza scenica troppo anonima, complice un viso e una recitazione che vengono facilmente dimenticati; anche per questo, la nuova trama cerca di dipanarsi tra il vecchio che conoscevamo e il futuro inedito, condito sempre dai soliti stilemi fondamentali della serie – macchine omicide, supercomputer con propria volontà, gruppi di resistenti e guerre futuristiche. Avremo di nuovo un assaggio di questo cupo scenario, attraverso suggestioni visive di gran spessore che, tuttavia, risultano solo un antipasto e finiscono per riportarci al pensiero di una storia del genere, a un Salvation più maturo e consapevole di poter narrare un conflitto bellico tenendo sempre fede al prestigio fantascientifico che porta come titolo.
Linda Hamilton e Arnold Schwarzenegger di nuovo insieme fanno faville e riescono a riesumare sentimenti di profondo amore per la saga, salvando almeno le sequenze che li riguardano
Terminator: Destino Oscuro inciampa proprio quando gli si chiede di mostrare qualcosa in più, di rendersi pronto per farsi ricordare nei giorni successivi. Purtroppo non ci riesce, arrivando comunque allo status di capitolo più compatto e con maggiore consapevolezza di come sfruttare il materiale che ha a disposizione, di come riprendere un discorso caro al capostipite del franchise, che vedeva il grembo femminile come fulcro di rinascita e speranza su un futuro buio. Anche il team di eroine che cerca di farne le veci si presenta più agguerrito più che mai; purtroppo, però, oltre a questo buonissimo esercizio di stile rimane ben poco del nuovo capitolo, se non la sensazione poco piacevole che il franchise, impantanato su questi binari prestabiliti, non avrà un futuro troppo radioso.
Forse è il film più bello dai tempi di Terminator 2, almeno per me lo è stato, ma è anche quello che lavora maggiormente sull’essere una riproposizione di quel capitolo, adattato alle richieste di oggi.
VOTO 6.5
Genere: azione, fantascienza
Publisher: 20th Century Fox
Regia: Tim Miller
Colonna Sonora: Tom Holkenborg
Interpreti: Linda Hamilton, Arnold Schwarzenegger, Gabriel Luna, Mackenzie Davis, Natalia Reyes
Durata: 128 minuti