Digimon Story: Cyber Sleuth - Recensione

PS Vita PS4

Arrivato in Occidente dopo tante tribolazioni da parte della fanbase, da anni affamata di nuovi videogiochi dedicati alle creature digitali di Bandai Namco e perennemente impegnata in iniziative online per richiederli a gran voce, Digimon Story Cyber Sleuth fa il suo debutto nel mercato nostrano, pur non brillando per alcun merito se non per il nome che porta. Dico questo perché, di fatto, è probabilmente il peggior titolo mai realizzato basato sulle creature note in Italia per l’omonimo adattamento animato, trasmesso per anni sui palinsesti RAI. Del resto, non è vera la regola secondo cui basta sostituire i mostriciattoli digitali con qualsiasi variazione sul genere del “collezionali tutti” per ottenere un buon prodotto; in parte, la colpa è di un gameplay ampiamente rodato, non dissimile da un qualsiasi altro gioco di ruolo a turni ambientato sullo sfondo di un blando setting pseudo-futuristico, in cui realtà e la rete si intrecciano in soluzioni più o meno riuscite; e non aiuta nemmeno il character design di Suzuhito Yasuda, molto bello a vedersi, ma forse troppo vicino a quello della serie Shin Megami Tensei: Devil Survivor, produzione tematicamente molto vicina a Cyber Sleuth. Coincidenze? Noi di The Games Machine non crediamo.

DIGICOPIA

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Premessa: in questo nuovo episodio di Digimon si legge tanto, tantissimo, praticamente una versione – nemmeno troppo ridotta – di quella che potrebbe essere la sceneggiatura di una serie animata giapponese a target adolescenziale da cinquanta episodi. Niente di grave, in realtà; le interazioni fra i personaggi funzionano piuttosto bene e non mancano riferimenti sorprendenti a contenuti LGBT, discreti sexual innuendo e approfondimenti sul folklore e la cultura pop del Sol Levante; quello che invece non ho apprezzato è il suo non cercare di differenziarsi dal solito cliché dei protagonisti hacker-virtuosi VS conglomerato informatico invischiato in affari loschi, con tanto di persone in coma e tutte quelle generiche amenità che ci si aspetterebbe da un racconto urban fantasy con elementi sci-fi.

Il nuovo Digimon è probabilmente il peggior titolo basato sulle creature di Bandai Namco

Il problema è che questo tipo di dinamiche, espresse in verbosissimi dialoghi, rappresentano di fatto l’attrattiva principale del gioco, non curandosi di porre in primo piano le creature che danno il nome all’avventura, né il legame fra loro e i protagonisti. Non che mi aspettassi di vedere tradotte in poligoni e shader le situazioni delle prime serie animate di Toei, ma nemmeno di ritrovarmi di fronte a un mix di plagi più o meno palesi delle serie Shin Megami Tensei. Trattandosi di un gioco tratto da Digimon, non potevano mancare i viaggi in una internet avveniristica chiamata Eden, dove le persone navigano tramite avatar tridimensionali che riprendono in tutto e per tutto le loro fattezze, ma anche in questo senso non è stato fatto alcuno sforzo per differenziare le due realtà parallele. Di fatto, camminare per un forum su internet e fra le vetrine di Akihabara si traduce nella medesima rappresentazione; davvero deludente, se si pensa a come viene visualizzata la chat che dà il via alle vicende nella sequenza d’apertura, dove le identità dei protagonisti sono velate da avatar antropomorfi che non vengono più ripresi o menzionati durante la storia. Un sentimento pressapochista che permea tutta la produzione, partendo dai pochi dungeon presenti – tutti uguali, anonimi, senza alcun accenno creativo o di complessità, con un noioso backtracking assicurato dalle quest secondarie – fino alle meccaniche che caratterizzano l’allevamento e la personalizzazione delle creature arruolabili.

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Come ho già detto, è inutile aspettarsi un clone di Pokémon o simili, poiché Digimon Story: Cyber Sleuth si ispira senza troppi problemi alle recenti produzioni Atlus. Laddove nei vari Persona e negli Shin Megami Tensei degli ultimi anni si è chiamati ad impegnarsi alacremente nella fusione di demoni differenti per personalizzarli e potenziarli, il titolo Media.Vision e Bandai Namco propone un sistema di crescita molto più accessibile, in cui la digievoluzione delle creature è sempre reversibile (e in tal senso è consigliabile riportare le creature allo stato primario per poter accrescere determinate statistiche, ma questo il gioco non lo dice esplicitamente) e il grinding, ovvero la raccolta di esperienza sul campo di battaglia, è molto veloce, grazie a un livello di sfida praticamente nullo.

