Uomini che odiano le donne

Battlefield 5 recensione

In modo tutt’altro che prevedibile, il reveal ufficiale di Battlefield V ha causato autocombustioni interne a decine e decine di persone. Se ne parlava proprio ieri sotto la news pubblicata sulla nostra pagina Facebook e, a quanto pare, il pubblico non ha gradito il classico dettaglio politicamente corretto inserito a forza nel nuovo titolo DICE. O, peggio, nessuno sembra aver gradito l’inserimento di una donna soldato nel trailer, che si palesa anche nell’artwork della copertina ufficiale come elemento che non rispecchia la natura realistica del titolo.

Ora, c’è da considerare che effettivamente la presentazione di Battlefield V è stata al solito infiocchettata da parole quali esperienza rivoluzionaria e realistica; per lo stesso motivo, possiamo certo bacchettare una comunicazione non proprio corretta e/o trasparente, dal momento che basta guardare il trailer per identificare una finalità più spettacolare che realistica, con esplosioni, assalti frontali, sparatorie in corsa e frenesia totale. A questo punto, tuttavia, non possiamo dimenticare come anche il trailer di presentazione di Battlefield 1 ci mostrò parecchie cose inverosimili, con dirigibili che prendevano fuoco nello schiantarsi al suolo, cavalcature più resistenti dell’acciaio, tank e trincee sullo stesso campo di battaglia, accompagnate da un serrato remix di Seven Nation Army di sottofondo. Insomma, una scena degna di Hollywood più che una vera rappresentazione della Grande Guerra. In quel caso sono venute in aiuto le War Stories, rivisitazioni della campagna single player per raccontare porzioni di storia, portare il giocatore dentro un particolare evento, rivisto per l’occasione, ma pur sempre affascinante.




Per Battlefield 1 venne in aiuto proprio la Storia, ricordandoci come i soldati di colore fossero effettivamente presenti in diverse unità dell’esercito


Per Battlefield 1 non mancarono le critiche per la presenza di soldati di colore, ma all’epoca venne in aiuto proprio la Storia, ricordandoci come fossero effettivamente presenti in diverse unità dell’esercito, addirittura anche quelle tedesche, combattendo con i loro commilitoni nelle rispettive divisioni, come accaduto in particolare nell’esercito statunitense. Oggi, invece, il problema sembra essere la presenza di una donna soldato con il viso dipinto e una protesi alla mano, una visione che identifica la donna come un essere che non ha mai messo piede su questo pianeta prima del 1945. Eppure nei ranghi dei partigiani, erano spesso le donne ad avere i compiti più delicati, a lato delle donne dell’esercito russo che avevano un proprio battaglione della morte già ai tempi della Prima Guerra Mondiale.

Stando alle informazioni rilasciate, sembra abbastanza palese l’intenzione della modalità mutigiocatore Company di dare libertà al giocatore nel creare e modificare il proprio soldato, di sesso maschile o femminile che sia, e dunque di avere anche la possibilità di inserire elementi estetici – come le pitture di guerra – o anche accessori dal tono drammatico benché inverosimile come le protesi. D’altronde, stiamo parlando di un gioco come Battlefield, un colosso nel mercato che si pone come diretta concorrenza a Call of Duty, che deve divertire, riempire i server, proporre interessanti variazioni di gioco e  racchiudere gli stilemi classici di un FPS di massa, rendendosi aperto e disponibile a ogni tipo di utenza, reveal ufficiale di Battlefield V

Mostrare una donna soldato è bastato per decretare il fallimento di un titolo che ancora nessuno ha giocato

Questo non vuol dire annullare o zittire ogni critica che vada a parare sul politicamente corretto, ma soltanto capire quando e come questo possa influenzare il divertimento o la riuscita del titolo. A monte di tutto, infatti, la peggior figura può essere quella fatta dall’utenza, che si ritrova nuovamente a sancire la qualità di un titolo da un semplice trailer, oppure a incartarsi sul realismo ignorando che, dopo aver preso una sequela di proiettili, al nostro soldato basta fermarsi qualche secondo per recuperare tutta la salute, per non parlare delle ingenti riserve di proiettili.

Insomma, sotto questi aspetti Battlefield non è mai stato e non è mai voluto essere un vero e puro simulatore storico di guerra. Per quello ci sono titoli come Arma 3, se proprio si vuole andare nella direzione della verosimiglianza. Fare i nostalgici o gli esperti di un periodo che non si è vissuto non è sicuramente l’atteggiamento migliore e, anzi, se proprio devo scegliere, sarei molto più propenso ad acquistare questo Battlefield V invece di Call of Duty Black Ops 4. Al contrario, per alcuni giocatori questo titolo è già da “scaffale”, ennesimo caso in cui il popolo di internet ha già deciso, ancor prima di giocarlo. Secondo loro questo nuovo Battlefield è da boicottare a priori, solo perché non ha l’accuratezza chirurgica di un documentario storico. Male, molto male.

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