E se poi te ne penti?

Legend_of_Grimrock

L’altro giorno, mentre giocavo quella piccola meraviglia di Crossing Souls mi trovavo in un livello ambientato in una foresta, dove a un certo punto avevo due strade a disposizione. Al solito, dopo aver scelto dove andare, mi sono trovato a rimuginare un attimo, sperando di aver preso la strada sbagliata in maniera tale da poter tornare indietro senza patemi d’animo. Chiariamoci, non è un gioco dove si esplorano dungeon, e non ci sono nemmeno un loot system o una parabola di crescita dei personaggi, per cui il completismo serve soltanto a trovare collezionabili; tuttavia, l’idea di perdermi qualcosa che era lì, a portata di mano, mi infastidiva. Si tratta di una situazione classica nel mondo dei videogiochi, che ogni volta mi fa porre una serie di domande.

Crossing Souls

Come vi dicevo poco fa, davanti a un bivio in un qualsiasi RPG, dungeon crawler o qualsiasi gioco che contempli l’esplorazione, l’istinto mi suggerisce sempre di sperare di prendere la strada cieca, in maniera da forzare il backtracking verso quella giusta e trovarsi ad aver esplorato tutto subito. In alcune situazioni, però, questa tendenza a spazzolare via i sotterranei da qualsiasi oggetto si scontra con lo spirito stesso del gioco, tanto da farmi chiedere quale possa essere il prezzo giusto da pagare, o se ci sia spazio per meccaniche differenti, soprattutto nei titoli con una componente narrativa importante. Per quanto il mio istinto da impresa delle pulizie di mondi fantastici alla fine prevalga quasi sempre, mi ha fatto sempre ridere che un gruppo di avventurieri che stanno rischiando tutto per salvare il mondo, correndo contro il tempo, stiano lì a cincischiare per sperare di trovare la spada della morte +4 vorpal che dà protezione contro il Kikko incazzato™, o che magari combattano contro ventisette melme per trovare una misera pozione di guarigione.

Siamo nel campo del paradosso, nella stessa famiglia delle incoerenze da RPG che prevede soldi nelle amebe, i nostri personaggi paladini del bene rubare nelle case dei poveri cristi ignari della nostra cleptomania (e di avere amuleti contro le bestie rare in credenza), o delle trappole presenti in caverne naturali senza motivo apparente. Una grammatica a cui siamo abituati, che abbiamo accettato nel nostro patto di sospensione di incredulità relativamente ai mondi fantastici e che su cui, di fatto, si regge un genere intero.

dungeon map

Vorrei uscire dai dungeon con la consapevolezza di essermi perso qualcosa, ma con la certezza di aver guadagnato qualcosa di ancora più importante in termini di esperienza

Ribadisco che tutto sommato va bene così, tanto che anche in un gioco che punta a raccontare una storia leggera e vivace come Crossing Souls, dopo aver capito che quella intrapresa fosse la strada giusta, alla fine ho finito per sbagliare “casualmente” un salto, ripartire dal checkpoint per andare a scovare lo scrigno sotto l’albero presente dall’altro lato e proseguire di nuovo per la retta via. Detto ciò, mi piacerebbe che nel novero delle scelte di cui si fanno vanto i videogiochi, anche quella di quale strada intraprendere possa valere qualcosa di più di un pugno di equipaggiamento. E con questo non intendo semplicemente che se vado nella porta a destra arriva il mostro cattivissimo che mi picchia male (queste cose esistono, e spesso sono anche molto arbitrarie), ma un sistema che valorizzi al massimo il cammino che decido di intraprendere, e che mi faccia andare convinto per la mia strada, bilanciando rinunce e premi.

Se devo salvare il mondo, voglio essere spinto verso il cammino più rapido ed efficace senza rimpianto, e laddove decida di fare altrimenti, la cosa deve avere conseguenze sia positive che negative. Vorrei uscire dai dungeon con la consapevolezza di essermi “perso qualcosa”, ma con la certezza di aver “guadagnato qualcosa” di ancora più importante in termini di esperienza. Insomma, davanti a un bivio, l’unico dilemma che vorrei avere è: e se poi te ne penti?

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