il classico quanto brutale omicidio di una ragazza, ritrovata a pezzi e sacrificata su un altare in riva al bayou sarà probabilmente la scena più ordinaria che vedrete
Gameplay a parte,
è proprio la ridente cittadina di Le Carrè a non avere neanche un briciolo della carica suggestiva di Greenvale. Un paesello della Louisiana in perenne abbiocco post-prandiale, quella sensazione assolutamente estiva che si prova passando per i piccoli centri della provincia italiana la domenica verso le 14.
Un bel tour per rischiare di diventare merende è quello che ci vuole dopo una lunga giornata di indagini.
Un caldo da far affondare la pressione sotto i piedi. Pochissimi abitanti, pochissime auto, nessun carnevale come ci si aspetterebbe da New Orleans e provincia, il silenzio rallegrato solo dalle note di un Satoshi Okubo (Hotel Dusk) in stato di grazia (per tutta la durata dell’investigazione), che accompagna i nostri spostamenti in skateboard (che sostituisce in toto le automobili in questo capitolo) con un jazz ironico, scanzonato, che mette subito a proprio agio.
Francis York Morgan, protagonista di una positività disarmante, elegante e all’apparenza matto come un cavallo
È tutto
un’attesa verso la prossima cut scene, verso il prossimo personaggio che instaurerà un rapporto con Francis York Morgan, protagonista di una positività disarmante, elegante e all’apparenza matto come un cavallo, con quel modus operandi a metà tra Dale Cooper e il
Dirk Gently di Adams, abilissimo nell’aggirare la quarta parete per comparire alle nostre spalle.
È lui la star indiscussa della serie, catalizzatore di crimini efferati e soluzioni geniali agli stessi, questa volta su un doppio piano temporale, che coinvolge nelle indagini Aaliyah Davis e Simon Jones, sull’onda lunga dell’omicidio Lise Clarkson, il cui corpo, sparito nel 2005, riapparirà nel 2019 come in un gioco di prestigio di pessimo gusto.
Le sequenze nel presente hanno un’atmosfera eccezionale. Tese, misteriose, inquietanti, davvero un tocco di classe.
Sequenze, quelle nel presente, meramente narrative, eppure esponenzialmente più tese rispetto a quando l’azione dovrebbe esserci davvero, cioè quando, scacciacani alla mano, passiamo all’altro mondo, quello in cui alberga la psiche deviata di criminali e manipolatori, quasi alla Persona, ma che in realtà diventa una farsa già dalla seconda visita.
Mono-ambientazione, pochissima varietà di nemici, meccaniche riciclate, gunplay amatoriale. È qui che Deadly Premonition 2 delude
Mono-ambientazione, pochissima varietà di nemici, meccaniche riciclate dal primo all’ultimo dungeon (se così vogliamo chiamarli), gunplay amatoriale. È qui che Deadly Premonition 2 delude, facendo un passo indietro
perfino rispetto al primo capitolo. Viene da chiedersi perché inserire queste sequenze, coronate oltretutto da boss fight senza arte né parte. Farsesco, appunto,
la banalità del male ma anche della giocabilità, come un carro viareggino che fa satira su ciò può rendere pessimo un videogioco. L’opera ha una tale sfacciataggine nel mettere in mostra i suoi difetti, nuda e senza alcun freno inibitore, da farsi quasi ammirare.
Continua nella prossima pagina…