Inutile girarci intorno: Valve ha più volte dato per scontata la sua supremazia all’interno del mercato della distribuzione dei videogiochi per PC. Steam ha gradualmente assunto una posizione pseudo-monopolistica nell’ecosistema del PC gaming, non solo perché ha sostanzialmente fatto da apripista in un settore – quello del digital delivery – nato proprio in concomitanza con il lancio della piattaforma di Gabe Newell e soci, ma anche perché ha avuto la capacità di offrire quello che altri negozi (digitali e non) non sono mai riusciti a garantire: una vetrina piena zeppa di strumenti che gli sviluppatori, soprattutto indipendenti, hanno sfruttato per interagire con il loro pubblico, facendosi conoscere e ottenendo un successo commerciale considerevole.
Negli ultimi anni Valve è poi riuscita nella non facile impresa di buttare alle ortiche gran parte delle cose buone che Steam ha portato al mercato dei videogiochi in più di dieci anni di attività. Ecco che sull’altare della spasmodica ricerca di un bacino di utenza sempre più vasto, Valve ha introdotto un numero spropositato di funzioni che sul lungo periodo hanno danneggiato gli sviluppatori, nonostante tutte le buone intenzioni della compagnia di Bellevue. Il risultato è stato un progressivo allontanamento dei grandi nomi dell’industria dal negozio a vapore, o anche la predisposizione di autonome piattaforme: i primi sono stati Electronic Arts e Ubisoft, sebbene quest’ultima, nonostante l’apertura Uplay, continui a essere presente su Steam. A questi si è ora aggiunta Bethesda, che a partire dal recente Fallout 76 ha deciso di spostare la pubblicazione dei suoi prossimi giochi su uno store proprietario (il prossimo sarà Rage 2, disponibile esclusivamente sul negozio digitale di Bethesda).
Steam ha gradualmente assunto una posizione pseudo-monopolistica nell’ecosistema del PC gaming
Inutile dire che gli studi indie sono letteralmente insorti, approfittando di questo casus belli per esprimere tutto il loro malcontento nei confronti di una Casa di Bellevue che ha smesso di ascoltare gli sviluppatori più piccoli per provare a compiacere i grandi publisher. Peccato che la vera forza di Steam, almeno secondo il modesto parere di chi scrive, sia proprio l’enorme catalogo di videogiochi sviluppati da team indipendenti medio-piccoli, quegli stessi team che difficilmente sono in possesso di risorse e know-how per risaltare nell’oceano di titoli derivativi e asset flip in cui si è trasformato il negozio digitale di proprietà di Valve nell’ultimo anno e mezzo. Ed è qui, nel dito medio verso i team indipendenti, che bisogna ricercare le motivazioni della nascita della nuova, possibile alternativa a Steam.
È nel dito medio verso i team indipendenti che bisogna ricercare le motivazioni della nascita di quella che potrebbe essere la vera alternativa a Steam
Attenzione però: questa situazione ha portato anche a diversi contraccolpi nei confronti dell’utenza. Sulla carta, almeno dal punto di vista degli sviluppatori, sembra tutto bellissimo, ma da quello dei consumatori la situazione non è così rosea. L’inizio di quella che si prospetta come una guerra in piena regola tra Valve ed Epic Games ha già fatto sì che gli sviluppatori di Fortnite si assicurassero dei giochi in esclusiva che vengono (o verranno) venduti soltanto sull’Epic Games Store, come l’Early Access di Hades, l’imminente Journey o il recente Ashen. Ciò significa che gli interessati dovranno rinunciare a molte delle funzioni che ormai diamo per scontate proprio grazie a Steam: penso a tutto ciò che ruota attorno alla community, dai forum di discussione al semplice scattare e condividere screenshot, per non parlare del cloud saving, del Workshop per le mod e via discorrendo. La nuova piattaforma di Epic è davvero ridotta all’osso, nel senso che non offre assolutamente nulla al di fuori del negozio e di una striminzita lista amici. Inoltre, la distribuzione dei ricavi “developer friendly” in concreto, per noi acquirenti, in cosa si traduce? Visto che al momento i prezzi sembrano allineati a quelli delle altre piattaforme, allargando il discorso anche alle console, e le funzioni accessorie non esistono, a noi consumatori non resta che il fastidio di avere un client in più sui nostri PC – l’ennesimo – e doversi destreggiare tra più librerie per giocare ai nostri videogame preferiti, ora che a Steam, Uplay, Origin, Battle.net, GOG Galaxy, Bethesda Launcher e Discord si va ad aggiungere anche l’Epic Games Store. Insomma, ben venga la concorrenza, soprattutto se ciò significa far svegliare una Valve che da diversi anni dorme sugli allori, ma la concorrenza deve anche fare il bene del consumatore, mentre per adesso abbiamo solo disagi.