Del defunto progetto riguardante il Dark Universe, universo cinematografico targato Universal comprendente i mostri sacri del cinema, a oggi è rimasto il dimenticabilissimo La Mummia con Tom Cruise, flop di critica e boxoffice tanto da far scappare tutti gli altri attori che avevano già accettato diversi ruoli all’interno del progetto.
Johnny Depp avrebbe dovuto interpretare la nuove versione de L’uomo Invisibile, per poi sparire – letteralmente – dopo il diretto naufragio della produzione. In soccorso è arrivato Jasom Blum, il Re Mida degli horror a basso budget (Paranormal Activity, Insidious, The Conjuring, Il Giorno del Giudizio e compagnia briscola), che negli ultimi dieci anni ha fortemente cambiato modo di produrre film, con la semplice regola di spendere pochissimo come budget di produzione, per poi ricavarne entrate astronomiche (Insidious è costato 1 milione, ne ha incassati 100, The Conjuring ne è costato 20 e ne ha fatti guadagnare più di 320 di milioni al boxoffice mondiale).
la nuova rilettura de l’uomo invisibile è tanto brillante quanto fascinosa
Blum con la sua Blumhouse ha dunque preso in mano il progetto, eliminando ufficiosamente la dicitura di Dark Universe per rilanciare sul mercato film singoli, slegati tra di loro, ma dalla forte rilettura sociale moderna. L’uomo Invisibile diretto da Leigh Wahnnell diviene rappresentazione della violenza domestica e dei diretti danni da essa provocati.
Cecilia (Elisabeth Moss) è compagna di un famoso e brillante scienziato, estremamente violento e patologicamente possessivo nei suoi confronti. Quando la protagonista deciderà di fuggire, il suo ex compagno si suiciderà; lei, però, è convinta che il suo non sia stato un suicidio, e anzi crede di percepire un presenza invisibile che la guarda costantemente, la osserva e interagisce con lei. Da vittima, Cecilia comincerà ad avere comportamenti sempre più strani e, agli occhi degli altri, sarà evidente una paranoia che potrebbe sfociar in comportamenti psicotici. Prima tutti le credevano, ora nessuno.
Parte dell’ottima rilettura di questo film deriva proprio dalle basi, che attingono a piene mani dalla quotidianità della cronaca, per mettere in scena un mostro non più innaturale, bensì, vera e propria metafora ed evoluzione di una violenza domestica. L’atto, la liberazione e il conseguente reintegro nella società senza alcun timore, mostrato dall’invisibile, dalla reale possibilità che sull’uscio della porta aperta ci sia davvero qualcuno, concretamente impossibile da vedere. La tensione sale lungo la schiena mentre la regia perfetta e chirurgica di Whannell fissa il focus su quel determinato punto e lo riprende per lunghi e interi secondi, invitandoci a scorgere un segno che, forse, non c’è.
Si fuga ogni dubbio sin da subito, la reale consapevolezza di ciò che vediamo è in perenne contrasto con gli angoli vuoti della casa e col viso stanco e agitato della sempre brava Moss, in questo caso perfetta nei suoi occhi spalancati grondanti lacrime e capelli arruffati, una crisi di nervi che diviene un affronto diretto a quel nemico invisibile.
Che sia parto della sua mente o reale, poco importa, la crisi di Cecilia fa il paio con la sua vena combattiva nel prendere quel nemico invisibile per il bavero e affrontarlo di petto.
Se è questa la direzione che la Blumhouse vuole intraprendere per gli altri film, in questa nuova idea di Dark Universe, ben venga. Anzi. non ne sarò mai sazio, se saranno tutti così ben scritti e realizzati.
VOTO 8
Genere: thriller, fantascienza
Publisher: Universal, CHILI
Regia: Leigh Whannell
Colonna Sonora: Benjamin Wallfisch
Interpreti: Elisabeth Moss, Oliver Jackson-Cohen, Storm Reid, Aldis Hodge
Durata: 124 minuti