In modo simile al predecessore, Deus Ex Mankind Divided riesce a rispettare le prerogative dell’illustrissimo capostipite, pur senza essere esattamente la stessa cosa. In fin dei conti, un po’ come il controverso Invisible War: la reinterpretazione di Square Enix e Eidos Montreal tende a una semplificazione e a una leggibilità ancora maggiore degli elementi di ruolo, ma il level design e le stesse caratteristiche di personalizzazione profumano della stessa, grande libertà del capolavoro di Warren Spector, così come i concetti di “scelta” e “conseguenza” continuano ad alimentare efficacemente l’esperienza, donando ulteriore coerenza a trama e gameplay.
Deus Ex Mankind Divided non manca di difetti, che possono pure risultare più fastidiosi per la dispersione di energie che la modalità sfida Breach ha portato con sé, nei termini di qualcosa di ben fatto ma assolutamente non necessario; anche i limiti relativi, però, tendono ad affievolirsi e, in taluni casi, a non avere alcun peso di fronte all’imponente abbondanza di soluzioni giocabili, che invitano costantemente alla sperimentazione e all’attenta analisi degli scenari, con armi cattive e potenti tra le mani certo, ma anche con l’equivalente videoludico dei fiori nei cannoni.
LA SECONDA PRIMAVERA DI PRAGA
Abbiamo già parlato nelle anteprime (qui trovate l’ultima) della notevole atmosfera che si respira nell’ambientazione principale di Deus Ex Mankind Divided, piacevolmente originale rispetto a tanti altri videogiochi a sfondo cyberpunk. Questa volta non abbiamo a che fare solo con la solita stratificazione di tecnologia e bassifondi variamente popolati (riservata a uno degli scenari delle missioni, il ghetto dell’Utelek), bensì con una realtà urbana che mantiene i suoi scorci di architettura storica ma li contamina con tanti tocchi di tecnologia futuribile, comunque mai soverchianti rispetto all’aspetto medievale della città. A questo va aggiunto l’approfondito background che accompagna il mondo stesso di Deus Ex Mankind Divided, in cui l’improvviso e psicotico attacco degli “augmentati” verso i cittadini comuni ha cambiato radicalmente la considerazione dell’umanità nei confronti dei potenziamenti cibernetici, al punto da emarginare chi ne ha fatto uso e si è inconsapevolmente condannato all’infamia sociale (pur non avendone colpe dirette, come ben sa chi ha giocato all’episodio precedente).
Deus Ex Mankind Divided riesce a rispettare le prerogative dell’illustrissimo capostipite, pur senza essere esattamente la stessa cosa
Tentativi di comprensione, violento rifiuto e pura ottica “professionale” fanno parte delle linee morali poste in Deus Ex Mankind Divided ad Adam Jensen, che non ha scelto la sua condizione ma deve giocoforza confrontarsi con il suo stato di pontenziato, passando attraverso un mare di linee di dialogo che non restituiscono sempre la stessa profondità, ma hanno certamente il dono della schiettezza e dell’analisi. È vero che tutto va a sfociare in archetipi che hanno a che fare con il puro entertainment fantascientifico e con alcuni cliché in termini di villain e situazioni proposte; allo stesso tempo, però, dettagli come i reduci di guerra sedotti dal fanatismo – poco importa se religioso o ideologico – confluiscono in uno spettacolo molto meno gratuito della media degli AAA, dove la partecipazione emotiva alle risposte di Jensen ha un peso addirittura cruciale nella storia raccontata.
TRANSUMANESIMO PRIVATO
Ciò che ho descritto fin qui va a specchiarsi in una struttura di missioni classica ma ben strutturata, in cui le catene di quest secondarie – mediamente ben scritte e pensate – compaiono sulla mappa solo dopo aver incrociato i relativi personaggi o eventi. Le stesse avventure laterali aggiungono bei dettagli di atmosfera e, in diversi casi, ci accompagnano anche dopo i cambi di ambientazione, ad esempio nella missione con il ritorno di uno dei protagonisti di Human Revolution nell’investigazione sui nuovi e misteriosi potenziamenti, che addirittura ricorre nell’arco dell’intero gioco. Va detto che la dimensione complessiva degli scenari praghesi fa un pochino storcere la bocca, con gli spostamenti in metropolitana che cercano di giustificare i caricamenti tra le aree ma lasciano a desiderare in quanto a varietà, pur tentando a loro modo di aggiungere dettagli al tema della “mechanical apartheid”.
Nei termini, invece, della pura fruizione del gameplay, personalmente ho scelto di seguire ciò che mi ero prefisso in fase di anteprima, ovvero di sfruttare i nuovi potenziamenti per non uccidere nessun nemico o personaggio, e allo stesso tempo non farmi mancare lo spettacolo. A lato di augmentation “classiche” come l’invisibilità, la superforza o l’hacking (quest’ultimo moderatamente rivisto nel look grafico, ma concettualmente identico al passato), ho puntato su migliorie come i dardi Tesla per tramortire fino a quattro bersagli, la disattivazione “on the fly” dei dispositivi e l’Icarus Dash, per spostarmi all’istante di qualche metro e travolgere i nemici nel tragitto; in aggiunta ho speso un po’ di risorse sulle nuove funzioni della vista migliorata, utili a discernere armamenti, difese e dettagli funzionali negli scenari. Naturalmente non mancano gli innesti più diretti e violenti, come lo sparalame che appende i nemici ai muri, e altri nuovamente “gentili” come l’onda d’urto per mettere a nanna uno o più avversari ravvicinati, insieme a tutti gli upgrade visti nel precedente episodio.
