Terzo film della nuova trilogia, X-Men: Apocalisse si pone anche come chiusura ideale di un cerchio iniziato nel 2000, proprio per la regia di Bryan Singer che qui torna a dirigere i mutanti dopo il fortunato Giorni di un Futuro Passato. Gli eventi alla fine del capitolo precedente hanno segnato un nuovo inizio per i mutanti: Xavier dirige con grande successo la sua scuola per giovani talenti, Mystica è diventata icona di accettazione mutante sulla Terra e Magneto si è ritirato a vita privata e si è costruito una famiglia. Ovviamente, il tutto è destinato a crollare con il risveglio di un’antica divinità egizia, Apocalisse, che si dice sia stato il primo tra i mutanti. Giunto di nuovo sulla Terra, il potentissimo avversario si rende conto dei falsi idoli che l’essere umano venera, e si adopera quindi per toglierli di mezzo. Denaro, armi nucleari, la televisione con i suoi falsi profeti come Ronald Regan: Apocalisse intende far piazza pulita di tutto e ripartire dalle basi, assicurando alla razza mutante di poter governare sui più deboli. Ovviamente Xavier, accompagnato dai nuovi allievi della scuola, tra cui spiccano Fenice, Ciclope e Quicksilver, si opporrà all’idea distruttiva del primo dei mutanti.
X-Men: Apocalisse è un lunghissimo (rispettando il canone delle due ore e mezza; mi chiedo perché non si possa scendere sotto questo minutaggio estenuante) giro di giostra. Ti diverti, assisti allo spettacolo, e poi quando scendi te lo sei già bello che dimenticato. Il sesto film del franchise X-Men sembra riprendere tanti dei temi, delle situazioni e degli avvenimenti degli altri film, per poi riversarli in questa specie di confronto finale. Il risultato è scostante, giacché la costruzione di quanto succede alterna momenti interessanti a clamorosi buchi nell’acqua. Apocalisse stesso funziona ben poco, con quel suo look pacchiano, palese sotto le luci accecanti dei riflettori: non fa paura e non è misterioso, e anzi sembra proprio un pupazzone; un deus ex machina che si teletrasporta da una parte all’altra del mondo e crea scompiglio all’interno dei diversi set, frantumando il pathos. La stessa personalità dei personaggi – perfino quelli più importanti come Magneto – è ben più fragile che in passato: le decisioni prese e disfatte si alternano in modo così poco credibile che si arriva al limite della bipolarità. Nelle battute finali gli effetti dei poteri mutanti sembrano fuori scala perfino al ricordo della devastazione di Conflitto Finale.
Forse è il caso di farli riposare un po’ più a lungo, questi X-Men
Nonostante le buone cose, però, siamo sempre di fronte alla stessa solfa. Complice anche l’abbuffata recente di film supereroistici che, per quanto mi riguarda, sembrano tirare troppo una corda lì lì per spezzarsi, questo stillicidio di poteri sullo schermo non impressiona più nessuno. Il ridurre tutto all’ennesima fine del mondo non giova a un franchise che, nei capitoli precedenti, è riuscito a offrire una visione alternativa degli eventi bellici più importanti della storia del mondo (come la bellissima scena della crisi missilistica sulla spiaggia di Cuba, o la genesi di Magneto ad Auschwitz), fungendo da rilettura critica dell’ultimo secolo. Forse è il caso di farli riposare un po’ più a lungo, questi X-Men, nonostante la scena dopo i titoli di coda mi smentisca, e nonostante sia davvero tanta la voglia di vedere ancora Olivia Munn fasciata nel vestitino di Psylocke.
VOTO: 6.5
Publisher: 20th Century Fox
Regia: Bryan Singer
Colonna Sonora:John Ottman
Interpreti: James McAvoy, Michael Fassbender, Jennifer Lawrence, Oscar Isaac, Nicholas Hoult, Olivia Munn
Durata: 143 minuti