Perché una premessa così discordante dal giudizio nettamente positivo che trovate in calce? Perché portare King al cinema è notoriamente difficile. L’unico modo per farlo è ridimensionarne i vastissimi mondi, anche sacrificando consapevolmente elementi iconici, come la stessa mitologia. Operando anche un lavoro di sottrazione, Muschietti stravolge tutto il materiale di base, già partendo dall’ambientazione, non più il 1950 ma il 1989, andando così ad abbracciare un certo tipo di cinema che – tuttora – ci riscalda il cuore: Stand By Me, E.T., I Goonies, e potrei continuare all’infinito. Quello strano feeling sentimentale che ci ha pervaso guardando Stranger Things qui si ripropone con la medesima forza.
il tema della sconfitta della paura viene trattato parallelamente a un discorso sui demoni interiori
Tanti sono i riferimenti, su questo piano, all’incredibile Nightmare di Wes Craven, citato un paio di volte nel film. Tolti gli adulti, che sembrano vivere in un mondo davvero poco comprensibile, i giovani protagonisti dovranno capire le regole e trovare la chiave per sconfiggere Pennywise, e come da prassi il tema della sconfitta della paura viene trattato parallelamente a un discorso sui demoni interiori (anch’essi da sgominare), molti dei quali lasciati in eredità proprio dalle figure genitoriali.
Un lavoro importante, e di indubbia qualità, è stato fatto per creare il giusto feeling tra i giovani attori, perfetti e bravissimi nel trasmettere al meglio le emozioni provate. Il regista coglie le battute giuste direttamente dal romanzo, magari brevi, ingenue, ma vere, cariche di sentimenti incondizionati. Come conseguenza, veniamo totalmente rapiti dalla dolcezza che traspare da questi sette ragazzi che – da soli, con la mera forza dell’amore e dell’amicizia – devono sconfiggere la morte. Un particolare elogio va a Sophia Lillis e alla sua Beverly: la giovane attrice rappresenta al meglio il personaggio ideato da King, affascinante, senza pudore nel mostrarsi come vuole davanti ai suoi amici; sicura nel soppesare amore, odio e paura, è il personaggio con cui lo spettatore riuscirà più facilmente ad entrare in empatia, proprio perché l’unica ragazza in un gruppo al maschile.Come detto in apertura, Muschietti “tradisce” il genere horror per presentarci un thriller dell’orrore che sembra più un film di formazione; nondimeno, dalla pellicola scaturiscono grandi sentimenti: la tenerezza tra Beverly e Bill, così ingenua e pura, riesce a vivere anche oltre i titoli di coda, raccontata con un forma di romanticismo convincente, non smielato, ma dolcissimo. Con IT ritroviamo davvero la voglia di tornare ragazzi e di vivere in loro compagnia per riassaporate quella complicità così forte.
IT di Andy Muschietti è “brutto”, studiato e scritto a tavolino; apertamente tradisce sia il romanzo che il genere horror, ma è dannatamente appassionante!
I puristi del genere e i fan più accaniti di King potrebbero storcere un po’ la bocca, e non a torto: Muschietti trascende il genere per creare qualcosa di diverso, difficilmente catalogabile; uno di quei film che affiancano soluzioni facili ad altrettante coraggiose, eppure tutto si amalgama perfettamente, rendendo IT un vero e proprio successo sia commerciale che di critica.
Era davvero impossibile pensare ad un modo migliore per realizzare un film del genere, e con Muschietti confermato alla regia del secondo capitolo non ci resta che attendere con grandi aspettative e ingannare l’attesa fantasticando sul casting adulto dei Perdenti.
VOTO 8.5
Genere: avventura, horror
Publisher: Warner Bros. Italia
Regia: Andy Muschietti
Colonna Sonora: Benjamin Wallfisch
Intepreti: Bill Skarsgård, Jaeden Lieberher, Finn Wolfhard, Sophia Lillis, Jeremy Ray
Durata: 135 minuti