Le intenzioni, come gli obiettivi, del secondo film (il primo in computer grafica) dedicato a Super Mario Bros sono delle più limpide, di quelle che si palesano già dopo una manciata di minuti di visione, nel semplicistico modo in cui osserviamo le rese dei personaggi di Mario e Luigi e, all’arrivo nel Regno dei Funghi, di tutti gli altri storici personaggi.
Tutti dettagliati e colorati seguendo linee guida che portano alla fedeltà assoluta. Non è sbagliato dunque associare al film l’etichetta da “fan service estremo”, giacché sarebbe intellettualmente sbagliato omettere una direzione ben precisa.
non è sbagliato associare al film l’etichetta da “fan service estremo”, sarebbe sbagliato negarlo
Se avete visto i precedenti lavori della casa di produzione sotto Universal, ritroverete facilmente uno schema che si applica e ripete continuamente: l’animazione prima di tutto, a cui seguono storie semplicissime, senza alcuna morale se non puntellata a piccolissime dosi, il tessuto narrativo costruito su immagini brillanti, piene di colori. Un contenitore che viene riempito gradualmente di tutto ciò che ci si potrebbe aspettare da un film di Super Mario, partendo da Donkey Kong, per intravedere una migrazione di Yoshi o lasciarsi coccolare da questa storia di forte amore fraterno dove, a differenza degli albori della saga, Mario deve salvare Luigi, catturato da Bowser, con la Principessa Peach a fargli da spalla nell’avventura.
un film sì fan service, ma anche una lettera d’amore dedicata a tutti i fan, piccoli o grandi, del leggendario idraulico italoamericano di casa Nintendo
D’altronde il film è abilissimo a riempire lo stesso contenitore di citazioni, riuscendo a incasellare quel momento – mai forzato – che farà piacere i fan, senza snaturare l’essenza stessa della narrazione. Anzi, la vera e propria svolta di qualità è quella di geolocalizzare il prodotto nel tempo e nello spazio.
La storia della donzella in difficoltà dopo decadi di salvataggi nei castelli non funziona più e ottimizzando la stessa evoluzione videoludica inserendo anche declinazione da Mario Kart, Peach nel tempo si è trasformata da un ammasso di pixel a personaggio giocabile. La sua “tridimensionalità” è necessaria, motivo per cui la scelta di farla diventare spalla di Mario assieme al solito Toad è sicuramente ottima. In qualche modo viene sacrificato Luigi, pur sfruttandolo in modo perfetto tanto da mettergli una torcia in mano e farlo girare in un luogo infestato da mostri e fantasmi, per non parlare di altri abilissimi passaggi dove, ad esempio, vediamo le versioni baby degli stessi fratelli.
Peach nel tempo si è trasformata da un ammasso di pixel a personaggio giocabile, e il film lo riflette
Concretamente, dovessimo parlare di contenuti, il rammarico è paradossalmente per l’estrema, forse eccessiva fedeltà alla forma anche estetica dei videogiochi, tanto che tutto il lungometraggio, per quanto fedele, brillante e colorato, potrebbe essere scambiato per una cutscene qualunque di un nuovissimo titolo di Super Mario.
Gli stessi artisti di Illumination osano pochissimo, quasi nulla, proprio per evitare di restituire un’immagine (e relativo immaginario) di Super Mario diverso da quello che tutti conoscono. D’altra parte è un prodotto che punta al pubblico di riferimento, giovane e non, senza rischio di fronzoli o troppo libere interpretazioni.
VOTO 7
Genere: animazione
Publisher: Universal
Regia: Aaron Horvath, Michael Jelenic
Colonna Sonora: Brian Tyler
Interpreti (doppiatori nella versione originale): Chris Pratt, Charlie Day, Jack Black, Anya Taylor Joy, Seth Rogen
Durata: 92 minuti