Dragon Quest III HD-2D Remake – Recensione

PC PS5 Switch Xbox Series X

Uno dei più influenti giochi di ruolo giapponesi, Dragon Quest III HD-2D Remake, torna nella sua incarnazione definitiva grazie a una scintillante veste grafica. Basterà per farlo apprezzare alle nuove generazioni?

Sviluppatore / Publisher: ARTDING / Square Enix Prezzo: € 59,99 Localizzazione: Testi Multiplayer: Assente PEGI: 11 Disponibile su: PS5 / Xbox Series X/S / Steam

È tutta questione di contestualizzare, di mettere le cose in prospettiva. Quasi quarant’anni fa, Dragon Quest III consacrava la serie di Yuji Hori a imperituro oggetto di culto, indelebilmente impresso nel cuore del Giappone. Un vero e proprio evento, la nascita del più importante gioco di ruolo della sua generazione, destinato a sublimare le mortali spoglie a otto bit per reincarnarsi su una serie di macchine che spaziano dal Super Famicom (sfruttando per l’occasione il motore dell’allora recente DQVI) ai moderni cellulari, fino a giungere sui nostri schermi.

Se non ne avete mai sentito parlare, Dragon Quest III potrebbe sembrarvi sulle prime un’anacronistica reliquia: c’è un giovanotto che viene svegliato dalla madre il giorno del suo sedicesimo compleanno solo per essere spedito senza eccessive cerimonie sulle tracce di un demone colpevole di tutto il male che affligge il mondo.

un incipit apparentemente generico, con il giovane eroe motivato dal desiderio di vendicare suo padre, il leggendario guerriero Ortega

Una pacca sulla spalla da parte del re, il tempo di reclutare fino a tre compagni nella gilda più vicina e via, ci troviamo catapultati in una world map vecchio stile con tanto di frequenti incontri casuali contro branchi di variopinti mostri, frutto della matita del leggendario Bird Studio ma non per questo meno fastidiosi. È un incipit apparentemente generico, con il giovane eroe motivato dal desiderio di vendicare suo padre, il leggendario guerriero Ortega, scomparso mentre portava avanti la medesima crociata contro il male. Sareste però sciocchi a farvi abbagliare da una presunta banalità: se nel 1988 DQIII era il miglior JRPG in circolazione, nel 2024 resta uno dei più importanti di sempre, un caposaldo che merita di essere giocato.

LA SPLENDIDA LEZIONE DI STORIA DI DRAGON QUEST III HD-2D REMAKE

Prospettiva, dicevamo all’inizio. Dragon Quest III introduceva un ciclo giorno-notte che avrebbe offerto incontri e avvenimenti disponibili solo durante particolari momenti, affinava la pionieristica formula dei due capitoli precedenti ascoltando i suggerimenti dei fan che inondavano le caselle postali di Enix e Famitsu e, soprattutto, offriva una trama solo apparentemente dozzinale, che avrebbe svelato la sua vera mano dopo diverse ore, bluffando con l’arguzia di un baro navigato per rivelare una scala reale micidiale. Quel colpo da maestro lì, verso la fine, fa impallidire le statue con cui Kefka gioca a fare il dio, colpendo il popolo del Sol Levante con una potenza narrativa pari a un uragano.

Cambi di inquadratura e intermezzi donano maggiore dinamicità rispetto al passato.

C’è un motivo per il quale un remake di DQIII arriva oggi, un anno prima di quello dei suo due predecessori: nel loro caso si tratta “solo” dell’inizio di una leggenda, mentre il gioco che stiamo trattando tra queste righe è un’icona, un campione, qualcosa di fondamentale se intendete studiare la storia dei videogiochi giapponesi anche solo superficialmente.

C’è un motivo per il quale un remake di DQIII arriva oggi, un anno prima di quello dei suo due predecessori

Per farlo, però, dovrete scendere a compromessi, mandando giù una buona dose di game design farraginoso e cocciutamente legato al passato, ma va detto che Square Enix ha cercato di fare il possibile per venire incontro alle nuove leve senza scontentare eccessivamente i fan della serie che, in patria, vantano un fanatismo piuttosto refrattario alle innovazioni. Ben venga dunque un pulsante per ripristinare i punti ferita del party a livelli ottimali in un attimo, così come il salvataggio automatico e quello rapido, tanto per evitare di visitare le chiese più del dovuto. Stesso discorso per l’incantesimo di resurrezione Zin, acquisito dai guaritori già al decimo livello: ha una scarsa percentuale di successo, ma è sempre meglio che rischiare di interrompere prematuramente l’esplorazione se un compagno viene a mancare, spezzando la cadenza dell’avventura.