La raccolta di esperienza sul campo di battaglia, è molto veloce, grazie a un livello di sfida praticamente nullo

Ho passato le prime venti ore di gioco leggendo i siparietti fra i protagonisti e premendo sul tasto azione senza alcun criterio durante i combattimenti: il sedicente “complessissimo sistema di debolezze” che tiene conto non solo della declinazione elementare dei mostri, ma anche della loro natura digitale, non si è mai dimostrato un vero scoglio. Di più, sono riuscito ad affrontare i cosiddetti boss affidando lo scontro all’intelligenza artificiale automatica. In un titolo così malamente bilanciato non possono mancare scontri con picchi di difficoltà improvvisi, più che altro verso la fine dell’avventura; quando si passa la maggior parte del tempo fra uno sbadiglio e l’altro giocando con una mano sola, non sono certo un paio di boss fight impegnative a salvare la situazione. Giusto il livello di difficoltà aggiuntivo (esclusiva per le versioni vendute in Occidente) riesce – almeno parzialmente – a mettere una pezza a questo problema.

EVOLUZIONE DELLA NOIA

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Ci sono poi diverse meccaniche di sfondo appena abbozzate, come le abilità di hacking con cui modificare l’incidenza degli scontri casuali o la risoluzione di semplicissimi enigmi ambientali, o le isole in cui impegnare i digimon scansionati, e quindi “catturati”, sul campo di battaglia. Le skill sono accessibili in base alla tipologia di creature impegnate nei combattimenti, e dovrebbero in qualche modo influenzare la composizione della squadra; peccato che i Digimon possano essere cambiati praticamente in qualsiasi momento, rendendo di fatto pretestuosa e inutile questa dinamica. Le isole, invece, fanno il verso ai browser/mobile game dove per portare a termine un compito vengono richiesti minuti di attesa, traducendosi in farming di sfondo mentre si è impegnati a fare i detective digitali nelle varie missioni. Volendo, ci si può dedicare anche agli scontri in rete, magari con i giocatori giapponesi che godono del titolo da ormai un anno, ma non sono mai riuscito a trovare qualcuno online.

La versione PS4 è un semplice porting a 1080p e 60fps di quella per PSP

Difficile pensare che possa essere questa l’unica occasione di riscatto di un titolo che, per il resto, mi ha impegnato nella modalità storia per oltre quaranta ore, passate perlopiù a premere sul tasto azione. Il profilo tecnico generale è piuttosto scarno, ma comunque sorretto da una buona direzione artistica e una palette cromatica accesa e molto godibile, che in fin dei conti maschera le criticità della produzione. Digimon Story: Cyber Sleuth rimane maggiormente apprezzabile sul succulento display di PS Vita; su televisori dalla diagonale più generosa la natura a basso budget si palesa in maniera evidente, nelle strutture poligonali appena sufficienti e in un dettaglio delle texture ambientali davvero imbarazzante. Del resto, la versione PS4 è un semplice porting a 1080p e 60fps dell’edizione portatile; ottima però la caratterizzazione tridimensionale delle creature, con modelli poligonali in cel shading di pregevole fattura. Rimane l’amaro in bocca pensando a quanto questo titolo avrebbe potuto beneficiare di animazioni più ricche e curate, in particolar modo per i digimon protagonisti delle serie animate e per le loro caratteristiche tecniche di combattimento.

Dopo tanta attesa, Digimon Story: Cyber Sleuth è un mezzo colpo al cuore. Bastava veramente poco perché questo J-RPG dei papà della serie Wild Arms riportasse in auge il dimenticato mondo dei mostri digitali di Bandai, ma il bilanciamento ludico praticamente inesistente e un generale pressapochismo mi impediscono di emozionarmi, anche di fronte ai beniamini che ho tanto amato durante l’infanzia. Un titolo che si perde in elementi già visti e senza guizzi di originalità, un livello di sfida praticamente nullo e sfilate di scontati topoi narrativi dell’animazione giapponese. Per festeggiare i quindici anni della serie animata di Toei Animation sarebbe stato più interessante vedere tradotto e opportunamente portato su PS4 Digimon Adventure, esclusiva giapponese per PS Vita, che riprendeva proprio la storia della prima stagione. Sì, quella di “Taimattsoraizzymimiejoe”, per intenderci. Non credete anche voi?

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Pro

  • Buona direzione artistica.
  • I digimon sono davvero belli da vedere, anche se un po’ ingessati.
  • Praticamente una serie tv apocrifa dedicata ai Digimon.

Contro

  • Un J-RPG che si gioca da solo.
  • Sporadici picchi di difficoltà.
  • Sceneggiatura verbosissima e derivativa.
  • I Digimon non sono mai davvero i protagonisti della storia.
5.5

Insufficiente

C'è chi dice che nella sua stanzetta, dietro una mole spaventosa di fumetti d'epoca giapponesi, si celino misteri infiniti. Da sempre appassionato di videogame made in Japan e delle opere animate di Kunihiko Ikuhara, dategli un qualsiasi J-RPG e lo renderete un orsetto felice.

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