Qualche giorno fa Tim Sweeney, il capoccia di Epic Games, ne ha sparata un’altra delle sue: ha dichiarato che la compagnia di cui è CEO smetterebbe di accaparrarsi esclusive per il suo store proprietario in caso Valve decidesse di rivedere la quota di introiti concessi agli sviluppatori. In parole povere, Epic Games Store cesserebbe immediatamente di stipulare accordi con developer e publisher se Steam garantisse che l’88% dei ricavi vada direttamente agli autori dei giochi messi in vendita sulla piattaforma. Ricordiamo che al momento Valve trattiene il 30% dei ricavi di ogni transazione avvenuta su Steam, mentre Epic Games tiene per sé appena il 12% degli introiti, garantendo una maggiore fetta di ricavi a chiunque decida di commercializzare i propri prodotti sullo store degli autori di Fortnite.
a me non pare che Tim Sweeney faccia il CEO di una società che dovrebbe essere dedita principalmente al profitto per puro spirito mecenatistico
Ora non so voi, ma a me non pare che
Tim Sweeney faccia il CEO di una società che dovrebbe essere dedita principalmente al profitto per puro spirito mecenatistico, e non credo proprio che Epic Games abbia deciso di accaparrarsi esclusive soltanto per dare soldi ad altre compagnie di sviluppo e pubblicazione di videogiochi. L’acquisizione di esclusive ha un solo scopo: fare breccia nel mercato della distribuzione digitale cercando di attrarre consumatori sulla propria piattaforma, negandogli la possibilità di scelta al fine di destabilizzare la posizione dominante di Steam.
È una pratica lecita, per carità, ma per cortesia non spacciamola per mecenatismo. Tra l’altro da un lato abbiamo
Tim Sweeney che si erge a difensore degli sviluppatori, che non riescono a campare con il 70% concessogli da Steam (oltre a una serie di innumerevoli servizi del tutto assenti sull’Epic Games Store, ma non ditelo troppo in giro, mi raccomando), dall’altro abbiamo la stessa Epic Games che
obbliga i suoi dipendenti a lunghi periodi di “crunch”, con
i dev costretti a estenuanti turni settimanali da 70 e passa ore di lavoro per far sì che gli ingranaggi di quella macchina stampa-soldi chiamata Fortnite siano sempre ben oliati. Insomma, al nostro caro amico Tim evidentemente stanno a cuore gli altri sviluppatori, non quelli che lavorano sotto il suo tetto.
al nostro caro amico Tim evidentemente stanno a cuore gli altri sviluppatori, non quelli che lavorano sotto il suo tetto
Tornando a bomba sul rapporto 12/88 dei proventi, lo stesso
Tim Sweeney ha
dichiarato qualche mese fa che tale suddivisione dei ricavi non garantisce una gestione efficiente, nel senso che
in molti casi i costi di gestione superano la quota trattenuta da Epic Games Store, ed è per questo che nei mercati dei paesi in via di sviluppo l’acquirente deve accollarsi anche i costi di transazione, altrimenti insostenibili in caso si voglia operare in quelle determinate nazioni. Senza dimenticare che
Epic, al contrario di Valve, non offre alcun servizio aggiuntivo ai propri utenti. Quindi per quale motivo Gabe Newell e compagni dovrebbero ridurre la loro fetta di ricavi, considerando che in quella fetta sono inclusi tantissimi servizi accessori? Per il capriccio del CEO di una compagnia concorrente? Per salvare tutti insieme l’industria dei videogiochi e poi salterellare mano nella mano verso la pentola d’oro alla fine dell’arcobaleno?
Ora, caro Tim, io ti voglio bene, ma forse sarebbe il caso di posare quella fiaschetta di vino e provare a fare qualcosa per il tuo negozio digitale. Magari invece di usare i dollari di Fortnite per comprare esclusive su esclusive, sfruttali per migliorare il servizio che offri ai tuoi potenziali acquirenti, potenzia la tua piattaforma mettendola almeno in pari con quella di Valve, ed evita di fare queste uscite che non servono a nulla se non ad attirare ancora più critiche sulla tua persona e sulla compagnia che dirigi. Poi se tra un tweet e un altro trovi anche il tempo di migliorare le condizioni di lavoro dei tuoi dipendenti tanto di guadagnato. Ma forse chiedo troppo.