UN’ESPERIENZA FORMATIVA

Parlando di compagni, Dragon Quest III aggiunge alle classi introdotte nel corso degli anni (il ladro, ad esempio, si è reso disponibile solo su Super Famicom) il Domamostri, un guerriero che impara tecniche dalle belve sconfitte in maniera non dissimile dai maghi blu di Final Fantasy. I compagni possono abbracciare professioni alternative strada facendo, tornando al primo livello ma guadagnando un bagaglio di tecniche variegato, oppure essere eletti Saggi (la classe più forte) leggendo un particolare tomo al termine di una missione secondaria.

Le classi inizialmente disponibili. Purtroppo il gioco non ci ha permesso di mettere i nostri campioni al servizio di altri giocatori online.

Un traguardo ideale ma faticoso, ottenibile in alternativa evolvendo il giullare, un mestiere che difficilmente seguirà gli ordini in battaglia e vi costringerà a vedervela per buona parte della sua permanenza con un party limitato. Il protagonista, invece, è un Eroe, versatile e dotato di incantesimi e abilità adatti a ogni situazione, incapace tuttavia di spiccare. La crescita degli attributi è inizialmente determinata da una specie di test attitudinale con tanto di domande e scenari onirici (in uno si veste i panni di un mostro pronto a seminare distruzione tra gli inermi umani!) in stile Ogre Battle, probabilmente ispirato ai tarocchi di Ultima, gioco estremamente popolare negli ultimi anni dell’era Shōwa.

Dragon Quest III offriva una trama solo apparentemente dozzinale, che avrebbe svelato la sua vera mano dopo diverse ore, bluffando con l’arguzia di un baro navigato

Si tratta di un’introduzione piuttosto interessante che non si fa scrupoli nel dipingere il giocatore con aggettivi poco lusinghieri, il cui risultato può però essere modificato leggendo libri con cui correggere l’indole (e di conseguenza il tipo di crescita) dei membri del gruppo. Graficamente il risultato è buono; certo, il cosiddetto HD-2D ha inevitabilmente perso un po’ di quella freschezza che tanto ci aveva colpito nel 2018 con Octopath Traveler, ma resta il modo più elegante per donare nuova vita a titoli simili, mentre sotto il profilo sonoro le tracce storiche del compianto Koichi Sugiyama conservano la loro trascendentale bellezza. Proprio come il qui presente Dragon Quest III.

In Breve: C’è una shakesperiana storia d’amore che ha maledetto un villaggio, un re capriccioso che aspetta l’occasione giusta per sbarazzarsi della corona, un mondo fantasy modellato sul nostro e una storia che ha influito in modo deciso sulla narrativa giapponese: Dragon Quest III è un pezzo di storia inestimabile, e questo remake è il modo migliore per giocarlo. A patto che siate in grado di sopportare una dose di meccaniche antiquate.

Piattaforma di Prova: Ryzen 7 5800X, RTX 4070 12Gb, RAM 32Gb 3600Mhz, SSD / Steam Deck
Com’è, Come Gira: Dragon Quest III HD-2D Remake gira senza problemi sulla configurazione di prova e su Steam Deck, dove però le dimensione minute dei caratteri e personaggi rendono il gioco un attimo più ostico da apprezzare. È presente una funzione con cui scambiarsi i membri del party per ricevere e fornire aiuto, potenzialmente simile alle pedine di Dragon’s Dogma, ma durante il periodo di prova il gioco non ci ha permesso di sperimentarla.

Condividi con gli amici










Inviare

Pro

  • Un gioco fondamentale nella storia dei JRPG / Diverse migliorie snelliscono l'esperienza originale, conservando uno schema di gioco vecchio stile / Una nuova classe con cui sperimentare

Contro

  • Incontri casuali, per giunta frequenti / La storia ci mette un bel po' a decollare / Spero vi piaccia grindare. / Qualche piccola, ininfluente censura su alcuni sprite.
8

Più che buono

Il retrogamer della redazione, capace di balzare da un Game & Watch a un Neo Geo in un batter di ciglio, come se fosse una cosa del tutto normale. Questo non significa che non ami trastullarsi anche con giochi più moderni, ma è innegabile come le sue mani pacioccose vibrino più gaudenti toccando una croce digitale che una levetta analogica.

Password dimenticata