Tentativi di comprensione, violento rifiuto e pura ottica “professionale” fanno parte delle linee morali poste ad Adam Jensen
Come ho già avuto modo di dire, in Deus Ex Mankind Divided occorre inizialmente rispettare un bilanciamento energetico, che costringe a rinunciare a uno dei potenziamenti “normali” a ogni aumentation “sperimentale” installata. È mutata anche la gestione della barra d’energia per l’uso dei poteri, che non risulta più divisa in sezioni e, anzi, va interpretata a vista a seconda del consumo energetico degli innesti, con una piccola frazione che si ricaricherà automaticamente ma, prova alla mano, non potrà mai rimediare al fatale complicarsi di una situazione. Tra le novità minori troviamo un minimo di crafting sui consumabili, per costruire Biocelle con le apposite risorse, alcune munizioni, Omitool e strumenti vari, insieme alla gestione in soggettiva degli accessori sulle armi (dall’inventario, invece, è possibile sbloccare modalità di fuoco e ulteriori funzioni), anche in questi casi senza andare a intaccare la difficoltà piuttosto elevata della sfida, sempre bisognosa di un uso intensivo e mirato dei poteri. In Deus Ex Mankind Divided la crescita del personaggio è esattamente quella di Human Revolution, con il guadagno di Kit Praxis a ogni passaggio di livello o l’acquisto degli stessi (improbo, considerati i prezzi) dai venditori di equipaggiamento, senza alcuna possibilità di completare il gioco facendo man bassa di tutti i potenziamenti. È sempre andata in questo modo in Deus Ex, e opportunamente continua a essere così.
I LIMITI DEL DIO MACCHINA
Preciso, prima di ripararmi dagli sputi, che il titoletto non si riferisce a una traduzione fallace di “Deus Ex Machina”, ma a un dettaglio della trama che, in questo caso, serve a introdurre i dettagli meno convincenti di Deus Ex Mankind Divided. Come ormai saprete, il nuovo capitolo arriva corredato di una modalità inedita, Breach, che ci vede nei panni di un membro del collettivo di hacker conosciuto come le “Lame”: in buona pratica, vi ritroverete di fronte a una serie di sfide agganciate a classifiche online, anche tra pochi amici, complete di modificatori della difficoltà e di armi/strumenti/abilità in linea con le regole del gioco base (e con una piccola sezione che non vi sto a spoilerare, cui si lega l’aspetto da “cyberspazio” olografico di Breach). Non manca una piccola componente narrativa non lineare, attraverso una fittizia chat in cui inserire le risposte predefinite, insieme a un percorso simile al minigioco dell’hacking in cui poter sbloccare tutto lo sbloccabile. Durante l’azione vera e propria, invece, vi troverete a confronto con firewall e difese digitali che possono essere aggirate con un banale click, e che tuttavia sono connesse a fasi di accesso, furto di informazioni e di fuga da interpretare con una libertà paragonabile allo storymode.
La resa è migliore su PC, ma non in modo irreprensibile
A contrario, e con un po’ di sorpresa, sento di poter tranquillamente promuovere l’impianto visivo, che continua a sembrarmi un po’ datato nella modellazione poligonale e in alcune texture ma, a ben vedere, mi ha ancora una volta affascinato e soddisfatto sul piano del puro design grafico, in coppia con una gestione del suono e delle musiche altrettanto raffinata. Peccato per la resa non perfetta della traduzione integrale in Italiano, specie nella sincronizzazione del labiale, a cui va però concessa l’attenuante della quantità, considerate le tantissime battute di sceneggiatura da adattare e recitare nella nostra lingua. Sempre sul piano della realizzazione tecnica, infine, vi segnalo la resa migliore ma non irreprensibile della versione PC, con qualche piccolo problemino di instabilità e incapace di tenere i 60 fps costanti al massimo del dettaglio su una 980 Ti, al netto di un numero di opzioni grafiche che permette, però, di smanettare con i parametri senza perdere troppo in dettaglio.
Deus Ex Mankind Divided fa parte dei titoli moderni che meglio interpretano la grande e piacevolissima libertà dei capolavori in soggettiva anni ’90
Pur senza brillare particolarmente per realizzazione tecnica, Deus Ex Mankind Divided si conferma un degno erede della serie, pieno di amore per il dettaglio e costantemente votato alle scelte del giocatore. L’ambientazione principale di Praga è pregna di atmosfere cyberpunk più raffinate della media, e soprattutto si unisce agli altri scenari per offrire al giocatore la consueta libertà nell’approccio agli obiettivi, lungo uno schema di gioco che si arricchisce senza stravolgere alcunché. Personalmente non sono riuscito ad appassionarmi troppo alla modalità Breach, e anzi ho pensato che alcuni difetti e bug avrebbero potuto essere risolti spostando tutte le risorse nel posto più logico, almeno in un gioco come Deus Ex, mantenendole ben strette intorno all’anima dello storymode. Ciò detto, l’apertura del gameplay mi ha portato a ricercare gli obiettivi più difficili, ben contento di osservare lo scenario e sperimentare di conseguenza, di nuovo immerso in un universo cyberpunk vicino e ben tratteggiato. Non rivoluziona nulla, come da previsioni, ma fa benissimo un mestiere per nulla facile.