https://www.youtube.com/watch?v=vsdRG0mJj-w
Attenzionissima: la seguente recensione contiene SPOILER importanti. Proseguite nella lettura solo se avete portato a termine la visione dell’intera stagione.
Chiamatela terza stagione, revival o il ritorno, fatto sta che il nuovo approdo in TV di Twin Peaks dopo più di 25 anni, come pronosticato dalla stessa Laura Palmer a Dale Cooper nella Loggia Nera, ha gettato nella confusione e nell’estasi più totale il pubblico televisivo. Non tutti, perché come già dimostrato dai dati di ascolti di Showtime, Twin Peaks non è stato un successo eclatante, ma ha essenzialmente rispettato il tipo di feedback che si erano prefissati rete e creatore.
David Lynch è tornato dietro la sua creatura più celebre, bistrattata non per sue colpe, ma per via di un network avido di pubblicità che ne ha sancito la chiusura. Era il 1991 e ABC, che mandava in onda lo show, bruciò le tappe, rivelando troppo presto l’assassino di Laura Palmer. Il resto fu un crollo vertiginoso degli ascolti e relativa chiusura dello show. A distanza di 25 anni, Lynch, in forma più che mai, riprende la sua creatura, la coccola, la impacchetta per bene e ce la mostra; tuttavia, invece di tradire se stesso con un prodotto mediocre, decide di tradire le stesse aspettative degli spettatori. Perché questa affermazione? Vedremo alla fine.
Twin Peaks è di fatto un lungo film di 18 ore diviso in altrettanti episodi. Con un cast di più di 200 attori (tra vecchi e nuovi) il ritorno, apparente, a Twin Peaks è più variegato esteticamente, a discapito della linearità della trama. Ce lo aspettavamo? Assolutamente sì. Parliamo pur sempre di David Lynch, un genio visionario che ha sempre operato sotto il suo totale controllo creativo, proponendo viaggi nella psiche umana sempre più contorti e strani. Secondo l’autore statunitense la vera essenza dell’essere umano è lì, nel subconscio astratto, quel “terzo posto” che ha adottato come filosofia di libertà creativa. Ma su questo concetto torneremo tra pochissimo.
A distanza di 25 anni, Lynch riprende la sua creatura, la coccola, la impacchetta per bene e ce la mostra
Cosa è successo in questi 25 anni di assenza a Twin Peaks e nel mondo intero? Il caos. Lynch ce lo spiega perfettamente nell’ora televisiva più importante mai partorita in questo ultimo quarto di secolo: l’ottava puntata è qualcosa che ha gettato nel delirio gli spettatori del mondo intero. Con un’immersione audiovisiva mai vista prima, Lynch ci porta dentro il fungo atomico di un test nucleare nel New Mexico del 1945. Le immagini, i suoni, il disturbo emotivo, pari solo al viaggio oltre l’infinito di Bowman di 2001: Odissea Nello Spazio, è un tuffo diretto e senza precauzioni verso il genio di Lynch ed è stata una risposta spiazzante a chi credeva che il ritorno di un serial TV come Twin Peaks non avrebbe avuto mordente o storia. In poco più di 58 minuti, Lynch ci mostra la nascita di BOB per mano dell’egoismo dell’uomo, ormai solo contro se stesso. BOB viene letteralmente vomitato nel mondo terrestre, ormai impuro e nel totale caos. Dall’altra parte, nella Loggia Bianca, l’equilibrio risponde “battezzando” il destino di una fanciulla, che nei prossimi anni nascerà e che sarà destinata a contrastare il male. Una sfera dorata viene lanciata sulla Terra. Nella sfera è visibile l’iconico ritratto di Laura Palmer.
l’ottava puntata è qualcosa che ha gettato nel delirio gli spettatori del mondo intero
Per Lynch il terzo posto è sempre stato Twin Peaks. Ci è voluto ritornare, ha chiesto i finanziamenti per continuare e chiudere la storia e, in questi 25 anni, ha speso tutto il suo tempo per teorizzare ed evolvere i suoi protagonisti, partendo dall’iconica fine della seconda stagione che ha lasciato spiazzati tutti quanti. Cooper fugge dalla Loggia Nera ma è “incompleto”, vaga nel mondo come Dustin Hoffman in Rain Man: ha bisogno del secondo Cooper, quella malvagio, quello posseduto da BOB per tornare l’agente speciale Cooper che abbiamo amato a suon di caffè e torte; l’espediente narrativo è simile a quello di Kingdom Hearts, dove Sora, senza il suo Nobody (Roxas), non può tornare a “vivere”. Non è comuque lui il perno del racconto, per quanto ne veicoli sempre tutti gli avvenimenti – addirittura nel finale noi stessi saremo Dale Cooper, testimoni di quanto successo ora e 25 anni prima – ma sempre lei, Laura Palmer. Lynch non ha mai voluto chiudere il cerchio narrativo con la scoperta del suo assassino, giacché il destino della giovane è sempre stato più complesso; intrappolata nella Loggia Nera, la missione di Dale Cooper, il solito ottimista e di buone speranze, è sempre stata quella di salvarla, contro ogni regola metafisica.
Il tocco finale è comunque geniale quanto metatelevisivo nel momento della sua concezione
Quarta stagione? No grazie. Non avrebbe senso. Arrabbiarsi per tutte le storie lasciate in sospeso è inutile, giacché lo stesso Lynch non ha la soluzione, laddove tutto frutto di un grandissimo sogno. Che sia il regista o noi stessi a sognare non ci è dato sapere, ma ogni sfumatura è così dannatamente importante (specialmente se si intraprende una strada di analisi puramente metatelevisiva) che preferisco lasciarmi coccolare da questo e godermi il viaggio.
VOTO: 9
Genere: thriller, fantastico
Publisher: Showtime
Regia: David Lynch
Colonna Sonora: Angelo Badalamenti
Intepreti: Kyle MacLachlan, David Lynch, Laura Dern, Sheryl Lee, Naomi Watts, Michael Horse
Durata: 18 episodi