Credo che l’audizione di Mark Zuckerberg di fronte al Senato americano per la questione Cambridge Analytica, conclusa qualche ora fa, sia destinata in qualche modo a diventare un’immagine, un’icona della Storia di questi anni, per diversi motivi. A uno spettatore disattento come me è sembrata – in diverse occasioni – un confronto generazionale tra un nerd e un gruppo di persone decisamente più anziane (e in alcuni casi abbastanza arroganti) che si trova a dover discutere e parlare di cose che, con ogni probabilità, non capisce fino in fondo. Una situazione in cui tutti noi ci siamo trovati, credo, almeno una volta in questi anni, della serie spiegare come funziona Whatsapp alla zia che ha appena scoperto le meraviglie degli smartphone moderni. Anche solo per questo, è stato uno spettacolo antropologicamente più interessante, e con una profondità di gran lunga superiore, rispetto alle tematiche dell’audizione in sé, che pure sono assai rilevanti.
La deposizione di Zuckerberg verrà analizzata e studiata, e le sue reazioni saranno passate al microscopio per cogliere sfumature e suggestioni, così come lo saranno le parole pronunciate (e soprattutto quelle non pronunciate) di fronte alla commissione. Ammetto di non essere riuscito a vederla tutta, anche per via del numero spropositato di ore che è durata, ma ci sono stati alcuni passaggi genuinamente affascinanti e meritevoli di essere ascoltati.
L’audizione è sembrata un confronto generazionale tra un nerd e un gruppo di persone decisamente più anziane
E non so… mi sono posto spontaneamente la domanda: pagherei una cifra – presumo nell’ordine di qualche euro al mese – per godere della più diffusa piattaforma di social network senza pubblicità, o quantomeno con la serenità che nessuno mi tracci o si faccia gli affari miei, nella certezza che se per noia alle tre del mattino sfoglio Amazon sul mio iPad per vedermi qualche modellino di Gundam, poi non mi ritrovo il giorno dopo su PC la bacheca di Facebook inondata di annunci di negozi di modellismo? Per godere di un servizio che, nel bene o nel male, uso diverse volte al giorno, per un quantitativo considerevole di tempo, sicuramente maggiore di tanti altri per i quali verso mensilmente del denaro? La discussione deve vertere solo sul “su internet non voglio pagare”, o magari è il caso, nel 2018, di tirar fuori la questione del valore che diamo ai nostri dati personali?
non scarto mai a priori l’opzione a pagamento, se presente
PS: per approfondire un po’ l’argomento Cambridge Analytica ci sono migliaia di analisi e commenti intelligenti. Io ho letto questo con grande interesse, ma se ne trovate di altrettanto validi, non abbiate remore a segnalarceli nei commenti!