Il ritratto della follia

Hellblade Senua's Sacrifice Editoriale

Come tutti i giocatori incalliti, anche quest’anno mi sono ritrovato al centro di una furiosa lotta tra il backlog e la lista di giochi interessanti non ancora in mio possesso. Ancora una volta la sfida sembra infinita e gli imminenti saldi natalizi metteranno sicuramente in bilico il mio già vacillante autocontrollo. Nonostante la mia “ferrea” volontà di non acquistare più nulla fino al nuovo anno per concentrarmi sul concludere gli arretrati, a farmi perdere la retta via qualche giorno fa sono stati gli sviluppatori di Ninja Theory. Il team, che fino alla recente acquisizione da parte di Microsoft si definiva un indipendente tripla A, ha infatti da poco messo sugli scaffali una versione fisica di Hellblade: Senua’s Sacrifice, spingendomi a cogliere l’opportunità di grattar via quel prurito che mi stava ormai infastidendo da più di un anno.

Sebbene le mie aspettative fossero già piuttosto alte – e avessi già una più o meno vaga idea di quel che mi stava aspettando – una volta messo il disco all’interno della console, le avventure di Senua sono riuscite comunque a sbalordirmi, tenendomi con il fiato sospeso dall’inizio alla fine. C’è qualcosa in particolare che è riuscito a catturarmi, ed è la capacità di Hellblade di sfidare la stessa definizione che abbiamo di videogioco. Tenendo bene a mente che ho trovato le meccaniche ben più solide di quanto immaginassi da un tipo di intrattenimento così basato sulla storia, in Senua’s Sacrifice di “gioco” c’è ben poco. I temi trattati sono davvero pesanti, tanto che il titolo sembra quasi volerci mettere a disagio, per poi trascinarci in un vero e proprio incubo dal quale vorremmo uscire a tutti i costi, ma dal quale non sono mai davvero riuscito a distogliere lo sguardo. Farmi immergere in maniera così repentina e profonda in un personaggio principale così particolare, capace di perdersi da un momento all’altro nell’oscurità (e con la quale spero sinceramente di avere molto poco in comune), è probabilmente la più grande impresa dei ragazzi della Ninja Theory. Ma come ci sono riusciti?

Nonostante la pazzia sia una componente così importante del titolo, non è tutto quello che Hellblade ha da offrire

Sin dai primi momenti di gioco ci ritroviamo faccia a faccia con le voci che attanagliano la nostra eroina e vivremo in terza persona quanto le allucinazioni visive e auditive possano costringendoci a mettere in dubbio la realtà stessa. Chi sono i nostri nemici? Sono davvero davanti ai nostri occhi? L’avventura nella quale ci stiamo imbattendo è vera? Vedere il mondo attraverso i suoi sensi è senza dubbio un’esperienza inquietante. Tuttavia, nonostante la pazzia sia una componente così importante del titolo, creare una rappresentazione veritiera degli effetti di un disturbo pesante come la schizofrenia non è tutto quello che Hellblade ha da offrire. A differenza di quanto succede in quelle banali pubblicità progresso, che nascono allo scopo di diffondere un po’ di conoscenza riguardo argomenti spinosi (fallendo spesso in maniera spettacolare), l’argomento principale della trama è tutt’altro. Senua ci tiene per mano mentre ci accompagna in un viaggio nella sua mente contorta, alla ricerca della pace interiore dopo un lutto che l’ha lasciata devastata. La possibilità di una luce in fondo al buio tunnel ci permette di stringere i denti mentre attraversiamo il suo incubo, dandoci uno scopo chiaro e definito. E così, di punto in bianco, mi sono ritrovato a ripercorrere con l’eroina tutte le fasi che una perdita causano, affrontando rimorsi, paura, rabbia e sconforto fino ad arrivare all’inevitabile accettazione che purtroppo tutto ha una fine. È questo il segreto che permette a Hellblade di essere allo stesso tempo molto più efficace di qualsiasi altra iniziativa abbia mai visto quando si tratta di portare alla luce aspetti di un determinato problema.

Una quest che ha tutte le carte in regola per essere l’avventura fantasy dell’eroe per eccellenza ma che viene raccolta da una persona già in grande difficoltà

Parliamoci chiaro: dalle parti di Ninja Theory avrebbero tranquillamente potuto confezionare l’ennesima storia di vita in cui, giorno per giorno, avremmo potuto osservare la protagonista nel quotidiano. Tra interazioni con la sua famiglia, con i componenti della sua tribù e con la società nella quale è immersa, avremmo potuto vivere un’esperienza più a contatto con la realtà che ci circonda. Eppure, proprio l’assenza di queste dinamiche è riuscita a colpirmi come un pugno nello stomaco, mentre ho seguito Senua in una missione dalla quale né io né lei sapevamo se saremmo ritornati. Una quest che ha tutte le carte in regola per essere l’avventura fantasy dell’eroe per eccellenza ma che viene raccolta non dal classico aitante protagonista con la mente lucida, ma da una persona già in grande difficoltà. La malattia la assalirà più volte durante l’esplorazione e si dimostrerà il più grande ostacolo da superare. L’oscurità che risale lentamente il suo corpo dopo ogni fallimento diventa la cruda rappresentazione delle sue insicurezze, e le battaglie perse peseranno su di lei in un modo al quale non siamo sicuramente abituati in questo genere di opere.

Hellblade è un piccolo capolavoro che in un pacchetto completo riesce a insegnare e commuovere senza mai dimenticare la sua origine interattiva. Attraverso una storia che colpisce tutti noi nel profondo, non teme di guardare negli occhi un tema aberrante. Piuttosto che voltare lo sguardo di fronte alla follia o renderla l’unico tratto caratterizzante del mondo del protagonista, Hellblade: Senua’s Sacrifice ne riconosce gli aspetti solitamente più trascurati, e quasi sprezzante di fronte agli stigmi che la circondano, la osserva e la studia all’interno di un contesto narrativo. Con lo stesso rispetto che un pittore riserva all’oggetto del proprio quadro, riesce così a regalarci un ritratto nel quale possiamo vederne tutte le più grottesche sfaccettature.

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