Man in the Dark – Recensione

Tre ragazzi sbarcano il lunario settimanalmente derubando gli appartamenti di gente ricca e rivendendo il bottino così acquisto. Il loro sogno è raggiungere la California, ma i soldi non sono mai abbastanza, finché un giorno ricevono una dritta: in un quartiere ormai abbandonato è rimasto un abitante, un ex marine ora non vedente. Nella sua piccola casa, è cosa sicura, si cela una cassaforte con milioni di dollari. I ragazzi decidono quindi di fare l’ultima rapina, ma quello che si presentava come un furto facile finirà in una carneficina.

Il giovane regista uruguaiano, Fede Alvarez, dopo l’ottima prova nel remake de La Casa (Evil Dead in originale), con tanto di supporto morale ed economico di Sam Raimi, leggendario regista dell’originale trilogia, si ritrova con questo script interessante tra le mani e con la consapevolezza di dover confermare che il successo del suo precedente film non è stato un colpo di fortuna.

Man in the Dark immagine Cinema 01

Don’t Breathe, titolo originale, meglio indica il punto di forza del film

Con ancora Sam Raimi nel ruolo di produttore, che evidentemente ha fiutato il talento del ragazzo, Man in the Dark si presenta come un piacevolissimo thriller di fine estate (anche se il titolo originale Don’t Breathe avrebbe avuto più appeal). Alvarez pesca dal passato, cita di nuovo La Casa del suo mentore e, ancor di più, La Casa Nera di Wes Craven, confezionando una pellicola dal concept originale che si spalma brillantemente minuto dopo minuto, regalandoci almeno tre colpi di scena che sono stati intelligentemente omessi dai diversi trailer e dalla campagna di marketing.

Dicevo dell’importanza del titolo originale, Don’t Breathe: “non respirare” meglio indica il punto di forza del film. Il padrone di casa, non vedente, ha affinato gli altri sensi: tatto, olfatto e su tutti l’udito. I vari momenti di silenzio assoluto, che negli horror annunciano sempre l’arrivo di uno jumpscare, qui sono usati sapientemente per immergere lo spettatore all’interno della casa: se ogni singolo respiro rivela la posizione dei tre ragazzi, immaginate aprire una porta cigolante. Ogni singolo rumore diventa quindi una condanna a morte grazie l’addestramento militare del veterano e dei segreti oscuri che nasconde nella casa.

Escludendo il finale non proprio all’altezza (Alvarez sembra abbia problemi nel chiudere narrativamente i suoi film) e alcune punte di trash consapevole, e quindi divertente, Man in the Dark regala allo spettatore momenti di puro terrore e angoscia. Immenso come sempre Stephen Lang nella parte del veterano, un attore che, anche nel progetto più piccolo, si impegna e dona il 200% per rendere tutto più affascinante e cupo.

VOTO 7

Man in the Dark immagine Cinema locandinaGenere: horror, thriller
Publisher: Warner Bros.
Regia: Fede Alvarez
Colonna Sonora: Roque Baños
Intepreti: Stephen Lang, Jane Levy, Dylan Minnette, Daniel Zovatto
Durata: 90 minuti

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